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'''Francesco Petrarca''' è nato ad Arezzo il 20 luglio 1304 ed è morto ad Arquà il 19 luglio 1374.
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Francesco Petrarca. (24 ottobre 2019). ''Wikipedia, L'enciclopedia libera''. Tratto il 1 novembre 2019, 21:33 da //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Francesco_Petrarca&oldid=108443226.
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Scrittore, poeta, filosofo e filologo.
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considerato il precursore dell'[[umanesimo rinascimentale|umanesimo]] e uno dei fondamenti della [[storia della letteratura italiana|letteratura italiana]], soprattutto grazie alla sua opera più celebre, il ''[[Canzoniere (Petrarca)|Canzoniere]]'', patrocinato quale modello di eccellenza stilistica da [[Pietro Bembo]] nei primi del [[XVI secolo|Cinquecento]]
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|Immagine = Petrarch by Bargilla.jpg
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|Didascalia = [[Andrea del Castagno]], ''Francesco Petrarca'', particolare del ''[[Ciclo degli uomini e donne illustri]]'', [[affresco]], 1450, [[Galleria degli Uffizi]], [[Firenze]]
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'''Francesco Petrarca''' è nato ad Arezzo il 20 luglio 1304 ed è morto ad Arquà il 19 luglio 1374.
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Uomo moderno, slegato ormai dalla concezione della patria come ''mater'' e divenuto cittadino del mondo, Petrarca rilanciò, in ambito filosofico, l'[[Pensiero di Agostino d'Ippona|agostinismo]] in contrapposizione alla [[Scolastica (filosofia)|scolastica]] e operò una rivalutazione storico-filologica dei classici latini. Fautore dunque di una ripresa degli ''studia humanitatis'' in senso [[Antropocentrismo|antropocentrico]] (e non più in chiave assolutamente [[Teocentrismo|teocentrica]]), Petrarca (che ottenne la [[Incoronazione poetica|laurea poetica]] a [[Roma]] nel 1341) spese l'intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica e [[patristica]] attraverso l'imitazione dei classici, offrendo un'immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi. La storia medesima del ''Canzoniere'', infatti, è più un percorso di riscatto dall'amore travolgente per [[Laura de Noves|Laura]] che una storia d'amore, e in quest'ottica si deve valutare anche l'opera latina del ''Secretum''.
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Scrittore, poeta, filosofo e filologo.
 
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Le tematiche e la proposta culturale petrarchesca, oltre ad aver fondato il movimento culturale umanistico, diedero avvio al fenomeno del ''[[petrarchismo]]'', teso ad imitare stilemi, lessico e generi poetici propri della produzione lirica volgare dell'Aretino.
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== Pensiero e poetica ==
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[[File:Francesco Petrarca nello studio.JPG|thumb|Anonimo, ''Francesco Petrarca nello studium'', affresco murale, ultimo quarto del [[XV secolo|secolo XIV]], [[Reggia Carrarese]], Sala dei Giganti, [[Padova]].]]
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=== Il messaggio petrarchesco ===
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==== Il concetto di ''humanitas'' ====
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Petrarca, fin dalla giovinezza, manifestò sempre un'insofferenza innata nei confronti della cultura a lui coeva. Come già ricordato nella sezione biografica, la sua passione per l'agostinismo da un lato, e per i classici latini "liberati" dalle interpretazioni allegoriche medievali dall'altro, pongono Petrarca come l'iniziatore dell'[[Umanesimo rinascimentale|umanesimo]] che, nel corso del XV secolo, si svilupperà prima in Italia, e poi nel resto d'Europa<ref>Ricchissima la bibliografia al proposito: si ricordino i libri citati in bibliografia, tra cui {{Cita|Cappelli|titolo=L'umanesimo italiano da Petrarca a Valla}}; i saggi curati da Giuseppe Billanovich (tra cui l'opera sua più importante, {{Cita|Billanovich, 1947|titolo=Petrarca letterato}}), uno dei maggiori studiosi del Petrarca; i libri di {{Cita|Pacca}}, {{Cita|Ariani}} e {{Cita|Wilkins}}.</ref>. Nel ''De remediis utriusque fortune'', ciò che interessa maggiormente a Petrarca è l'''humanitas'', cioè l'insieme delle qualità che danno fondamento ai valori più  umani della vita, con un'ansia di meditazione e di ricerca tra erudita ed esistenziale intesa ad indagare l'anima in tutte le sue sfaccettature<ref>{{Cita|Pacca|p. 189}} e {{Cita|Cappelli|p. 38}}</ref>. Di conseguenza, Petrarca pone al centro della sua riflessione intellettuale l'essere umano, spostando l'attenzione dall'assoluto teocentrismo (tipico della [[Medioevo|cultura medievale]]) all'antropocentrismo moderno.
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==== Petrarca e i classici ====
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Fondamentale, nel pensiero petrarchesco, è la riscoperta dei classici. Già conosciuti nel Medioevo, erano stati oggetto però di una rivisitazione in chiave cristiana, che non teneva quindi conto del contesto storico-culturale in cui le opere erano state scritte<ref>{{Cita|Garin|p. 21}}.</ref>. Per esempio, la figura di Virgilio fu vista come quella di un [[mago]]/[[profeta]], capace di adombrare, nell'''Ecloga IV'' delle ''Bucoliche'', la nascita di Cristo, anziché quella di Asinio Gallo, figlio del politico romano [[Gaio Asinio Pollione|Asinio Pollione]]: un'ottica che Dante accolse pienamente nel Virgilio della ''Commedia''<ref>Si veda il lungo articolo di {{Cita|Lamendola}} al riguardo, in cui si espone anche la chiave di lettura dei classici latini nel corso dell'età medioevale.</ref>. Petrarca, rispetto ai suoi contemporanei, rifiuta il travisamento dei classici operato fino a quel momento, ridando loro quella patina di storicità e di inquadramento culturale necessaria per stabilire con essi un colloquio costante, come fece nel libro XXIV delle ''Familiares''<ref>{{Cita|Dotti, 1987|p. 430}}.</ref>'':''
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{{Citazione|Scrivere a Cicerone o a Seneca, celebrandone l'opera o magari deplorandone con benevolenza mancanze e contraddizioni, era per lui un modo letterariamente tangibile (e per noi assai significativo simbolicamente) di mostrare quanto a loro dovesse, quanto li sentisse, appunto, idealmente suoi contemporanei.|{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 182}}}}
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Oltre alle epistole, all'''Africa'' e al ''De viris illustribus'', Petrarca operò tale riscoperta attraverso il metodo filologico da lui ideato tra il 1325 e il 1337 e la ricostruzione dell'opera [[Tito Livio|liviana]] e la composizione del ''Virgilio ambrosiano''. Altro aspetto da cui traspare questo innovativo approccio alle fonti e alle testimonianze storico-letterarie si avverte, anche, nell'ambito della [[numismatica]], della quale Petrarca è ritenuto il precursore<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Magdi A. M.|cognome=Nassar|anno=2013|titolo=Numismatica e Petrarca: una nuova idea di collezionismo|editore=Numismatici Italiani Professionisti|città=Milano|volume=Il collezionismo numismatico italiano. Una storica e illuminata tradizione. Un patrimonio culturale del nostro Paese.|pp=47-49}}</ref>.
