Eugenio Montale: differenze tra le versioni

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[[File:Eugenio Montale.jpg|miniatura|[[Eugenio Montale]]]]
'''Eugenio Montale''' (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta, giornalista, scrittore, critico letterario, critico musicale e politico italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975.<ref>Eugenio Montale. (12 febbraio 2020). ''Wikipedia, L'enciclopedia libera''. Tratto il 14 febbraio 2020, 21:06 da //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Eugenio_Montale&oldid=110811399. - licenza CC-BY-SA 3.0</ref>
===Anni giovanili===
Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell'attuale corso Dogali, nella zona soprastante Principe, il 12 ottobre 1896, ultimo dei sei figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese.<ref>Prima di Eugenio nacquero Salvatore, Ugo, Ernesto (morto subito dopo la nascita), Alberto e Marianna; Giorgio Zampa, ''Cronologia'', in E. Montale, ''Tutte le poesie'', Milano, Oscar Mondadori, 1990, p. LVII</ref> Il padre era comproprietario di una ditta di prodotti chimici, la società ''G. G. Montale & C.'', tra l'altro fornitrice di Veneziani S.p.A., azienda presso cui era impiegato Italo Svevo, genero di Veneziani<ref>[http://www.unige.ch/lettres/roman/italien/recherche/Avant/recherche0809/LocandinaScaffai.pdf unige.ch]</ref><ref>[http://www.minerva.unito.it/Home/Schede/EugenioMontale.htm minerva.unito.it]</ref>.


