Virus (poesia)

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di Giovanni Macrì

Virus

Virus

È un confine segnato con parole amare
la mancanza del non potersi toccare.
Lo stesso cielo, bruciando su noi,
è diventato la solitudine della nostra fiducia.
Al mattino non sai chi è segnato dalla morte,
chi invece è baciato danna buona sorte.
C’è chi non può vedere neanche l’alba:
potrebbe anche toccare a me questa morte scialba!
Il demone, sazio di calda cicuta,
sta con la sua falce a lato di sangue tinta.
La morte può essere ovunque:
dentro gli ospedali, nei vari reparti,
tra la piega di vecchio cappotto,
neanche fosse quello di un povero monatto.
Anche sul denaro che maneggiamo,
o su ciò che compriamo e mangiamo.
L’infame ha fermato tutto con il suo male,
calpestando la stessa economia mondiale.
Le strade velocemente si sono svuotate,
anche gli animi purtroppo si sono spenti!
Non si odono dei bambini più le voci
che gridano mentre giocano sotto la luce.
Vedo che ogni giorno questi numeri aumentano
e con la maschera le persone si addormentano.
Un delirio di grandezza si è preso la nostra libertà
dicendo parole coperte da omertà.
Giocando a fare Dio, l’uomo la sua faccia ha perso,
ma lo stesso ci deve portare il conto di ciò che ha venduto
e se nell’attesa ha cercato di trovare una soluzione
gli dovrà dare sempre tante spiegazioni.





                        

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Premi

2021 Premio letterario internazionale di poesia T.A.R.C.

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