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===== La ricostruzione delle ''Decadi liviane'' =====
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[[File:Simone Martini - Petrarch's Virgil, title page - WGA21445.jpg|thumb|Primo foglio del ''Virgilio ambrosiano'' di Petrarca, miniato da Simone Martini e conservato presso la [[Pinacoteca Ambrosiana]] di [[Milano]].]]
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Per quanto riguarda la prima opera, Petrarca decise di riunire le varie decadi (cioè i libri di cui l'opera è composta) allora conosciute (I, III e IV decade) in un unico codice, l'attuale ''codice Harleiano 2193'', conservato ora al [[British Museum]] di [[Londra]]<ref>{{Cita|Billanovich 1953|p. 313}}.</ref>. Il giovane Petrarca si dedicò a quest'opera di collazione per cinque anni, dal 1325 al 1330, grazie ad un lavoro di ricerca e di enorme pazienza<ref>Per la datazione cronologica, cfr. {{Cita|Billanovich 1953|p. 325}}: «Il Petrarca formò tra i venti e i venticinque anni il Livio Harleiano»; e ''Ivi'', p. 330: «Le scoperte e i restauri degli ''Ab Urbe condita'' eseguiti dal Petrarca sul palcoscenico europeo di Avignone press'a poco tra il 1325 e il 1330...»</ref>. Nel 1326, Petrarca prese la terza decade (tramandata da un manoscritto risalente al [[XIII secolo]]<ref name=":2">{{Cita|Cappelli|p. 42}}.</ref>), correggendola e integrandola ora con un manoscritto veronese del [[X secolo]] vergato dal dotto vescovo Raterio<ref name=":2" />, ora con una lezione conservata nella [[Biblioteca capitolare|Biblioteca Capitolare]] della [[Cattedrale di Chartres]]<ref>{{Cita|Billanovich 1953|pp. 313-314}}.</ref>, il ''Parigino Latino 5690'' acquistato dal vecchio canonico Landolfo Colonna<ref>{{Cita|Billanovich 1953|p. 325}}.</ref>, contenente anche la quarta decade<ref name=":2" />. Quest'ultima fu poi corretta su di un codice risalente al [[XIII secolo|secolo precedente]] e appartenuto al preumanista padovano [[Lovato Lovati]] (1240-1309)<ref name=":2" />. Infine, dopo aver raccolto anche la prima decade, Petrarca poté procedere a riunire gli sparsi lavori di recupero nel 1330<ref>Un riassunto veloce è esposto anche da {{Cita|Ariani|p. 63}}.</ref>.
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===== Il ''Virgilio Ambrosiano'' =====
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L'impresa riguardante la costruzione del ''Virgilio ambrosiano'' è invece molto più complessa. Iniziato già quand'era in vita il padre Petracco, il lavoro di collazione portò alla nascita di un codice composto di 300 fogli manoscritti che conteneva l''<nowiki/>'omnia'' virgiliana (''[[Bucoliche]]'', ''[[Georgiche]]'' ed ''[[Eneide]]'' commentati dal grammatico [[Servio Mario Onorato|Servio]] del [[VI secolo]]), al quale furono aggiunte quattro ''[[Odi (Orazio)|Odi]]'' di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] e l'''[[Achilleide]]'' di [[Publio Papinio Stazio|Stazio]]<ref>{{Cita|Cappelli|p. 42}} e {{Cita|Ariani|p. 62}}.</ref>. Le vicende di tale manoscritto sono assai travagliate. Sottrattogli nel 1326 dagli esecutori testamentari del padre, il ''Virgilio ambrosiano'' verrà recuperato solo nel 1338, data in cui Petrarca commissionò al celebre pittore [[Simone Martini]] una serie di [[Miniatura|miniature]] che lo abbellirono esteticamente<ref>{{Cita|Cappelli|pp. 42-43}}.</ref>. Alla morte del Petrarca il manoscritto finì nella biblioteca dei [[Da Carrara|Carraresi]] a [[Padova]], tuttavia, nel 1388, [[Gian Galeazzo Visconti]] conquistò [[Padova]] ed il codice fu inviato, insieme ad altri manoscritti del Petrarca, a [[Pavia]], nella [[Biblioteca Visconteo-Sforzesca]] situata nel [[Castello Visconteo (Pavia)|castello di Pavia]]<ref>{{Cita|Albertini Ottolenghi|pp. 35-37}}.</ref>. Nel 1471 [[Galeazzo Maria Sforza]] ordinò al castellano di Pavia di prestare, per 20 giorni, il manoscritto allo zio [[Alessandro Sforza|Alessandro]] signore di [[Pesaro]], poi il Virgilio Ambrosiano tornò a [[Pavia]]. Nel 1499, [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]] conquistò il [[Ducato di Milano]] e la [[biblioteca Visconteo-Sforzesca]] venne trasferita in Francia, dove ancora si conservano, nella [[Bibliothèque nationale de France]], circa 400 manoscritti provenienti da [[Pavia]]. Tuttavia il Virgilio Ambrosiano fu sottratto al saccheggio francese da un certo Antonio di Pirro. Sappiamo che a fine Cinquecento si trovava a [[Roma]], ed era di proprietà del cardinal [[Agostino Cusani (1542-1598)|Agostino Cusani]], fu poi acquistato da [[Federico Borromeo]] per l'[[Biblioteca Ambrosiana|Ambrosiana]]<ref>{{Cita|Albertini Ottolenghi|p. 37}}.</ref>.