===Crescita===
Inizia gli studi all'istituto "Vittorino Da Feltre" di Via Maragliano gestito dai Barnabiti (rettore è padre Rodolfo Trabattoni, vice rettore padre Giovanni Semeria). Il 21 maggio riceve la cresima. Sebbene per lui vengano preferiti, a causa della sua salute precaria, i più brevi studi tecnici in luogo di quelli classici e venga dunque iscritto nel 1911 all'istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove nel 1915 si diplomerà in ragioneria con buoni voti, il giovane Montale ha la possibilità di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche cittadine e assistendo alle lezioni private di filosofia della sorella Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.
La sua formazione è dunque quella tipica dell'autodidatta, che scopre interessi e vocazione attraverso un percorso libero da condizionamenti. Letteratura ([[Dante Alighieri|Dante]], [[Francesco Petrarca|Petrarca]], [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]] e [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]] su tutti, autori che lo stesso Montale affermerà di avere "attraversato") e lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime radici, la sua formazione e il suo immaginario, assieme al panorama, ancora intatto, della Riviera ligure di Levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze. «Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visione del mondo in cui prevalgono i sentimenti privati e l'osservazione profonda e minuziosa delle poche cose che lo circondano&nbsp;– la natura mediterranea e le donne della famiglia.
Ma quel "piccolo mondo" è sorretto intellettualmente da una vena linguistica nutrita di queste lunghe letture, finalizzate soprattutto al piacere della conoscenza e della scoperta. In questo periodo di formazione Montale coltiva inoltre la passione per il canto, studiando dal 1915 al 1923 con l'ex baritono Ernesto Sivori, esperienza che lascia in lui un vivo interesse per la musica, anche se non si esibirà mai in pubblico. Riceverà comunque già nel 1942 dediche da Tommaso Landolfi, fondatore con altri della rivista ''Letteratura''.
===La grande guerra e l'avvento del fascismo===
Nell'anno 1917, dopo quattro visite mediche, è dichiarato idoneo al servizio militare, a settembre è arruolato nel 23º fanteria a Novara, frequenta a Parma il corso allievi ufficiali di complemento ottenendo il grado di sottotenente di fanteria e chiede di essere inviato al fronte. Dall'aprile 1917 combatte in Vallarsa, inquadrato nei "Leoni di Liguria" del 158º Reggimento fanteria ed il 3 novembre 1918 conclude l'esperienza combattente entrando a Rovereto. In seguito fu trasferito a Chienes, poi al campo di reduci di guerra dell'Eremo di Lanzo e, infine, fu congedato con il grado di tenente all'inizio del 1920.
Negli anni tra il 1919 e il 1923 conosce a Monterosso Anna degli Uberti (1904-1959), protagonista femminile in un insieme di poesie montaliane, trasversali nelle varie opere, note come "ciclo di Arletta" (chiamata anche ''Annetta'' o ''capinera''). Nel 1924 conosce la giovane di origine peruviana Paola "Edda" Nicoli, anch'ella presente negli ''Ossi di seppia'' e ne ''Le occasioni''. <br>È il momento dell'affermazione del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di [[Benedetto Croce]]. Il suo antifascismo ha una dimensione non tanto politica quanto culturale: esso si nutre di un disagio esistenziale e di un sentimento di malessere nei confronti della civiltà moderna ''tout court''<ref name="Romano Luperini 1997, p. 365">Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, ''La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea / Dall'ermetismo al postmoderno (dal 1925 ai giorni nostri)'', Palumbo, Palermo 1997, p. 365</ref>. È un antifascismo aristocratico e snobistico<ref name="Romano Luperini 1997, p. 365" />. Montale vive questo periodo nella "reclusione" della provincia ligure, che gli ispira una visione profondamente negativa della vita. Il suo pessimismo non essendo immediatamente riconducibile alla politica sopravvive anche dopo l'avvento della democrazia<ref>Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, ''La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea / Dall'ermetismo al postmoderno (dal 1925 ai giorni nostri)'', Palumbo, Palermo 1997, p. 372</ref>: è evidente ne ''La bufera e altro'' nel suo non riconoscersi nei due partiti di massa (DC e PCI) e nella società dei consumi.
===Soggiorno a Firenze===
[[File:Tanzi Montale Frankl.jpg|thumb|left|Montale con Drusilla Tanzi e Gerti Frankl]]
Montale giunge a Firenze nel 1927 per il lavoro di redattore ottenuto presso l'editore Bemporad. Nel capoluogo toscano gli anni precedenti erano stati decisivi per la nascita della poesia italiana moderna, soprattutto grazie alle aperture della cultura fiorentina nei confronti di tutto ciò che accadeva in Europa: le ''Edizioni de La Voce''; i ''Canti Orfici'' di Dino Campana (1914); le prime liriche di [[Giuseppe Ungaretti|Ungaretti]] per ''Lacerba''; e l'accoglienza di poeti come Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba.
Montale, dopo l'edizione degli ''Ossi'' del 1925, nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux. Curiosamente, come ricordava lo stesso Montale, fu inserito in una lista di possibili candidati da Paolo Emilio Pavolini e venne scelto dall'allora podestà fiorentino Giuseppe Della Gherardesca, essendo l'unico non iscritto al Partito Fascista. Dieci anni più tardi, per l'identico motivo, Montale venne esonerato dall'incarico, dopo che per 18 mesi gli era stato sospeso lo stipendio, nel tentativo di "incoraggiarlo" ad iscriversi al PNF.<ref>Pio De Berti Gambini, ''Intervista a Eugenio Montale'', Milano, RAI, 1966</ref>
<br>In quegli anni collabora alla rivista ''Solaria'', frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi e Elio Vittorini, e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e muoiono in quegli anni di ricerca poetica. In questo contesto prova anche l'arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano l'impasto dei colori e l'uso dei pennelli. Nel '29 è ospite nella casa di Drusilla Tanzi (che aveva conosciuto nel '27) e del marito, lo storico d'arte Matteo Marangoni,<ref>[http://www.librexmontale.com/cronologia.htm Cronologia in librexmontale.com]</ref> casa dove due anni prima gli avevano presentato anche Gerti Frankl.
La vita a Firenze però si trascina per il poeta tra incertezze economiche e complicati rapporti sentimentali; nel 1933 conosce l'italianista americana Irma Brandeis, con cui avvia una quinquennale storia d'amore, cantandola con il nome di Clizia in molte poesie confluite ne ''Le occasioni''. Legge molto Dante e Svevo, e i classici americani. Fino al 1948, l'anno del trasferimento a Milano, egli pubblica ''Le occasioni'' e le prime liriche di quelle che formeranno ''La bufera e altro'' (che uscirà nel 1956). Montale, che non si era iscritto al Partito fascista e dopo il delitto di Giacomo Matteotti era stato firmatario del manifesto crociano, prova subito dopo la guerra ad iscriversi al Partito d'azione, ma ne esce pochissimo tempo dopo.
===Soggiorno a Milano===
<br />
[[File:Eugenio Montale 1964.jpg|miniatura|sinistra|Eugenio Montale fotografato a Milano da Federico Patellani, 1964]]
Montale trascorre l'ultima parte della sua vita (dal 1948 alla morte) a Milano. Diventa redattore del ''Corriere della Sera'' e critico musicale per il "Corriere d'informazione". Scrive inoltre reportage culturali da vari Paesi (fra cui il Medio Oriente, visitato in occasione del pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Terra Santa). Scrive altresì di letteratura anglo-americana per la terza pagina, avvalendosi anche della collaborazione dell'amico americano Henry Furst, il quale gli invia molti articoli su autori e argomenti da lui stesso richiesti. La vicenda venne rivelata da Mario Soldati nel racconto "Due amici" (Montale e Furst) nel volume ''Rami secchi'' (Rizzoli 1989) e soprattutto da Marcello Staglieno, con la pubblicazione su una terza pagina de ''il Giornale'' diretto da Indro Montanelli di alcune delle lettere inedite di Montale all'amico.<ref>Si veda, per esempio, Marcello Staglieno (a cura di), ''«Enrico aiutami: è una vita impossibile», lettere inedite di Eugenio Montale a Henry Furst'', in "Il Giornale", 24 ottobre 1989, p. 3, che comprende la prosa poetica montaliana, dedicata a Furst, "Il lieve tintinnìo del collarino", 1943</ref> Nel 1956, oltre a ''La bufera'' esce anche la raccolta di prose ''Farfalla di Dinard''. Amava anche collaborare con vari artisti ed è il caso ad esempio di Renzo Sommaruga, scultore e artista figurativo, a cui nel 1957 scrisse la presentazione della personale parigina, che si può trovare nel ''Secondo Mestiere''.
Il 23 luglio 1962 a Montereggi, presso Fiesole, sposa con rito religioso Drusilla Tanzi, di dieci anni più anziana di lui,  con cui conviveva dal 1939; il rito civile si celebra a Firenze il 30 aprile 1963 (Matteo Marangoni, primo marito di lei, era morto nel 1958)<ref name="ReferenceA">Eugenio Montale, ''Tutte le poesie'', Mondadori, Milano 1984 (ISBN 978-88-04-52722-0), pag. </ref>. La donna tuttavia, la cui salute si era rapidamente deteriorata, per la frattura di un femore in seguito a una caduta accidentale nell'agosto di quell'anno.<ref name="ReferenceA" />, morirà a Milano il 20 ottobre, all'età di 77 anni.
Nel 1969 è pubblicata un'antologia dei reportage di Montale, intitolata ''Fuori di casa'', in richiamo al tema del viaggio. Il mondo di Montale, tuttavia, risiede in particolare nella "trasognata solitudine", come la definisce Angelo Marchese, del suo appartamento milanese di via Bigli, dove è amorevolmente assistito, alla morte di Drusilla, da Gina Tiossi.<ref>Paolo di Stefano, ''Gina, la governante morta in povertà che si spogliava dei regali di Montale - Il poeta le donò quadri e testi rari. Tutti ceduti a un Fondo'', sta in "Corriere della Sera", domenica 29 giugno 2014</ref>
