Se un giorno parlerai di me
Se un giorno parlerai di me
Se un giorno parlerai di me
Quando il Volto celeste
batterà la mia estrema ora
voglio annegare nei tuoi occhi
come ultimo afflato terreno,
voglio contenere a morsa
le tue mani tra le mie
prima d’immergermi
nell’epoca infinita.
Ti resteranno i miei versi
amaramente assonnati
nei tuoi ampi cassetti,
so bene, non li tradirai
li sanerai dalla polvere,
non saranno mai inumati
tra decine di altre opere.
È solo questo che di me
potrai far tuo per l’eternità,
versi di seduzione,
a volte maledetti,
che sempre urleranno
la mia storia fuggevole
su questa terra rovente.
Non ti serviranno
né fiori né lumini,
tu svegliami ed io sfiorerò
come alito di brezza
le tue sembianze,
i tuoi vestiti.
Ancora aggrappato
alle tue labbra.
“La poesia di Carlo Molinari “Se un giorno parlerai di me” ha un contenuto d’ispirazione religiosa, come annuncia subito nel primo verso il sintagma “Quando il Volto celeste” con la V maiuscola del sostantivo, riferito conseguentemente e comunque con ogni probabilità al volto di una divinità abitante per tradizione nei cieli. Il poeta vuole cessare di vivere tenendosi aggrappato alle mani dell’amata per entrare così nell’eternità, quasi accompagnato e non lasciato solo nel viaggio non lieto. Non desidera che essa omaggi la sua immagine con fiori e lumini, che implicitamente l’uomo non potrà più vedere né godere, bensì affida la sua memoria all’arte, alla poesia, ai suoi versi, che testimonieranno per sempre o per un tempo indeterminato la storia sofferta della sua vita su una Terra “rovente”, ossia non ospitale, non dolce, ma fatta di lotte e sentimenti estremi. Così il poeta proiezione di Carlo Molinari chiede alla sua amata di svegliarlo dal sonno che si presenta come eterno, ossia dà all’amore della donna la facoltà di tenere desta la sua memoria ed egli stesso promette, così destato dall’amore come in una capovolta fantasia fiabesca dove è la donna che sveglia l’amato dal suo sonno, di rispondere alla chiamata. Tuttavia la risposta non sarà personale, ma presente in una brezza che sfiorerà gli abiti e il volto della donna che lo ha per così dire risvegliato, ossia: il poeta sa che non sarà lui a rispondere di persona, in spirito, ma solo risponderà come alito di vento, disperso negli elementi naturali e ormai divenuto parte di essi. In tal modo la sua memoria verrà tenuta desta appunto nel modo più profondo, perché l’arte e nello specifico la poesia parla della sua personalità più vera che resisterà foscolianamente a tutte le intemperie rendendone la memoria imperitura. Tanti sono i precedenti relativi alla funzione eternatrice della poesia, tra gli altri da Foscolo a Guido Cavalcanti con la celebre ballata Per ch’io no spero di tornar giammai, intonata ai più delicati sentimenti, alla consapevolezza epica di William Shakespeare nel Monologo del King Lear, Atto V, Scena III (Mascialino 2002) e nel Sonnet LXXIII (Mascialino 2002) concernente la medesima funzione eternatrice della poesia, solo espressa entro l’ambito di una personalità eroica, diversa da quelle di Cavalcanti e di Foscolo, da quella di Carlo Molinari scevra da iperbolici voli. L’arte dunque nel poeta si fa compagna dell’uomo nel momento più tragico e ad essa egli affida la sua memoria più vera in una personificazione femminile, quasi come ad una sua donna. La poesia dunque supera anche la speranza religiosa, in particolare la presenza di una divinità, cui Carlo Molinari comunque non affida se stesso, in questa lirica, altro che per la decisione ineludibile che pone fine alla vita umana, una funzione negativa, di cancellazione: niente usi e costumi proposti dai riti religiosi, solo la memoria fornita dalla poesia può far ricordare ed in questo senso rivivere l’uomo e la sua personalità, la sua più interiore vicenda terrena”.
Rita Mascialino (fondatrice e presidentessa del Premio di poesia e arti figurative “Secondo Umanesimo Italiano”), Rassegna di poesia e arte contemporanea, pp. 46-47, Cleup, 2017.
Premi
- Premio di poesia ed arte contemporanea "Secondo Umanesimo Italiano" (Accademia italiana per l’analisi e la significazione del linguaggio “MEQRIMA”), Udine, 2017.