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''<nowiki/>''
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''<nowiki/>''
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===== Legame tra ''oratio'' e ''vita'' =====
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La forte vena morale che percorre tutte le opere petrarchesche, sia latine che volgari, tende a trasmettere un messaggio di perfezione morale: il ''Secretum'', il ''De remediis,'' le raccolte epistolari e lo stesso ''Canzoniere'' sono impregnati di questa tensione etica volta a risanare le deviazioni dell'anima attraverso la via della virtù<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 172}}, confrontando Dante, il quale non ha trasmesso ai posteri dati biografici della propria vita, e Petrarca, afferma che quest'ultimo «fornendoci una grande quantità di informazioni dettagliate sulla sua vita quotidiana, vere o false che siano, mira a trasmettere di sé un'immagine concreta».</ref>. Tale applicazione etica negli scritti (l'<nowiki/>''oratio''), però, deve corrispondere alla vita quotidiana (la ''vita'', appunto) se l'umanista vuole trasmettere un'etica credibile ai destinatari. Prova di questo binomio essenziale è, per esempio, la ''Familiare'' XXIV, 3 indirizzata a Marco Tullio Cicerone<ref group="N">Il ventiquattresimo libro delle ''Familiari'' è composto da lettere indirizzate a vari personaggi dell'antichità classica. Per Petrarca, infatti, gli antichi non sono lontani e irraggiungibili: la costante lettura delle loro opere fa sì che Cicerone, Orazio, Seneca, Virgilio vivano attraverso queste ultime, rendendo i rapporti tra Petrarca e i suoi ammirati scrittori classici vicini per la comunanza di sentimento.</ref>. In essa il poeta esprime, in un tono di amarezza e di rabbia al contempo, la scelta dell'oratore romano di essersi allontanato dall'''otium'' letterario di [[Tusculum|Tuscolo]] per addentrarsi nuovamente nell'agone politico dopo la morte di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e schierarsi a fianco del giovane [[Augusto|Ottaviano]] contro [[Marco Antonio]], tradendo così i principi etici esposti nei suoi trattati filosofici:
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{{Citazione|Ma qual furore a danno di Antonio ti mosse? Risponderai per l'amore alla Repubblica, che dicevi caduta in fondo. Ma se codesta fede, se amore di libertà ti sprone (come di sì grand'uomo stimare si converrebbe), ond'è che tanto fosti amico di Augusto? [... ] Io ti compiango, amico, e di sì grandi tuoi falli sento vergogna [...] Oh! Quanto era meglio ad un filosofo tuo pari nel silenzio dei campi, pensoso, come tu dici, non della breve e caduca presente vita, ma della eterna, passar tranquilla vecchiezza... |{{Cita|Fraccassetti, 5| p. 141}}}}
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==== L'impegno "civile" del letterato ====
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La declinazione dell'impegno morale nella vita attiva delinea una vocazione "civile" del letterato. Tale attributo, prima ancora di intendersi come impegno nella vita politica del tempo, dev'essere compreso nella sua declinazione prettamente sociale, quale impegno del letterato nell'aiutare gli uomini contemporanei a migliorarsi costantemente attraverso il dialogo e il senso di carità nei confronti del prossimo<ref>{{Cita|Dotti|p. 532}}, sulla base della ''Familiare'' I, 9, delinea il senso del messaggio umanistico lanciato da Petrarca:{{Citazione|...parlare con il proprio animo non serve: bisogna affaticarsi ''ad ceterorum utilitatem quibuscum vivimus'', per l'utilità di coloro con i quali viviamo in questa terrena società, ed è certo che con le nostre parole possiamo giovare: ''quorum animos nostris collucutionibus plurimum adiuvari posse non ambigitur'' (''Fam''. I, 9, 4). Il colloquio umano è dunque lo strumento dell'autentico processo umanistico...Sua mercé si saldano e si congiungono gli spazi più lontani...I comuni principi morali, dunque, e l'indagine costante e irreversibile sono la molla di un processo che non può aver fine se non con la morte dell'umanità medesima, e il discorso, il colloquio e la cultura ne sono il filo conduttore.}}</ref>. Oltre ai trattati morali, scritti per questo fine, si deve però anche registrare che cosa significasse per Petrarca, nella sua stessa vita, l'impegno civile. Il servizio presso i potenti di turno (i [[Colonna (famiglia)|Colonna]], i [[Da Correggio]], i [[Visconti]] e poi i [[Da Carrara]]) spinse gli amici di Petrarca ad avvertirlo della minaccia che tali regnanti avrebbero potuto costituire per la sua indipendenza intellettuale; egli, però, nella famosa ''Epistola posteritati'' (Epistola ai Posteri), ribadì la sua proclamata indipendenza dagli intrighi di corte:[[File:Altichiero, ritratto di Francesco Petrarca.jpg|thumb|[[Altichiero]], ''Ritratto di Francesco Petrarca'', dal ms. lat. 6069 f della [[Bibliothèque nationale de France|Bibliotèque Nationale de France]] ([[Parigi]]), contenente il ''De viris illustribus''<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/print/c8.html|titolo=Viaggi nel Testo - Autori della letteratura Italiana|accesso=27 febbraio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130624010058/http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/print/c8.html|dataarchivio=24 giugno 2013|urlmorto=sì}}</ref>''.'']]{{Citazione|I più grandi monarchi dell'età mia m'ebbero in grazia, e fecero a gara per trarmi a loro, né so perché. Questo so, che alcuni di loro parevan piuttosto essere favoriti della mia, che non favorirmi della loro dimestichezza: sì che dall'alto loro grado io molti vantaggi, ma nessun fastidio giammai ebbi ritratto. Tanto peraltro in me fu forte l'amore della mia libertà, che da chiunque di loro avesse nome di avversarla mi tenni studiosamente lontano.|{{Cita|Fracassetti, 1|p. 203}}}}
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Nonostante l'intento autocelebrativo proprio dell'''Epistola,'' Petrarca rimarca il fatto che i potenti vollero averlo di fianco a sé per questioni di prestigio, facendo sì che il poeta finisse «per non identificarsi mai fino in fondo con le loro prese di posizioni»<ref name=":8"/>. Il legame con le corti signorili, scelte per motivazioni economiche e di protezione, gettò pertanto le basi per la figura dell'intellettuale cortigiano, modello per gli uomini di cultura nei secoli successivi<ref name=":8"/>. Se Dante, costretto a vagare per le corti dell'[[Italia centrale|Italia centro]]-[[Italia settentrionale|settentrionale]], soffrì sempre per la lontananza da Firenze<ref>Si ricordino i celebri versi di ''Pd' XVII, 58-60, in cui l'avo [[Cacciaguida]] gli profetizza la durezza dell'esilio: ''Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale''</ref>, Petrarca fondò, con la sua scelta di vita, il modello dell'intellettuale [[cosmopolitismo|cosmopolita]], segnando così il tramonto dell'ideologia comunale che era stata fondamento della sensibilità dantesca prima, e che in parte fu propria del contemporaneo Boccaccio<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 175}}.</ref>.