===Ultimi anni===
Le ultime raccolte di versi, ''Xenia'' (1966, dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, morta nel 1963), ''Satura'' (1971) e ''Diario del '71 e del '72'' (1973), testimoniano in modo definitivo il distacco del poeta - ironico e mai amaro - dalla Vita con la maiuscola: «pensai presto, e ancora penso, che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato» (Montale, ''Intenzioni. Intervista immaginaria'', Milano 1976). Sempre nel 1966 Montale pubblicò i saggi ''Auto da fé'', una lucida riflessione sulle trasformazioni culturali in corso.
Anche se poeta trasognato e "dimesso", è anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree ''honoris causa'' (Università di Milano nel 1961, Università di Cambridge 1967, La Sapienza 1974), Premio Internazionale Feltrinelli (1962) dell'[[Accademia Nazionale dei Lincei]]. Fu nominato senatore a vita il 13 giugno 1967 dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per i meriti in campo letterario, aderendo al gruppo del PLI e poi a quello del PRI.<ref>Non fu iscritto ad alcun partito politico se si eccettua la breve parentesi nel Partito d'azione. Ad ogni modo, si definiva un conservatore. </ref>
==Premi==
Nel pieno del dibattito civile sulla necessità dell'impegno politico degli intellettuali, Montale continuò ad essere un poeta molto letto in Italia.
<br>Nel 1975 ricevette il [[Premio Nobel per la letteratura]] «per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni».
==Morte==
Nel 1976 scrisse il commiato funebre al suo collega defunto, il salernitano Alfonso Gatto. L'anno seguente gli fu chiesto se, una volta sorteggiato, avrebbe accettato di fare il giurato in un processo contro le Brigate Rosse: "Credo di no",<ref>G. Crainz, ''Il paese reale'', Donzelli, Roma, 2012, pag. 51</ref> rispose l'anziano poeta, "sono un uomo come gli altri e non si può chiedere a nessuno di fare l'eroe".<ref>''Blu Notte - Misteri Italiani'', "La storia delle Brigate Rosse", Rai 3; la puntata è [https://www.youtube.com/watch?v=4-LZzT8xo3w visibile su] YouTube</ref>
Eugenio Montale morì a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni, nella clinica San Pio X dove si trovava ricoverato per problemi derivati da una vasculopatia cerebrale. I funerali di Stato furono celebrati due giorni dopo nel Duomo di Milano dall'allora arcivescovo della diocesi Carlo Maria Martini. Venne sepolto nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, sobborgo nella periferia sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla. Nella seduta del successivo 8 ottobre, il Senato commemorò la figura di Montale, attraverso i discorsi del presidente Amintore Fanfani e del presidente del Consiglio Giovanni Spadolini.
==Le opere==
Le raccolte di versi contengono la storia della sua poesia:
*''Ossi di seppia'', Torino, Gobetti, 1925.
*''La casa dei doganieri e altri versi'', Firenze, Vallecchi, 1932.
*''Poesie'', Firenze, Parenti, 1938.
*''Le occasioni'', Torino, Einaudi, 1939.
*''Finisterre. Versi del 1940-42'', Lugano, Collana di Lugano, 1943.
*''Quaderno di traduzioni'', Milano, Edizioni della Meridiana, 1948.
*''La bufera e altro'', Venezia, Neri Pozza, 1956.
*''Farfalla di Dinard'', Venezia, Neri Pozza, 1956.
*''Xenia. 1964-1966'', San Severino Marche, Bellabarba, 1966.
*''Auto da fé. Cronache in due tempi'', Milano, Il Saggiatore, 1966.
*''Fuori di casa'', Milano-Napoli, Ricciardi, 1969; Collana SIS, Mondadori, 1973; Oscar Moderni, Mondadori, 2017. [40 prose di viaggi apparse originariamente sul ''Corriere della Sera'' e sul ''Corriere d'Informazione'' fra il 1946 e il 1964]
*''Satura. 1962-1970'', Milano, A. Mondadori, 1971.
*''Nel nostro tempo'', Milano, Rizzoli, 1972.
*''Diario del '71 e del '72'', Milano, A. Mondadori, 1973. In questa raccolta è pubblicata "Il Pirla"<ref>https://www.scuolissima.com/2017/07/il-pirla-eugenio-montale.html</ref>
*''Sulla poesia'', Milano, A. Mondadori, 1976.
*''Quaderno di quattro anni'', Milano, A. Mondadori, 1977.
*''Altri versi e poesie disperse'', Milano, A. Mondadori, 1981.
*''Diario postumo. Prima parte: 30 poesie'', Milano, A. Mondadori, 1991. ISBN 88-04-34169-6.
*''Diario postumo. 66 poesie e altre'', Milano, A. Mondadori, 1996. ISBN 88-04-41032-9. [sul testo, pubblicato postumo, alcuni studiosi hanno manifestato il dubbio di non autenticità<ref>Per esempio, Dante Isella e Giovanni Raboni ([http://archiviostorico.corriere.it/1998/ottobre/16/DIARIO_POSTUMO_INTRIGHI_COMPLOTTI_CONGIURE_co_0_981016611.shtml Intervento di Raboni sul Corriere della Sera, 16-10-98]), in contrapposizione al riscontro positivo di Maria Corti, Rosanna Bettarini e Angelo Marchese (vd. anche L'Universale-La grande enciclopedia tematica 4, Garzanti, Milano 2003, p.680).</ref>
===''Ossi di Seppia''===
Il primo momento della poesia di Montale rappresenta l'affermazione del motivo lirico. Montale, in ''Ossi di seppia'' (1925) edito da Piero Gobetti, afferma l'impossibilità di dare una risposta all'esistenza come per esempio nella lirica ''Non chiederci la parola''. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza umana, logorata dalla natura, e ormai ridotta ad un oggetto inanimato, privo di vita. Gli ossi di seppia sono, infatti, gli endoscheletri delle seppie rilasciati sulla spiaggia dalle onde del mare, quindi, presenze inaridite e ridotte al minimo, che simboleggiano la poetica di Montale scabra ed essenziale.
In tal modo Montale capovolge l'atteggiamento fondamentale più consueto della poesia: il poeta non può trovare e dare risposte o certezze; sul destino dell'uomo incombe quella che il poeta, nella lirica ''Spesso il male di vivere ho incontrato'', definisce "Divina Indifferenza", ciò che mostra una partecipazione emotiva del tutto distaccata rispetto all'uomo. In un certo senso, si potrebbe affermare che tale "Divina indifferenza" è l'esatto contrario della "Provvidenza divina" manzoniana. La prima raccolta di Montale uscì nel giugno del 1925 e comprende poesie scritte tra il 1916 e il 1925. Il libro si presenta diviso in quattro sezioni, a loro volta organizzate al loro interno: ''Movimenti'', ''Ossi di seppia'', ''Mediterraneo'', ''Meriggi ed ombre''; a questi fanno da cornice una introduzione (''In limine'') e una conclusione (''Riviere'').
Il titolo della raccolta vuole evocare i relitti che il mare abbandona sulla spiaggia, come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile sono le sue poesie: in un'epoca che non permette più ai poeti di lanciare messaggi, di fornire un'interpretazione compiuta della vita e dell'uomo, le poesie sono frammenti di un discorso che resta sottinteso e approdano alla riva del mare come per caso, frutto di momentanee illuminazioni. Le poesie di questa raccolta traggono lo spunto iniziale da una situazione, da un episodio della vita del poeta, da un paesaggio, come quello della Liguria, per esprimere temi più generali: la rottura tra individuo e mondo, la difficoltà di conciliare la vita con il bisogno di verità, la consapevolezza della precarietà della condizione umana. Si affollano in queste poesie oggetti, presenze anche molto dimesse che non compaiono solitamente nel linguaggio dei poeti, alle quali Montale affida, in toni sommessi, la sua analisi negativa del presente ma anche la non rassegnazione, l'attesa di un miracolo.
L'emarginazione sociale a cui era condannata la classe di appartenenza, colta e liberale, della famiglia, acuisce comunque nel poeta la percezione del mondo, la capacità di penetrare nelle impressioni che sorgono dalla presenza dei paesaggi naturali: la solitudine da "reclusione" interiore genera il colloquio con le cose, quelle della riviera ligure, o del mare. Una natura "scarna, scabra, allucinante", e un "mare fermentante" dal richiamo ipnotico, proprio del paesaggio mediterraneo. Il manoscritto autografo di ''Ossi di seppia'' è conservato presso il Fondo Manoscritti dell'Università di Pavia.
===''Le occasioni''===
In ''Le occasioni'' (1939) la poesia è fatta di simbolo di analogia, di enunciazioni lontane dall'abbandono dei poeti ottocenteschi. Il mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro, dolente, privo di speranza; infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e con misurata compassione. Simbolica la data di pubblicazione, 14 ottobre 1939, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il fascicolo di poesie è dedicato a una misteriosa I.B, iniziali della poetessa e [[Dante Alighieri|dantista]] americana Irma Brandeis, di origini ebraiche e perciò costretta a rimpatriare dopo la promulgazione delle leggi razziali.
La memoria è sollecitata da alcune "occasioni" di richiamo, in particolare si delineano figure femminili, per esempio la fanciulla conosciuta in vacanza a Monterosso, Annetta-Arletta (già presente negli ''Ossi''), oppure Dora Markus, della omonima poesia: sono nuove "Beatrici" a cui il poeta affida la propria speranza.<ref>Quasi tutte le figure femminili dei versi montaliani corrispondono in molti tratti a persone reali; nelle ''Occasioni'' Liuba soltanto, per ammissione del poeta, è un personaggio "inventato" rispetto a quello reale (vd. anche [http://books.google.it/books?ei=J_x6TsffBo-F-wbH5rhO&ct=result&id=Mm8IAQAAMAAJ&dq=paola+nicoli+montale&q=liuba Romano Luperini] ''Storia di Montale'' Laterza, 1992)</ref> La figura della donna, soprattutto Clizia (senhal di Irma), viene perseguita da Montale attraverso un'idea lirica della donna-angelo, messaggera divina. I tratti che servono per descriverla sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una visione dell'amore fortemente idealizzata, che non si traduce necessariamente in realtà.
Nel contempo il linguaggio si fa meno penetrabile e i messaggi sono sottintesi, e anche se non di un ermetismo irrazionale, espressione di una sua personale tensione razionale e sentimentale. In ''Le occasioni'' la frase divenne più libera e la riflessione filosofica, molto presente nella poesia di Montale, diviene più vigorosa. Il poeta indaga le ragioni della vita, l'idea della morte, l'impossibilità di dare una spiegazione valida all'esistenza, lo scorrere inesorabile del tempo (''Non recidere, forbice, quel volto'').
===''La bufera e altro''===
Sono componimenti riguardanti temi di guerra e di dolore pubblicati nel 1956. Nel poeta ligure confluiscono quegli spiriti della "crisi" che la reazione anti-dannunziana aveva generato fin dai Crepuscolari: tutto ciò che era stato scritto con vena ribelle nel brulicante mondo poetico italiano tra le due guerre, in lui diventa possibilità di scoprire altre ragioni per essere poeti. Per quanto riguarda l'''engagement'' tipico di quegli anni, non ce n'è alcuna traccia.<ref>Giacinto Spagnoletti, ''Storia della letteratura italiana del Novecento'', 1994, ISBN 88-7983-416-9, p. 292</ref>
===''Xenia'' e ''Satura''===
Negli ultimi anni Montale approfondì la propria filosofia di vita, quasi temesse di non avere abbastanza tempo "per dire tutto" (quasi una sensazione di vicinanza della morte); ''Xenia'' (1966) è una raccolta di poesie dedicate alla propria moglie defunta, Drusilla Tanzi, amorevolmente soprannominata "Mosca" per le spesse lenti degli occhiali da vista<ref>Con Drusilla aveva condiviso anche la passione letteraria per Italo Svevo, che era venuto a trovarli a Firenze con la moglie Livia.</ref>. Il titolo richiama ''xenia'', che nell'antica Grecia erano i doni fatti all'ospite, e che ora dunque costituirebbero il dono alla propria moglie.
Le poesie di ''Xenia'' furono pubblicate insieme alla raccolta ''Satura'', con il titolo complessivo ''Satura'', nel gennaio 1971. «Con questo libro - scrive Marco Forti nel risvolto di copertina dell'edizione Mondadori - Montale ha sciolto il gran gelo speculativo e riepilogativo della ''Bufera'' e ha ritrovato, semmai, la varietà e la frondosità, la molteplicità timbrica, lo scatto dell'impennata lirica e insieme la "prosa" che, già negli ''Ossi di seppia'', costituirono la sua sorprendente novità.»
==La poetica e il pensiero==
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[[File:Eugenio Montale - Non chiederci - Oude Rijn 138, Leiden.JPG|thumb|''Non chiederci la parola che squadri da ogni lato'', tratto da ''Ossi di seppia'' (1925), su un muro a Leida]]
Montale ha scritto relativamente poco. Il quadro è perfettamente coerente con l'esperienza del mondo così come si costituisce nel suo animo negli anni di formazione, che sono poi quelli in cui vedono la luce le liriche della raccolta ''Ossi di seppia''.
La poesia è per Montale principalmente strumento e testimonianza dell'indagine sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno, in cerca di un assoluto che è però inconoscibile. Tale concezione poetica&nbsp;– approfondita negli anni della maturità, ma mai rinnegata&nbsp;– non attribuisce alla poesia uno specifico ruolo di elevazione spirituale; anzi, Montale al suo lettore dice di "non chiedere la parola", non "domandare" la "formula" che possa aprire nuovi mondi. Il poeta può solo dire "ciò che non siamo": è la negatività esistenziale vissuta dall'uomo novecentesco dilaniato dal divenire storico. A differenza delle "illuminazioni" ungarettiane, Montale fa un ampio uso di idee, di emozioni e di sensazioni più indefinite.
Egli cerca infatti una soluzione simbolica (il "correlativo oggettivo", contemporaneamente adottato da Thomas Stearns Eliot) in cui la realtà dell'esperienza diventa una testimonianza di vita. Proprio in alcune di queste immagini il poeta crede di trovare una risposta, una soluzione al problema del "male di vivere": ad esempio, il mare (in ''Ossi di seppia'') o alcune figure di donne che sono state importanti nella sua vita. La poesia di Montale assume dunque il valore di testimonianza e un preciso significato morale: Montale esalta lo stoicismo etico di chi compie in qualsiasi situazione storica e politica il proprio dovere.
Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di comunicare fra gli uomini. L'opera di Montale è, infatti, sempre sorretta da un'intima esigenza di moralità, ma priva di qualunque intenzione moralistica: il poeta non si propone come guida spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia egli tenta di esprimere la necessità dell'individuo di vivere nel mondo accogliendo con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza. Montale non credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi sicure. Pur essendo rispettoso di tutte le religioni, riteneva che la più ridicola fosse quella laica. Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale, impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia istantanei che Montale definisce ''miracoli'', gli eventi prodigiosi in cui si rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza.
Alcuni caratteri fondamentali del linguaggio poetico montaliano sono i simboli: nella poesia di Montale compaiono oggetti che tornano e rimbalzano da un testo all'altro e assumono il valore di simboli della condizione umana, segnata, secondo il poeta, dal malessere esistenziale, e dall'attesa di un avvenimento, un miracolo, che riscatti questa condizione rivelando il senso e il significato della vita. In ''Ossi di seppia'' il muro è il simbolo negativo di uno stato di chiusura e oppressione, mentre i simboli positivi che alludono alle possibilità di evasione, di fuga e di libertà, sono l'anello che non tiene, il varco, la maglia rotta nella rete. Nelle raccolte successive il panorama culturale, sentimentale e ideologico cambia, e quindi risulta nuova anche la simbologia. Per esempio nella seconda raccolta, ''Le occasioni'', diventa centrale la figura di Clizia, il nome letterario che allude alla giovane ebrea-americana Irma Brandeis, (italianista ed intellettuale) amata da Montale<ref>*[http://archiviostorico.corriere.it/2006/marzo/25/Canzoniere_Montale_per_Clizia_amante_co_9_060325091.shtml Il «Canzoniere» di Montale per Clizia, l'amante segreta]</ref>, che assume una funzione "angelico-salvifica" e dalla quale è possibile aspettare il miracolo da cui dipende ogni residua possibilità di salvezza esistenziale.
La lirica ''I limoni'' ci mostra che Montale prende le distanze dalla figura del "poeta-vate", dai poeti laureati della tradizione, in particolare dalle raffinatezze artificiose di [[Gabriele D'Annunzio]], e tenta di andare oltre le apparenze, sulla scia di Pirandello e di Svevo. La sua idea è quella di una poesia che non può giungere mai alla comprensione della verità da cui deriva la sconfitta, lo "scacco". La poesia montaliana può dare solo una "storta sillaba e secca come un ramo", essere cioè scabra ed essenziale, dire solo "ciò che ''non'' siamo, ciò che ''non'' vogliamo" (''Non chiederci la parola''). Ma il suo è un pessimismo attivo che ricerca un "varco" che permetta di intravedere la verità, che schiuda la possibilità di una rivelazione del significato della vita. La ricerca del "varco" collega Montale al titanismo del [[Giacomo Leopardi|Leopardi]] per la capacità di "stare nella disperazione" (''La ginestra''), ma anche alla filosofia pessimista ed irrazionalista di Arthur Schopenhauer (''Il mondo come volontà e rappresentazione''), alla filosofa antipositivista francese e, in particolare, al contingentismo di Boutroux, secondo cui il mondo è una realtà che cambia la quale dietro l'apparente immutabilità nasconde una "forza vitale", un principio di libertà che mette in discussione la nozione di legge. Nel 1946 in ''Intenzioni, intervista immaginaria'', Montale afferma: "negli anni in cui ho composto gli ''Ossi di seppia'' (tra il 1920 e il 1925) agì in me la filosofia dei contingentisti francesi, del Boutroux soprattutto, che conobbi meglio del Bergson". Le immagini poetiche del "varco" permettono di intravedere il trascendente, dei punti in cui il mondo fenomenico svela l'"ultimo segreto" delle cose, "l'orizzonte in fuga, dove s'accende / rara la luce della petroliera". Ed è anche l'attesa del miracolo, di momenti particolari che, ne ''I limoni'', diventano "i silenzi in cui si vede / in ogni ombra umana che si allontana / qualche disturbata Divinità".
==Onorificenze==
*A San Paolo, nel quartiere Morumbi, gli è stata dedicata una scuola.
==Note==
<references />
==Bibliografia==
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*Maria Luisa Spaziani, ''Montale e la Volpe'', Milano, Mondadori, 2011.
*Gilberto Lonardi, ''Winston Churchill e il bulldog. La "Ballata" e altri saggi montaliani'', Venezia, Marsilio, 2011.
*Fabrizio Patriarca, ''Seminario Montale'', Roma, Gaffi, 2011, ISBN 978-88-6165-047-3.
*Arnaldo Di Benedetto, ''Due lettere di Montale'', in «Giornale storico della letteratura italiana», CLXXXIX (2012), pp.&nbsp;590-601.
*Arnaldo Di Benedetto, ''Montale «fuori di casa»: la Grecia'', in «Strumenti critici», XXVII (2012), pp.&nbsp;355-373.
*Massimo Colella, ''Il lavoro e la'' battaglia''. Montale traduttore di Steinbeck'', in ''Lavoro! Storia, organizzazione e narrazione del lavoro nel XX secolo'' [Atti del Convegno ''Persistenze o Rimozioni V'' (Alma Mater Studiorum/ Università di Bologna, 19-20 marzo 2015), Novella Di Nunzio-Matteo Troilo (a cura di), Roma, Aracne, 2016, pp. 271-292.
==Voci correlate==
*[[Premio Librex Montale]]
[[Categoria:Poeta]]
[[Categoria:Poeta Accreditato Wikipedia]]
[[Categoria:Commendatori OMRI]]