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==== L'''otium'' letterario ====
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Altra caratteristica propria dell'intellettuale petrarchesco è l'''[[Ozio|otium]]'', vale a dire il riposo. Parola latina indicante, in generale, il riposo dei [[Patrizio (storia romana)|patrizi romani]] dalle attività proprie del ''negotium''<ref group="N">L'<nowiki/>''Otium'' degli antichi romani non consisteva unicamente nel riposo dagli impegni quotidiani, indicati sotto il sostantivo di ''negotium''. Per [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], l'''otium'' non era soltanto il riposo dalle attività [[Giurisprudenza|forensi]] e politiche, ma soprattutto il ritiro nella propria intimità domestica col fine di dedicarsi alla letteratura (''[[De officiis]],'' III, 1). In questo caso, il modello petrarchesco è affine a quello [[Stoicismo|stoicheggiante]] dell'oratore romano. Si veda il riassunto operato da {{Cita|Laidlaw |pp. 42-52}} che ripercorre la concezione all'interno della letteratura latina. Per Cicerone, nello specifico si vedano le pagine {{Cita|Laidlaw|pp. 44-47}}.</ref>, Petrarca la riprende rivestendola però di un significato diverso: non più riposo assoluto, ma attività intellettuale nella tranquillità di un rifugio appartato, solitario ove potersi concentrare e portare, poi, agli uomini il messaggio morale nato da questo ritiro. Questo ritiro, come è esposto nei trattati ascetici del ''De vita solitaria'' e del ''De otio religioso'', è vicino, per sensibilità del Petrarca, ai ritiri ascetico-spirituali dei [[Padri della Chiesa]], dimostrando quindi come l'attività letteraria sia, nel contempo, fortemente intrisa di carica religiosa<ref name="Gug177">{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 177}}.</ref>.
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[[File:Francesco Petrarca2.jpg|thumb|Andrea Leoni, ''statua di Francesco Petrarca'', [[Galleria degli Uffizi|Loggiato degli Uffizi]], [[Firenze]]. ]]
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== Opere ==
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==== ''L'Africa'' ====
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==== Il ''Bucolicum carmen'' ====
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==== Le ''Epistolae metricae'' ====
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==== I ''Psalmi penitentiales'' ====
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=== Opere latine in prosa ===
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==== Il ''De viris illustribus'' ====
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==== I ''Rerum memorandarum libri'' ====
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considerato il precursore dell'umanesimo e uno dei fondamenti della letteratura italiana, soprattutto grazie alla sua opera più celebre, il ''Canzoniere'', patrocinato quale modello di eccellenza stilistica da Pietro Bembo nei primi del Cinquecento.
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==== Il ''Secretum'' ====
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Uomo moderno, slegato ormai dalla concezione della patria come ''mater'' e divenuto cittadino del mondo, Petrarca rilanciò, in ambito filosofico, l'agostinismo in contrapposizione alla scolastica e operò una rivalutazione storico-filologica dei classici latini. Fautore dunque di una ripresa degli ''studia humanitatis'' in senso antropocentrico (e non più in chiave assolutamente teocentrica), Petrarca (che ottenne la laurea poetica a Roma nel 1341) spese l'intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica e patristica attraverso l'imitazione dei classici, offrendo un'immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi. La storia medesima del ''Canzoniere'', infatti, è più un percorso di riscatto dall'amore travolgente per Laura de Noves che una storia d'amore, e in quest'ottica si deve valutare anche l'opera latina del ''Secretum''.
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==== Il ''De vita solitaria'' ====
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Le tematiche e la proposta culturale petrarchesca, oltre ad aver fondato il movimento culturale umanistico, diedero avvio al fenomeno del ''petrarchismo'', teso ad imitare stilemi, lessico e generi poetici propri della produzione lirica volgare dell'Aretino.
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==Pensiero e poetica==
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[[File:Francesco Petrarca nello studio.JPG|thumb|Anonimo, ''Francesco Petrarca nello studium'', affresco murale, ultimo quarto del secolo XIV, Reggia Carrarese, Sala dei Giganti, Padova.]]
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==== Il ''De otio religioso'' ====
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===Il messaggio petrarchesco===
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==== Il ''De remediis utriusque fortunae'' ====
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====Il concetto di ''humanitas''====
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Petrarca, fin dalla giovinezza, manifestò sempre un'insofferenza innata nei confronti della cultura a lui coeva. Come già ricordato nella sezione biografica, la sua passione per l'agostinismo da un lato, e per i classici latini "liberati" dalle interpretazioni allegoriche medievali dall'altro, pongono Petrarca come l'iniziatore dell'umanesimo che, nel corso del XV secolo, si svilupperà prima in Italia, e poi nel resto d'Europa<ref>Ricchissima la bibliografia al proposito: si ricordino i libri citati in bibliografia; i saggi curati da Giuseppe Billanovich (tra cui l'opera sua più importante), uno dei maggiori studiosi del Petrarca.</ref>. Nel ''De remediis utriusque fortune'', ciò che interessa maggiormente a Petrarca è l'''humanitas'', cioè l'insieme delle qualità che danno fondamento ai valori più  umani della vita, con un'ansia di meditazione e di ricerca tra erudita ed esistenziale intesa ad indagare l'anima in tutte le sue sfaccettature. Di conseguenza, Petrarca pone al centro della sua riflessione intellettuale l'essere umano, spostando l'attenzione dall'assoluto teocentrismo (tipico della cultura medievale) all'antropocentrismo moderno.
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==== ''Invectivarum contra medicum quendam libri IV'' ====
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====Petrarca e i classici====
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Fondamentale, nel pensiero petrarchesco, è la riscoperta dei classici. Già conosciuti nel Medioevo, erano stati oggetto però di una rivisitazione in chiave cristiana, che non teneva quindi conto del contesto storico-culturale in cui le opere erano state scritte. Per esempio, la figura di Virgilio fu vista come quella di un mago/profeta, capace di adombrare, nell'''Ecloga IV'' delle ''Bucoliche'', la nascita di Cristo, anziché quella di Asinio Gallo, figlio del politico romano Asinio Pollione: un'ottica che Dante accolse pienamente nel Virgilio della ''Commedia''. Petrarca, rispetto ai suoi contemporanei, rifiuta il travisamento dei classici operato fino a quel momento, ridando loro quella patina di storicità e di inquadramento culturale necessaria per stabilire con essi un colloquio costante, come fece nel libro XXIV delle ''Familiares:''
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==== ''De sui ipsius et multorum ignorantia'' ====
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Oltre alle epistole, all'''Africa'' e al ''De viris illustribus'', Petrarca operò tale riscoperta attraverso il metodo filologico da lui ideato tra il 1325 e il 1337 e la ricostruzione dell'opera liviana e la composizione del ''Virgilio ambrosiano''. Altro aspetto da cui traspare questo innovativo approccio alle fonti e alle testimonianze storico-letterarie si avverte, anche, nell'ambito della numismatica, della quale Petrarca è ritenuto il precursore.
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==== ''Invectiva contra cuiusdam anonimi Galli calumnia'' ====
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=====La ricostruzione delle ''Decadi liviane''=====
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[[File:Simone Martini - Petrarch's Virgil, title page - WGA21445.jpg|thumb|Primo foglio del ''Virgilio ambrosiano'' di Petrarca, miniato da Simone Martini e conservato presso la Pinacoteca Ambrosiana di Milano.]]