Versione attuale delle 15:02, 19 lug 2020

Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta, giornalista, scrittore, critico letterario, critico musicale e politico italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975.[1]

Anni giovanili

Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell'attuale corso Dogali, nella zona soprastante Principe, il 12 ottobre 1896, ultimo dei sei figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese.[2] Il padre era comproprietario di una ditta di prodotti chimici, la società G. G. Montale & C., tra l'altro fornitrice di Veneziani S.p.A., azienda presso cui era impiegato Italo Svevo, genero di Veneziani[3][4].

Crescita

Inizia gli studi all'istituto "Vittorino Da Feltre" di Via Maragliano gestito dai Barnabiti (rettore è padre Rodolfo Trabattoni, vice rettore padre Giovanni Semeria). Il 21 maggio riceve la cresima. Sebbene per lui vengano preferiti, a causa della sua salute precaria, i più brevi studi tecnici in luogo di quelli classici e venga dunque iscritto nel 1911 all'istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove nel 1915 si diplomerà in ragioneria con buoni voti, il giovane Montale ha la possibilità di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche cittadine e assistendo alle lezioni private di filosofia della sorella Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.

La sua formazione è dunque quella tipica dell'autodidatta, che scopre interessi e vocazione attraverso un percorso libero da condizionamenti. Letteratura (Dante, Petrarca, Boccaccio e D'Annunzio su tutti, autori che lo stesso Montale affermerà di avere "attraversato") e lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime radici, la sua formazione e il suo immaginario, assieme al panorama, ancora intatto, della Riviera ligure di Levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze. «Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visione del mondo in cui prevalgono i sentimenti privati e l'osservazione profonda e minuziosa delle poche cose che lo circondano – la natura mediterranea e le donne della famiglia.

Ma quel "piccolo mondo" è sorretto intellettualmente da una vena linguistica nutrita di queste lunghe letture, finalizzate soprattutto al piacere della conoscenza e della scoperta. In questo periodo di formazione Montale coltiva inoltre la passione per il canto, studiando dal 1915 al 1923 con l'ex baritono Ernesto Sivori, esperienza che lascia in lui un vivo interesse per la musica, anche se non si esibirà mai in pubblico. Riceverà comunque già nel 1942 dediche da Tommaso Landolfi, fondatore con altri della rivista Letteratura.

La grande guerra e l'avvento del fascismo

Nell'anno 1917, dopo quattro visite mediche, è dichiarato idoneo al servizio militare, a settembre è arruolato nel 23º fanteria a Novara, frequenta a Parma il corso allievi ufficiali di complemento ottenendo il grado di sottotenente di fanteria e chiede di essere inviato al fronte. Dall'aprile 1917 combatte in Vallarsa, inquadrato nei "Leoni di Liguria" del 158º Reggimento fanteria ed il 3 novembre 1918 conclude l'esperienza combattente entrando a Rovereto. In seguito fu trasferito a Chienes, poi al campo di reduci di guerra dell'Eremo di Lanzo e, infine, fu congedato con il grado di tenente all'inizio del 1920.

Negli anni tra il 1919 e il 1923 conosce a Monterosso Anna degli Uberti (1904-1959), protagonista femminile in un insieme di poesie montaliane, trasversali nelle varie opere, note come "ciclo di Arletta" (chiamata anche Annetta o capinera). Nel 1924 conosce la giovane di origine peruviana Paola "Edda" Nicoli, anch'ella presente negli Ossi di seppia e ne Le occasioni.
È il momento dell'affermazione del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Il suo antifascismo ha una dimensione non tanto politica quanto culturale: esso si nutre di un disagio esistenziale e di un sentimento di malessere nei confronti della civiltà moderna tout court[5]. È un antifascismo aristocratico e snobistico[5]. Montale vive questo periodo nella "reclusione" della provincia ligure, che gli ispira una visione profondamente negativa della vita. Il suo pessimismo non essendo immediatamente riconducibile alla politica sopravvive anche dopo l'avvento della democrazia[6]: è evidente ne La bufera e altro nel suo non riconoscersi nei due partiti di massa (DC e PCI) e nella società dei consumi.

Soggiorno a Firenze

Montale con Drusilla Tanzi e Gerti Frankl

Montale giunge a Firenze nel 1927 per il lavoro di redattore ottenuto presso l'editore Bemporad. Nel capoluogo toscano gli anni precedenti erano stati decisivi per la nascita della poesia italiana moderna, soprattutto grazie alle aperture della cultura fiorentina nei confronti di tutto ciò che accadeva in Europa: le Edizioni de La Voce; i Canti Orfici di Dino Campana (1914); le prime liriche di Ungaretti per Lacerba; e l'accoglienza di poeti come Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba.

Montale, dopo l'edizione degli Ossi del 1925, nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux. Curiosamente, come ricordava lo stesso Montale, fu inserito in una lista di possibili candidati da Paolo Emilio Pavolini e venne scelto dall'allora podestà fiorentino Giuseppe Della Gherardesca, essendo l'unico non iscritto al Partito Fascista. Dieci anni più tardi, per l'identico motivo, Montale venne esonerato dall'incarico, dopo che per 18 mesi gli era stato sospeso lo stipendio, nel tentativo di "incoraggiarlo" ad iscriversi al PNF.[7]
In quegli anni collabora alla rivista Solaria, frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi e Elio Vittorini, e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e muoiono in quegli anni di ricerca poetica. In questo contesto prova anche l'arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano l'impasto dei colori e l'uso dei pennelli. Nel '29 è ospite nella casa di Drusilla Tanzi (che aveva conosciuto nel '27) e del marito, lo storico d'arte Matteo Marangoni,[8] casa dove due anni prima gli avevano presentato anche Gerti Frankl.