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Per quanto riguarda la prima opera, Petrarca decise di riunire le varie decadi (cioè i libri di cui l'opera è composta) allora conosciute (I, III e IV decade) in un unico codice, l'attuale ''codice Harleiano 2193'', conservato ora al British Museum di Londra. Il giovane Petrarca si dedicò a quest'opera di collazione per cinque anni, dal 1325 al 1330, grazie ad un lavoro di ricerca e di enorme pazienza<ref>Per la datazione cronologica: «Il Petrarca formò tra i venti e i venticinque anni il Livio Harleiano»; e ''Ivi'', p. 330: «Le scoperte e i restauri degli ''Ab Urbe condita'' eseguiti dal Petrarca sul palcoscenico europeo di Avignone press'a poco tra il 1325 e il 1330...»</ref>. Nel 1326, Petrarca prese la terza decade (tramandata da un manoscritto risalente al XIII secolo), correggendola e integrandola ora con un manoscritto veronese del X secolo vergato dal dotto vescovo Raterio, ora con una lezione conservata nella Biblioteca Capitolare della Cattedrale di Chartres, il ''Parigino Latino 5690'' acquistato dal vecchio canonico Landolfo Colonna, contenente anche la quarta decade. Quest'ultima fu poi corretta su di un codice risalente al secolo precedente e appartenuto al preumanista padovano Lovato Lovati (1240-1309). Infine, dopo aver raccolto anche la prima decade, Petrarca poté procedere a riunire gli sparsi lavori di recupero nel 1330.
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=====Il ''Virgilio Ambrosiano''=====
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L'impresa riguardante la costruzione del ''Virgilio ambrosiano'' è invece molto più complessa. Iniziato già quand'era in vita il padre Petracco, il lavoro di collazione portò alla nascita di un codice composto di 300 fogli manoscritti che conteneva l''<nowiki/>'omnia'' virgiliana (''Bucoliche'', ''Georgiche'' ed ''Eneide'' commentati dal grammatico Servio del VI secolo), al quale furono aggiunte quattro ''Odi'' di Orazio e l'''Achilleide'' di Stazio. Le vicende di tale manoscritto sono assai travagliate. Sottrattogli nel 1326 dagli esecutori testamentari del padre, il ''Virgilio ambrosiano'' verrà recuperato solo nel 1338, data in cui Petrarca commissionò al celebre pittore Simone Martini una serie di miniature che lo abbellirono esteticamente. Alla morte del Petrarca il manoscritto finì nella biblioteca dei Carraresi a Padova, tuttavia, nel 1388, Gian Galeazzo Visconti conquistò Padova ed il codice fu inviato, insieme ad altri manoscritti del Petrarca, a Pavia, nella Biblioteca Visconteo-Sforzesca situata nel castello di Pavia. Nel 1471 Galeazzo Maria Sforza ordinò al castellano di Pavia di prestare, per 20 giorni, il manoscritto allo zio Alessandro signore di Pesaro, poi il Virgilio Ambrosiano tornò a Pavia. Nel 1499, Luigi XII conquistò il Ducato di Milano e la biblioteca Visconteo-Sforzesca venne trasferita in Francia, dove ancora si conservano, nella Bibliothèque nationale de France, circa 400 manoscritti provenienti da Pavia. Tuttavia il Virgilio Ambrosiano fu sottratto al saccheggio francese da un certo Antonio di Pirro. Sappiamo che a fine Cinquecento si trovava a Roma, ed era di proprietà del cardinal Agostino Cusani, fu poi acquistato da Federico Borromeo per l'Ambrosiana.
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=== Raccolte epistolari ===
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''<nowiki/><nowiki/><nowiki/>''
{{Vedi anche|Epistole}}
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=====Legame tra ''oratio'' e ''vita''=====
Di estrema importanza sono le epistole latine. Raccolte "d'autore" delle lettere inviate da Petrarca, disposte in ordine cronologico, le epistole contribuiscono a costruire l'immagine autobiografica che il poeta stesso ha voluto offrire di sé ai posteri e quindi la sua eternizzazione. Basate sul modello ciceroniano-senecano ricavato dalla scoperta delle ''Epistulae ad Atticum'' a Verona del 1345<ref name="PacCap" />, le epistole (che si dividono, a parte la ''Epistola posteritati'' che è rimasta intenzionalmente esclusa dalle raccolte epistolari, nei gruppi delle ''Familiares'', delle ''Seniles'', delle ''Sine nomine'' e delle ''Variae''<ref>{{Cita|Amaturo|pp. 167-168}}.</ref>) spaziano dagli anni bolognesi fino alla fine della vita del Petrarca<ref>Le ''epistolae'' retrodatate al 1345 furono, secondo {{Cita|Santagata|p. 45}}, probabilmente scritte ''ex novo'' perché fossero aderenti al progetto culturale-esistenziale idealizzato dal Petrarca.</ref>. Delle lettere petrarchesche, indirizzate a vari personaggi suoi contemporanei (a [[Ludwig Van Kempen|Ludwig van Kempen]], sotto lo pseudonimo di ''Socrate'', è dedicata la raccolta delle ''Familiares''; a [[Francesco Nelli]], sotto lo pseudonimo di ''Simonide'', sono dedicate le ''Seniles'', iniziate dopo la morte di Ludwig van Kempen nel 1361<ref>{{Cita|Santagata|p. 45}}.</ref>) e, nel caso del XXIV libro delle ''Familiares'', le lettere sono rivolte a vari personaggi dell'antichità. Delle ''Familiares'', è celebre in particolar modo la ''Familiare'' IV, 1 incentrata sull'ascesa del Monte Ventoso.
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La forte vena morale che percorre tutte le opere petrarchesche, sia latine che volgari, tende a trasmettere un messaggio di perfezione morale: il ''Secretum'', il ''De remediis,'' le raccolte epistolari e lo stesso ''Canzoniere'' sono impregnati di questa tensione etica volta a risanare le deviazioni dell'anima attraverso la via della virtù<ref>confrontando Dante, il quale non ha trasmesso ai posteri dati biografici della propria vita, e Petrarca, afferma che quest'ultimo «fornendoci una grande quantità di informazioni dettagliate sulla sua vita quotidiana, vere o false che siano, mira a trasmettere di sé un'immagine concreta».</ref>. Tale applicazione etica negli scritti (l'<nowiki/>''oratio''), però, deve corrispondere alla vita quotidiana (la ''vita'', appunto) se l'umanista vuole trasmettere un'etica credibile ai destinatari. Prova di questo binomio essenziale è, per esempio, la ''Familiare'' XXIV, 3 indirizzata a Marco Tullio Cicerone<ref group="N">Il ventiquattresimo libro delle ''Familiari'' è composto da lettere indirizzate a vari personaggi dell'antichità classica. Per Petrarca, infatti, gli antichi non sono lontani e irraggiungibili: la costante lettura delle loro opere fa sì che Cicerone, Orazio, Seneca, Virgilio vivano attraverso queste ultime, rendendo i rapporti tra Petrarca e i suoi ammirati scrittori classici vicini per la comunanza di sentimento.</ref>. In essa il poeta esprime, in un tono di amarezza e di rabbia al contempo, la scelta dell'oratore romano di essersi allontanato dall'''otium'' letterario di Tuscolo per addentrarsi nuovamente nell'agone politico dopo la morte di Cesare e schierarsi a fianco del giovane Ottaviano contro Marco Antonio, tradendo così i principi etici esposti nei suoi trattati filosofici:
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=== Opere in volgare ===
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[[File:Francesco Petrarca, Rime.jpg|thumb|Francesco Petrarca, ''Rime'', codice membranaceo ms. I 12, c. 1r. conservato al Museo Petrarchesco Piccolomineo, [[Trieste]], risalente ai secoli fine XV, inizio [[XVI secolo|XVI]]. Il particolare riporta il primo [[sonetto]] del ''Canzoniere''.]]