La vita a Firenze però si trascina per il poeta tra incertezze economiche e complicati rapporti sentimentali; nel 1933 conosce l'italianista americana Irma Brandeis, con cui avvia una quinquennale storia d'amore, cantandola con il nome di Clizia in molte poesie confluite ne Le occasioni. Legge molto Dante e Svevo, e i classici americani. Fino al 1948, l'anno del trasferimento a Milano, egli pubblica Le occasioni e le prime liriche di quelle che formeranno La bufera e altro (che uscirà nel 1956). Montale, che non si era iscritto al Partito fascista e dopo il delitto di Giacomo Matteotti era stato firmatario del manifesto crociano, prova subito dopo la guerra ad iscriversi al Partito d'azione, ma ne esce pochissimo tempo dopo.

Soggiorno a Milano


Eugenio Montale fotografato a Milano da Federico Patellani, 1964

Montale trascorre l'ultima parte della sua vita (dal 1948 alla morte) a Milano. Diventa redattore del Corriere della Sera e critico musicale per il "Corriere d'informazione". Scrive inoltre reportage culturali da vari Paesi (fra cui il Medio Oriente, visitato in occasione del pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Terra Santa). Scrive altresì di letteratura anglo-americana per la terza pagina, avvalendosi anche della collaborazione dell'amico americano Henry Furst, il quale gli invia molti articoli su autori e argomenti da lui stesso richiesti. La vicenda venne rivelata da Mario Soldati nel racconto "Due amici" (Montale e Furst) nel volume Rami secchi (Rizzoli 1989) e soprattutto da Marcello Staglieno, con la pubblicazione su una terza pagina de il Giornale diretto da Indro Montanelli di alcune delle lettere inedite di Montale all'amico.[9] Nel 1956, oltre a La bufera esce anche la raccolta di prose Farfalla di Dinard. Amava anche collaborare con vari artisti ed è il caso ad esempio di Renzo Sommaruga, scultore e artista figurativo, a cui nel 1957 scrisse la presentazione della personale parigina, che si può trovare nel Secondo Mestiere.

Il 23 luglio 1962 a Montereggi, presso Fiesole, sposa con rito religioso Drusilla Tanzi, di dieci anni più anziana di lui, con cui conviveva dal 1939; il rito civile si celebra a Firenze il 30 aprile 1963 (Matteo Marangoni, primo marito di lei, era morto nel 1958)[10]. La donna tuttavia, la cui salute si era rapidamente deteriorata, per la frattura di un femore in seguito a una caduta accidentale nell'agosto di quell'anno.[10], morirà a Milano il 20 ottobre, all'età di 77 anni. Nel 1969 è pubblicata un'antologia dei reportage di Montale, intitolata Fuori di casa, in richiamo al tema del viaggio. Il mondo di Montale, tuttavia, risiede in particolare nella "trasognata solitudine", come la definisce Angelo Marchese, del suo appartamento milanese di via Bigli, dove è amorevolmente assistito, alla morte di Drusilla, da Gina Tiossi.[11]

Ultimi anni

Le ultime raccolte di versi, Xenia (1966, dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, morta nel 1963), Satura (1971) e Diario del '71 e del '72 (1973), testimoniano in modo definitivo il distacco del poeta - ironico e mai amaro - dalla Vita con la maiuscola: «pensai presto, e ancora penso, che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato» (Montale, Intenzioni. Intervista immaginaria, Milano 1976). Sempre nel 1966 Montale pubblicò i saggi Auto da fé, una lucida riflessione sulle trasformazioni culturali in corso.

Anche se poeta trasognato e "dimesso", è anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree honoris causa (Università di Milano nel 1961, Università di Cambridge 1967, La Sapienza 1974), Premio Internazionale Feltrinelli (1962) dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Fu nominato senatore a vita il 13 giugno 1967 dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per i meriti in campo letterario, aderendo al gruppo del PLI e poi a quello del PRI.[12]

Premi

Nel pieno del dibattito civile sulla necessità dell'impegno politico degli intellettuali, Montale continuò ad essere un poeta molto letto in Italia.
Nel 1975 ricevette il Premio Nobel per la letteratura «per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni».

Morte

Nel 1976 scrisse il commiato funebre al suo collega defunto, il salernitano Alfonso Gatto. L'anno seguente gli fu chiesto se, una volta sorteggiato, avrebbe accettato di fare il giurato in un processo contro le Brigate Rosse: "Credo di no",[13] rispose l'anziano poeta, "sono un uomo come gli altri e non si può chiedere a nessuno di fare l'eroe".[14]

Eugenio Montale morì a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni, nella clinica San Pio X dove si trovava ricoverato per problemi derivati da una vasculopatia cerebrale. I funerali di Stato furono celebrati due giorni dopo nel Duomo di Milano dall'allora arcivescovo della diocesi Carlo Maria Martini. Venne sepolto nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, sobborgo nella periferia sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla. Nella seduta del successivo 8 ottobre, il Senato commemorò la figura di Montale, attraverso i discorsi del presidente Amintore Fanfani e del presidente del Consiglio Giovanni Spadolini.

Le opere

Le raccolte di versi contengono la storia della sua poesia:

  • Ossi di seppia, Torino, Gobetti, 1925.
  • La casa dei doganieri e altri versi, Firenze, Vallecchi, 1932.
  • Poesie, Firenze, Parenti, 1938.
  • Le occasioni, Torino, Einaudi, 1939.
  • Finisterre. Versi del 1940-42, Lugano, Collana di Lugano, 1943.
  • Quaderno di traduzioni, Milano, Edizioni della Meridiana, 1948.
  • La bufera e altro, Venezia, Neri Pozza, 1956.
  • Farfalla di Dinard, Venezia, Neri Pozza, 1956.
  • Xenia. 1964-1966, San Severino Marche, Bellabarba, 1966.
  • Auto da fé. Cronache in due tempi, Milano, Il Saggiatore, 1966.
  • Fuori di casa, Milano-Napoli, Ricciardi, 1969; Collana SIS, Mondadori, 1973; Oscar Moderni, Mondadori, 2017. [40 prose di viaggi apparse originariamente sul Corriere della Sera e sul Corriere d'Informazione fra il 1946 e il 1964]
  • Satura. 1962-1970, Milano, A. Mondadori, 1971.
  • Nel nostro tempo, Milano, Rizzoli, 1972.
  • Diario del '71 e del '72, Milano, A. Mondadori, 1973. In questa raccolta è pubblicata "Il Pirla"[15]
  • Sulla poesia, Milano, A. Mondadori, 1976.
  • Quaderno di quattro anni, Milano, A. Mondadori, 1977.
  • Altri versi e poesie disperse, Milano, A. Mondadori, 1981.
  • Diario postumo. Prima parte: 30 poesie, Milano, A. Mondadori, 1991. ISBN 88-04-34169-6.
  • Diario postumo. 66 poesie e altre, Milano, A. Mondadori, 1996. ISBN 88-04-41032-9. [sul testo, pubblicato postumo, alcuni studiosi hanno manifestato il dubbio di non autenticità[16]

Ossi di Seppia

Il primo momento della poesia di Montale rappresenta l'affermazione del motivo lirico. Montale, in Ossi di seppia (1925) edito da Piero Gobetti, afferma l'impossibilità di dare una risposta all'esistenza come per esempio nella lirica Non chiederci la parola. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza umana, logorata dalla natura, e ormai ridotta ad un oggetto inanimato, privo di vita. Gli ossi di seppia sono, infatti, gli endoscheletri delle seppie rilasciati sulla spiaggia dalle onde del mare, quindi, presenze inaridite e ridotte al minimo, che simboleggiano la poetica di Montale scabra ed essenziale.

In tal modo Montale capovolge l'atteggiamento fondamentale più consueto della poesia: il poeta non può trovare e dare risposte o certezze; sul destino dell'uomo incombe quella che il poeta, nella lirica Spesso il male di vivere ho incontrato, definisce "Divina Indifferenza", ciò che mostra una partecipazione emotiva del tutto distaccata rispetto all'uomo. In un certo senso, si potrebbe affermare che tale "Divina indifferenza" è l'esatto contrario della "Provvidenza divina" manzoniana. La prima raccolta di Montale uscì nel giugno del 1925 e comprende poesie scritte tra il 1916 e il 1925. Il libro si presenta diviso in quattro sezioni, a loro volta organizzate al loro interno: Movimenti, Ossi di seppia, Mediterraneo, Meriggi ed ombre; a questi fanno da cornice una introduzione (In limine) e una conclusione (Riviere).

Il titolo della raccolta vuole evocare i relitti che il mare abbandona sulla spiaggia, come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile sono le sue poesie: in un'epoca che non permette più ai poeti di lanciare messaggi, di fornire un'interpretazione compiuta della vita e dell'uomo, le poesie sono frammenti di un discorso che resta sottinteso e approdano alla riva del mare come per caso, frutto di momentanee illuminazioni. Le poesie di questa raccolta traggono lo spunto iniziale da una situazione, da un episodio della vita del poeta, da un paesaggio, come quello della Liguria, per esprimere temi più generali: la rottura tra individuo e mondo, la difficoltà di conciliare la vita con il bisogno di verità, la consapevolezza della precarietà della condizione umana. Si affollano in queste poesie oggetti, presenze anche molto dimesse che non compaiono solitamente nel linguaggio dei poeti, alle quali Montale affida, in toni sommessi, la sua analisi negativa del presente ma anche la non rassegnazione, l'attesa di un miracolo.

L'emarginazione sociale a cui era condannata la classe di appartenenza, colta e liberale, della famiglia, acuisce comunque nel poeta la percezione del mondo, la capacità di penetrare nelle impressioni che sorgono dalla presenza dei paesaggi naturali: la solitudine da "reclusione" interiore genera il colloquio con le cose, quelle della riviera ligure, o del mare. Una natura "scarna, scabra, allucinante", e un "mare fermentante" dal richiamo ipnotico, proprio del paesaggio mediterraneo. Il manoscritto autografo di Ossi di seppia è conservato presso il Fondo Manoscritti dell'Università di Pavia.

Le occasioni

In Le occasioni (1939) la poesia è fatta di simbolo di analogia, di enunciazioni lontane dall'abbandono dei poeti ottocenteschi. Il mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro, dolente, privo di speranza; infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e con misurata compassione. Simbolica la data di pubblicazione, 14 ottobre 1939, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il fascicolo di poesie è dedicato a una misteriosa I.B, iniziali della poetessa e dantista americana Irma Brandeis, di origini ebraiche e perciò costretta a rimpatriare dopo la promulgazione delle leggi razziali.

La memoria è sollecitata da alcune "occasioni" di richiamo, in particolare si delineano figure femminili, per esempio la fanciulla conosciuta in vacanza a Monterosso, Annetta-Arletta (già presente negli Ossi), oppure Dora Markus, della omonima poesia: sono nuove "Beatrici" a cui il poeta affida la propria speranza.[17] La figura della donna, soprattutto Clizia (senhal di Irma), viene perseguita da Montale attraverso un'idea lirica della donna-angelo, messaggera divina. I tratti che servono per descriverla sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una visione dell'amore fortemente idealizzata, che non si traduce necessariamente in realtà.

Nel contempo il linguaggio si fa meno penetrabile e i messaggi sono sottintesi, e anche se non di un ermetismo irrazionale, espressione di una sua personale tensione razionale e sentimentale. In Le occasioni la frase divenne più libera e la riflessione filosofica, molto presente nella poesia di Montale, diviene più vigorosa. Il poeta indaga le ragioni della vita, l'idea della morte, l'impossibilità di dare una spiegazione valida all'esistenza, lo scorrere inesorabile del tempo (Non recidere, forbice, quel volto).

La bufera e altro

Sono componimenti riguardanti temi di guerra e di dolore pubblicati nel 1956. Nel poeta ligure confluiscono quegli spiriti della "crisi" che la reazione anti-dannunziana aveva generato fin dai Crepuscolari: tutto ciò che era stato scritto con vena ribelle nel brulicante mondo poetico italiano tra le due guerre, in lui diventa possibilità di scoprire altre ragioni per essere poeti. Per quanto riguarda l'engagement tipico di quegli anni, non ce n'è alcuna traccia.[18]

Xenia e Satura

Negli ultimi anni Montale approfondì la propria filosofia di vita, quasi temesse di non avere abbastanza tempo "per dire tutto" (quasi una sensazione di vicinanza della morte); Xenia (1966) è una raccolta di poesie dedicate alla propria moglie defunta, Drusilla Tanzi, amorevolmente soprannominata "Mosca" per le spesse lenti degli occhiali da vista[19]. Il titolo richiama xenia, che nell'antica Grecia erano i doni fatti all'ospite, e che ora dunque costituirebbero il dono alla propria moglie. Le poesie di Xenia furono pubblicate insieme alla raccolta Satura, con il titolo complessivo Satura, nel gennaio 1971. «Con questo libro - scrive Marco Forti nel risvolto di copertina dell'edizione Mondadori - Montale ha sciolto il gran gelo speculativo e riepilogativo della Bufera e ha ritrovato, semmai, la varietà e la frondosità, la molteplicità timbrica, lo scatto dell'impennata lirica e insieme la "prosa" che, già negli Ossi di seppia, costituirono la sua sorprendente novità.»

La poetica e il pensiero


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato, tratto da Ossi di seppia (1925), su un muro a Leida

Montale ha scritto relativamente poco. Il quadro è perfettamente coerente con l'esperienza del mondo così come si costituisce nel suo animo negli anni di formazione, che sono poi quelli in cui vedono la luce le liriche della raccolta Ossi di seppia.

La poesia è per Montale principalmente strumento e testimonianza dell'indagine sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno, in cerca di un assoluto che è però inconoscibile. Tale concezione poetica – approfondita negli anni della maturità, ma mai rinnegata – non attribuisce alla poesia uno specifico ruolo di elevazione spirituale; anzi, Montale al suo lettore dice di "non chiedere la parola", non "domandare" la "formula" che possa aprire nuovi mondi. Il poeta può solo dire "ciò che non siamo": è la negatività esistenziale vissuta dall'uomo novecentesco dilaniato dal divenire storico. A differenza delle "illuminazioni" ungarettiane, Montale fa un ampio uso di idee, di emozioni e di sensazioni più indefinite.