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==== Il ''Canzoniere'' ====
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{{Vedi anche|Canzoniere (Petrarca)}}
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{{Citazione|Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono / di quei sospiri ond’io nudriva ’l core / in sul mio primo giovenile errore / quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono...|Petrarca, ''[[s:Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)/Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono|Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono]]'', prima [[Quartina (metrica)|quartina]] della lirica d'apertura del ''Canzoniere''}}
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Il ''Canzoniere'', il cui titolo originale è ''Francisci Petrarchae laureati poetae Rerum vulgarium fragmenta'', è la storia poetica della vita interiore del Petrarca vicina, per introspezione e tematiche, al ''Secretum''. La raccolta comprende 366 componimenti (365 più uno introduttivo: "Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono"): 317 [[Sonetto|sonetti]], 29 [[Canzone (metrica)|canzoni]], 9 [[sestina|sestine]], 7 [[Ballata (poesia)|ballate]] e 4 [[Madrigale|madrigali]], divisi tra rime ''in vita'' e rime ''in morte'' di Madonna Laura <ref group="N">{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 184}}. I testi sono raccolti nel codice Vaticano Latino 3195, come ricordato da {{Cita|Santagata|pp. 120-121}}. Bisogna ricordare che ''Il Canzoniere'' non raccoglie tutti i componimenti poetici del Petrarca, ma solo quelli che il poeta scelse con grande cura: altre rime (dette ''extravagantes'') andarono perdute o furono incluse in altri manoscritti (''cfr.'' {{Cita|Ferroni|p. 8}}).</ref>, celebrata quale donna superiore, senza però raggiungere il livello della ''donna angelo'' della [[Beatrice Portinari|Beatrice dantesca]]. Difatti, Laura invecchia, subisce il corso del tempo, e non è portatrice di alcun attributo divino nel senso [[Teologia|teologico]] [[Dolce stil novo|stilnovista]]-dantesco<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 185}}.</ref>. Anzi, la storia del ''Canzoniere'', più che la celebrazione di un amore, è il percorso di una progressiva conversione dell'anima: si passa, infatti, ''dal giovanil errore'' (l'amore terreno per Laura) ricordato nel sonetto introduttivo ''Voi ch'ascoltate in rime sparse'', alla canzone ''[[Vergine bella|Vergine bella, che di sol vestita]]'' in cui Petrarca affida la sua anima alla protezione di [[Maria (madre di Gesù)|Maria]] perché trovi finalmente pietà e riposo<ref group="N">L'inquietudine petrarchesca nasce, quindi, dal contrasto tra l'attrazione verso i beni terreni (tra cui l'amore per Laura) e l'aspirazione all'assoluto divino, propria della cultura medievale e della religione cristiana, come ricordato da {{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 186}}.</ref>.
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L'opera, che richiese a Petrarca quasi quarant'anni di continue rivisitazioni stilistiche (da qui la cosiddetta ''limatio'' petrarchesca<ref group="N">Petrarca mantenne, nell'ambito della lirica volgare, quell'aristocraticismo stilistico-lessicale prima accennato, in cui si rifiutano molti usi lemmatici presenti nella tradizione poetica italiana e che Petrarca rifiuterà, accogliendone un preciso gruppo ristretto ed elitario. Come ricorda {{Cita|Marazzini|pp. 220-221}}:{{Citazione|Si delinea una tendenza del linguaggio lirico al 'vago', inteso nel senso di una genericità antirealistica (al contrario di quanto accade nel corposo realismo della ''Commedia''), testimoniato anche dalla polivalenza di certi termini, i quali, come l'aggettivo ''dolce'', entrano in un numero molto grande di combinazioni diverse [...] Eppure la lingua di Petrarca, selezionata e ridotta nelle scelte lessicali, accoglie un buon numero di varianti canonizzando un polimorfismo...in cui si allineano la forma toscana, quella latineggiante, quella siciliana o provenzale...}}</ref>), prima di trovare la forma definitiva subì, secondo gli studi compiuti da Wilkins, ben nove fasi di redazioni, di cui la prima risale al 1336-38, e l'ultima al 1373-74, che è quella contenuta nel codice Vaticano Latino 3195<ref>{{Cita|Ferroni|p. 19}}.</ref>.
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====L'impegno "civile" del letterato====
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La declinazione dell'impegno morale nella vita attiva delinea una vocazione "civile" del letterato. Tale attributo, prima ancora di intendersi come impegno nella vita politica del tempo, dev'essere compreso nella sua declinazione prettamente sociale, quale impegno del letterato nell'aiutare gli uomini contemporanei a migliorarsi costantemente attraverso il dialogo e il senso di carità nei confronti del prossimo<ref>sulla base della ''Familiare'' I, 9, delinea il senso del messaggio umanistico lanciato da Petrarca.</ref>. Oltre ai trattati morali, scritti per questo fine, si deve però anche registrare che cosa significasse per Petrarca, nella sua stessa vita, l'impegno civile. Il servizio presso i potenti di turno (i Colonna, i Da Correggio, i Visconti e poi i Da Carrara) spinse gli amici di Petrarca ad avvertirlo della minaccia che tali regnanti avrebbero potuto costituire per la sua indipendenza intellettuale; egli, però, nella famosa ''Epistola posteritati'' (Epistola ai Posteri), ribadì la sua proclamata indipendenza dagli intrighi di corte.[[File:Altichiero, ritratto di Francesco Petrarca.jpg|thumb|Altichiero, ''Ritratto di Francesco Petrarca'', dal ms. lat. 6069 f della Bibliotèque Nationale de France (Parigi), contenente il ''De viris illustribus.'']]Nonostante l'intento autocelebrativo proprio dell'''Epistola,'' Petrarca rimarca il fatto che i potenti vollero averlo di fianco a sé per questioni di prestigio, facendo sì che il poeta finisse «per non identificarsi mai fino in fondo con le loro prese di posizioni». Il legame con le corti signorili, scelte per motivazioni economiche e di protezione, gettò pertanto le basi per la figura dell'intellettuale cortigiano, modello per gli uomini di cultura nei secoli successivi. Se Dante, costretto a vagare per le corti dell'Italia centro-settentrionale, soffrì sempre per la lontananza da Firenze<ref>Si ricordino i celebri versi di ''Pd' XVII, 58-60, in cui l'avo Cacciaguida gli profetizza la durezza dell'esilio: ''Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale</ref>, Petrarca fondò, con la sua scelta di vita, il modello dell'intellettuale cosmopolita, segnando così il tramonto dell'ideologia comunale che era stata fondamento della sensibilità dantesca prima, e che in parte fu propria del contemporaneo Boccaccio.
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==== I ''Trionfi'' ====
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====L'''otium'' letterario====
{{Vedi anche|I Trionfi}}
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Altra caratteristica propria dell'intellettuale petrarchesco è l'''otium'', vale a dire il riposo. Parola latina indicante, in generale, il riposo dei patrizi romani dalle attività proprie del ''negotium''<ref group="N">L'<nowiki/>''Otium'' degli antichi romani non consisteva unicamente nel riposo dagli impegni quotidiani, indicati sotto il sostantivo di ''negotium''. Per Cicerone, l'''otium'' non era soltanto il riposo dalle attività forensi e politiche, ma soprattutto il ritiro nella propria intimità domestica col fine di dedicarsi alla letteratura (''De officiis,'' III, 1). In questo caso, il modello petrarchesco è affine a quello stoicheggiante dell'oratore romano. </ref>, Petrarca la riprende rivestendola però di un significato diverso: non più riposo assoluto, ma attività intellettuale nella tranquillità di un rifugio appartato, solitario ove potersi concentrare e portare, poi, agli uomini il messaggio morale nato da questo ritiro. Questo ritiro, come è esposto nei trattati ascetici del ''De vita solitaria'' e del ''De otio religioso'', è vicino, per sensibilità del Petrarca, ai ritiri ascetico-spirituali dei Padri della Chiesa, dimostrando quindi come l'attività letteraria sia, nel contempo, fortemente intrisa di carica religiosa.
I "Trionfi" (la titolazione originale è in [[lingua latina|latino]], ''Triumphi'') sono un [[poema|poemetto]] [[allegoria|allegorico]] in [[lingua italiana|volgare toscano]], in [[terzina dantesca|terzine dantesche]], incominciato da Petrarca nel [[1351]], durante il periodo milanese, e mai portato a termine.  
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[[File:Francesco Petrarca2.jpg|thumb|Andrea Leoni, ''statua di Francesco Petrarca'', Loggiato degli Uffizi, Firenze. ]]
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Il poema è ambientato in una dimensione onirica e irreale (strettissimo, per scelta metrica e tematica, è il legame con la [[Divina Commedia|''Comedia'']]): Petrarca viene visitato da [[Eros|Amore]], che gli mostra tutti gli uomini illustri che hanno ceduto alle passioni del cuore (''Triumphus Cupidinis''). Annoverato tra questi ultimi, Petrarca verrà poi liberato da Laura, simboleggiante la Pudicizia (''Triumphus Pudicitie''), che cadrà poi per mano della Morte (''Triumphus Mortis''). Petrarca scoprirà dalla stessa Laura, apparsagli in sogno, che ella si trova nella [[Paradiso|beatitudine celeste]], e che egli stesso potrà contemplarla nella gloria divina soltanto dopo che la morte lo avrà liberato dal corpo caduco in cui si ritrova.
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La Fama poi sconfigge la morte (''Triumphus Fame'') e celebra il proprio trionfo, accompagnata da Laura e da tutti i più celebri personaggi della storia antica e recente.  Il moto rapido del sole suggerisce al poeta alcune riflessioni sulla vanità della fama terrena, cui fa seguito una vera e propria visione, nella quale al poeta appare il [[Tempo]] trionfante (''Triumphus Temporis'').  Infine il poeta, sbigottito per la precedente visione, è confortato dal suo stesso cuore, che gli dice di confidare in Dio: gli appare allora l'ultima visione, un «mondo novo, in etate immobile ed eterna», un mondo al di fuori del tempo dove trionferanno i beati e dove un giorno Laura gli riapparirà, questa volta per sempre (''Triumphus Eternitatis'').
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==Opere==
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== Fortuna e critica letteraria ==
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*''L'Africa''
[[File:Leonardo Bruni 2.jpg|thumb|Ritratto di Leonardo Bruni.]]
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*Il ''Bucolicum carmen''
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*Le ''Epistolae metricae''
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*I ''Psalmi penitentiales''
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=== L'età dell'umanesimo ===
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===Opere latine in prosa===
{{Vedi anche|Umanesimo rinascimentale}}Già quand'era in vita Petrarca fu riconosciuto immediatamente quale maestro e guida per tutti coloro che volevano intraprendere lo studio delle discipline umanistiche. Grazie ai suoi numerosi viaggi in tutta Italia, gettò il seme del suo messaggio presso i principali centri della [[Penisola italiana|Penisola]], in particolar modo a Firenze. Qui, oltre ad aver conquistato alla causa dell'umanesimo Giovanni Boccaccio (autore, tra l'altro, di un ''De vita et moribus domini Francisci Petracchi de Florentia''<ref name=":10">{{Cita|Ariani|p. 358}}.</ref>), Petrarca trasmise la sua passione a [[Coluccio Salutati]], dal 1375 [[cancelliere]] della [[Repubblica di Firenze]] e vero ''trait d'union'' tra la generazione petrarchesco-boccacciana e quella attiva nella prima metà del XV secolo<ref>{{Cita|Dionisotti}}: «[Salutati] fu per trent'anni, dopo la morte del Petrarca e del Boccaccio, il più autorevole umanista italiano, unico erede di quei grandi.»</ref>. Coluccio, infatti, fu il maestro di due dei principali umanisti del '400: [[Poggio Bracciolini]], il più grande scopritore di codici latini del secolo ed esportatore dell'umanesimo a Roma; e [[Leonardo Bruni]], il più notevole rappresentante dell'umanesimo civile insieme al maestro Salutati. Fu il Bruni a consolidare la fama di Petrarca, allorché nel 1436 redasse una ''Vita di Petrarca''<ref>{{Cita|Dionisotti, 1970}}: «Dopo lungo intervallo, probabilmente nel 1436, il B[occaccio] compose in volgare una succinta vita di D[ante], cui fece seguire un'assai più succinta vita del Petrarca e un conclusivo paragone fra i due poeti.»</ref>, seguita da quelle di [[Filippo Villani]], [[Giannozzo Manetti]], [[Sicco Polenton]] e [[Pier Paolo Vergerio il vecchio|Pier Paolo Vergerio]]<ref name=":10" />.