Egli cerca infatti una soluzione simbolica (il "correlativo oggettivo", contemporaneamente adottato da Thomas Stearns Eliot) in cui la realtà dell'esperienza diventa una testimonianza di vita. Proprio in alcune di queste immagini il poeta crede di trovare una risposta, una soluzione al problema del "male di vivere": ad esempio, il mare (in Ossi di seppia) o alcune figure di donne che sono state importanti nella sua vita. La poesia di Montale assume dunque il valore di testimonianza e un preciso significato morale: Montale esalta lo stoicismo etico di chi compie in qualsiasi situazione storica e politica il proprio dovere.

Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di comunicare fra gli uomini. L'opera di Montale è, infatti, sempre sorretta da un'intima esigenza di moralità, ma priva di qualunque intenzione moralistica: il poeta non si propone come guida spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia egli tenta di esprimere la necessità dell'individuo di vivere nel mondo accogliendo con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza. Montale non credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi sicure. Pur essendo rispettoso di tutte le religioni, riteneva che la più ridicola fosse quella laica. Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale, impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia istantanei che Montale definisce miracoli, gli eventi prodigiosi in cui si rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza.

Alcuni caratteri fondamentali del linguaggio poetico montaliano sono i simboli: nella poesia di Montale compaiono oggetti che tornano e rimbalzano da un testo all'altro e assumono il valore di simboli della condizione umana, segnata, secondo il poeta, dal malessere esistenziale, e dall'attesa di un avvenimento, un miracolo, che riscatti questa condizione rivelando il senso e il significato della vita. In Ossi di seppia il muro è il simbolo negativo di uno stato di chiusura e oppressione, mentre i simboli positivi che alludono alle possibilità di evasione, di fuga e di libertà, sono l'anello che non tiene, il varco, la maglia rotta nella rete. Nelle raccolte successive il panorama culturale, sentimentale e ideologico cambia, e quindi risulta nuova anche la simbologia. Per esempio nella seconda raccolta, Le occasioni, diventa centrale la figura di Clizia, il nome letterario che allude alla giovane ebrea-americana Irma Brandeis, (italianista ed intellettuale) amata da Montale[20], che assume una funzione "angelico-salvifica" e dalla quale è possibile aspettare il miracolo da cui dipende ogni residua possibilità di salvezza esistenziale.

La lirica I limoni ci mostra che Montale prende le distanze dalla figura del "poeta-vate", dai poeti laureati della tradizione, in particolare dalle raffinatezze artificiose di Gabriele D'Annunzio, e tenta di andare oltre le apparenze, sulla scia di Pirandello e di Svevo. La sua idea è quella di una poesia che non può giungere mai alla comprensione della verità da cui deriva la sconfitta, lo "scacco". La poesia montaliana può dare solo una "storta sillaba e secca come un ramo", essere cioè scabra ed essenziale, dire solo "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo" (Non chiederci la parola). Ma il suo è un pessimismo attivo che ricerca un "varco" che permetta di intravedere la verità, che schiuda la possibilità di una rivelazione del significato della vita. La ricerca del "varco" collega Montale al titanismo del Leopardi per la capacità di "stare nella disperazione" (La ginestra), ma anche alla filosofia pessimista ed irrazionalista di Arthur Schopenhauer (Il mondo come volontà e rappresentazione), alla filosofa antipositivista francese e, in particolare, al contingentismo di Boutroux, secondo cui il mondo è una realtà che cambia la quale dietro l'apparente immutabilità nasconde una "forza vitale", un principio di libertà che mette in discussione la nozione di legge. Nel 1946 in Intenzioni, intervista immaginaria, Montale afferma: "negli anni in cui ho composto gli Ossi di seppia (tra il 1920 e il 1925) agì in me la filosofia dei contingentisti francesi, del Boutroux soprattutto, che conobbi meglio del Bergson". Le immagini poetiche del "varco" permettono di intravedere il trascendente, dei punti in cui il mondo fenomenico svela l'"ultimo segreto" delle cose, "l'orizzonte in fuga, dove s'accende / rara la luce della petroliera". Ed è anche l'attesa del miracolo, di momenti particolari che, ne I limoni, diventano "i silenzi in cui si vede / in ogni ombra umana che si allontana / qualche disturbata Divinità".

Onorificenze

  • A San Paolo, nel quartiere Morumbi, gli è stata dedicata una scuola.

Note

  1. Eugenio Montale. (12 febbraio 2020). Wikipedia, L'enciclopedia libera. Tratto il 14 febbraio 2020, 21:06 da //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Eugenio_Montale&oldid=110811399. - licenza CC-BY-SA 3.0
  2. Prima di Eugenio nacquero Salvatore, Ugo, Ernesto (morto subito dopo la nascita), Alberto e Marianna; Giorgio Zampa, Cronologia, in E. Montale, Tutte le poesie, Milano, Oscar Mondadori, 1990, p. LVII
  3. unige.ch
  4. minerva.unito.it
  5. 5,0 5,1 Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea / Dall'ermetismo al postmoderno (dal 1925 ai giorni nostri), Palumbo, Palermo 1997, p. 365
  6. Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea / Dall'ermetismo al postmoderno (dal 1925 ai giorni nostri), Palumbo, Palermo 1997, p. 372
  7. Pio De Berti Gambini, Intervista a Eugenio Montale, Milano, RAI, 1966
  8. Cronologia in librexmontale.com
  9. Si veda, per esempio, Marcello Staglieno (a cura di), «Enrico aiutami: è una vita impossibile», lettere inedite di Eugenio Montale a Henry Furst, in "Il Giornale", 24 ottobre 1989, p. 3, che comprende la prosa poetica montaliana, dedicata a Furst, "Il lieve tintinnìo del collarino", 1943
  10. 10,0 10,1 Eugenio Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1984 (ISBN 978-88-04-52722-0), pag.
  11. Paolo di Stefano, Gina, la governante morta in povertà che si spogliava dei regali di Montale - Il poeta le donò quadri e testi rari. Tutti ceduti a un Fondo, sta in "Corriere della Sera", domenica 29 giugno 2014
  12. Non fu iscritto ad alcun partito politico se si eccettua la breve parentesi nel Partito d'azione. Ad ogni modo, si definiva un conservatore.
  13. G. Crainz, Il paese reale, Donzelli, Roma, 2012, pag. 51
  14. Blu Notte - Misteri Italiani, "La storia delle Brigate Rosse", Rai 3; la puntata è visibile su YouTube
  15. https://www.scuolissima.com/2017/07/il-pirla-eugenio-montale.html
  16. Per esempio, Dante Isella e Giovanni Raboni (Intervento di Raboni sul Corriere della Sera, 16-10-98), in contrapposizione al riscontro positivo di Maria Corti, Rosanna Bettarini e Angelo Marchese (vd. anche L'Universale-La grande enciclopedia tematica 4, Garzanti, Milano 2003, p.680).
  17. Quasi tutte le figure femminili dei versi montaliani corrispondono in molti tratti a persone reali; nelle Occasioni Liuba soltanto, per ammissione del poeta, è un personaggio "inventato" rispetto a quello reale (vd. anche Romano Luperini Storia di Montale Laterza, 1992)
  18. Giacinto Spagnoletti, Storia della letteratura italiana del Novecento, 1994, ISBN 88-7983-416-9, p. 292
  19. Con Drusilla aveva condiviso anche la passione letteraria per Italo Svevo, che era venuto a trovarli a Firenze con la moglie Livia.
  20. *Il «Canzoniere» di Montale per Clizia, l'amante segreta

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Voci correlate