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Oltre a Firenze, i soggiorni del poeta in [[Ducato di Milano|Lombardia]] e a [[Repubblica di Venezia|Venezia]] favorirono la nascita di movimenti culturali locali destinati a declinare i princìpi umanistici a seconda delle esigenze della classe politica locale: a Milano, dove operarono letterati del calibro di [[Pier Candido Decembrio]] e di [[Francesco Filelfo]], nacque un [[Umanesimo lombardo|umanesimo cortigiano]] destinato a diventare il prototipo per tutte le corti principesche italiane<ref name="Cita|Cappelli|pp. 227-250">{{Cita|Cappelli|pp. 227-250}}.</ref>; a Venezia si diffuse, invece, un umanesimo educativo destinato a formare la nuova classe dirigente della Serenissima, grazie all'attività di [[Leonardo Giustinian]] e di [[Francesco Barbaro (politico)|Francesco Barbaro]] prima, e di [[Ermolao Barbaro il Vecchio|Ermolao ''il Vecchio'']] e dell'[[Ermolao Barbaro il Giovane|omonimo detto ''il Giovane'']] poi<ref name="Cita|Cappelli|pp. 227-250"/>.
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*Il ''De viris illustribus''
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*I ''Rerum memorandarum libri''
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*Il ''Secretum''
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*Il ''De vita solitaria''
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*Il ''De otio religioso''
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*Il ''De remediis utriusque fortunae''
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*''Invectivarum contra medicum quendam libri IV''
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*''De sui ipsius et multorum ignorantia''
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*''Invectiva contra cuiusdam anonimi Galli calumnia''
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[[File:Andrea del Sarto - Dama col - Google Art Project.jpg|thumb|[[Andrea del Sarto]], ''Dama col petrarchino'', [[Pittura a olio|olio su tela]], 1528, [[Galleria degli Uffizi]], [[Firenze]]. La datazione del dipinto mostra come già pochissimi anni dopo la promozione [[Pietro Bembo|bembiana]] il nome di Petrarca fosse divenuto già assai rinomato presso i lirici e gli appassionati di letteratura.]]
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===Raccolte epistolari===
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=== Pietro Bembo e il petrarchismo ===
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===Opere in volgare===
{{Vedi anche|Pietro Bembo|Petrarchismo}}Se nel '400 Petrarca era visto soprattutto come capostipite della rinascita delle lettere antiche, grazie al letterato e cardinale veneziano Pietro Bembo divenne anche il modello del cosiddetto ''classicismo volgare'', definendo una tendenza che si stava progressivamente già delineando nella lirica italiana<ref group="N">{{Cita|Di Benedetto|p. 170}}. Si ricorda anche che, seppur in forma minore, era presente nel mondo letterario italiano del '400 anche un'ammirazione verso il Petrarca volgare, come testimoniato dalle edizioni a stampa del ''Canzoniere'' e dei ''Trionfi'' uscite nel 1472 dalla bottega dei padovani Bartolomeo Valdezocco e Martino “de Septem Arboribus” (''cfr.'' {{Cita|Ente Nazionale Francesco Petrarca|titolo=Culto petrarchesco a Padova}}.).</ref>. Difatti Bembo, nel dialogo ''[[Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua|Prose della volgar lingua]]'' del 1525, sostenne la necessità di prendere come modelli stilistici e linguistici Petrarca per la lirica, Boccaccio invece per la prosa, scartando Dante per il suo plurilinguismo che lo rendeva difficilmente accessibile:
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{{Citazione|Requisito necessario per la nobilitazione del volgare era dunque un totale rifiuto della popolarità. Ecco perché Bembo non accettava integralmente il modello della ''Commedia'' di Dante, di cui non apprezzava le discese verso il basso nelle quali noi moderni riconosciamo un accattivante mistilinguismo. Da questo punto di vista, il modello del ''Canzoniere'' di Petrarca non presentava difetti, per la sua assoluta selezione linguistico-lessicale.|{{Cita|Marazzini|p. 265}}}}
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*Il ''Canzoniere''
[[File:G. Contini.jpeg|miniatura|Gianfranco Contini, grande estimatore di Francesco Petrarca e suo commentatore nel XX secolo.]]
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*I ''Trionfi''
La proposta bembiana risultò, nelle diatribe relative alla [[questione della lingua]], quella vincente. Già negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione delle ''Prose'', si diffuse presso i circoli poetici italiani una passione per le tematiche e lo stile della poesia petrarchesca (stimolata anche dal commento al ''Canzoniere'' di Alessandro Vellutello del 1525<ref>{{Cita|Di Benedetto|p. 174}}.</ref>), chiamata poi ''petrarchismo'', favorita anche dalla diffusione dei ''petrarchini'', cioè edizioni tascabili del ''Canzoniere''<ref name="Praz">Si veda la voce enciclopedica curata da {{Cita|Praz}} e {{Cita|Di Benedetto|p. 177}}.</ref>.
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=== Dal Seicento ai giorni nostri ===
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A fianco del petrarchismo, però, si sviluppò anche un movimento avverso alla canonizzazione poetica operata dal Bembo: prima nel corso del Cinquecento, allorché letterati come [[Francesco Berni]] e [[Pietro Aretino]] svilupparono polemicamente il fenomeno dell'''antipetrarchismo''; poi, nel corso del [[XVII secolo|Seicento]], la temperie [[Barocco|barocca]], ostile all'idea di classicismo in nome della libertà formale, declassò il valore dell'opera petrarchesca. Riabilitato parzialmente nel corso del [[XVIII secolo|Settecento]] da [[Ludovico Antonio Muratori]], Petrarca ritornò pienamente in auge in seno alla temperie [[Romanticismo|romantica]], quando [[Ugo Foscolo]] prima e [[Francesco De Sanctis]] poi, nelle loro lezioni universitarie di letteratura tenute dal primo a Pavia, e dal secondo a Napoli e a [[Zurigo]], furono in grado di operare un'analisi complessiva della produzione petrarchesca e ritrovarne l'originalità<ref>{{Cita|Ariani|pp. 362-364}}.</ref>. Dopo gli studi compiuti da [[Giosuè Carducci]] e dagli altri membri della ''[[Scuola storica (letteratura)|Scuola storica]]'' compiuti tra fine [[XIX secolo|'800]] e inizi [[XX secolo|'900]], il secolo scorso vide, per l'area italiana, [[Gianfranco Contini]] e [[Giuseppe Billanovich]] tra i maggiori studiosi del Petrarca.
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== Note ==
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==Note==
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<references />
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<references group="N" />
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[[Categoria:Poeta Accreditato Wikipedia]]
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[[Categoria:Poeta]]

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