Dante Alighieri: differenze tra le versioni

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Gli ultimi tre anni di vita trascorsero relativamente tranquilli nella città romagnola, durante i quali Dante creò un cenacolo letterario frequentato dai figli Pietro e Jacopo e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali Pieraccio Tedaldi e Giovanni Quirini. Per conto del signore di Ravenna svolse occasionali ambascerie politiche<ref>«... si può dedurre che il signore di Ravenna volle impegnarlo, e forse più volte, in ambascerie e relazioni cancelleresche, mai in un servizio continuo e ufficiale di segretario...» ({{Cita |Petrocchi|p. 198}}).</ref>, come quella che lo condusse a Venezia. All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle galee ravennati e il doge, infuriato, si alleò con Forlì per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al Senato veneziano. Gli studiosi si sono domandati perché Guido Novello avesse pensato proprio all'ultracinquantenne poeta come suo rappresentante: alcuni ritengono che sia stato scelto Dante per quella missione in quanto amico degli Ordelaffi, signori di Forlì, e quindi in grado di trovare più facilmente una via per comporre le divergenze in campo.
Gli ultimi tre anni di vita trascorsero relativamente tranquilli nella città romagnola, durante i quali Dante creò un cenacolo letterario frequentato dai figli Pietro e Jacopo e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali Pieraccio Tedaldi e Giovanni Quirini. Per conto del signore di Ravenna svolse occasionali ambascerie politiche<ref>«... si può dedurre che il signore di Ravenna volle impegnarlo, e forse più volte, in ambascerie e relazioni cancelleresche, mai in un servizio continuo e ufficiale di segretario...» ({{Cita |Petrocchi|p. 198}}).</ref>, come quella che lo condusse a Venezia. All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle galee ravennati e il doge, infuriato, si alleò con Forlì per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al Senato veneziano. Gli studiosi si sono domandati perché Guido Novello avesse pensato proprio all'ultracinquantenne poeta come suo rappresentante: alcuni ritengono che sia stato scelto Dante per quella missione in quanto amico degli Ordelaffi, signori di Forlì, e quindi in grado di trovare più facilmente una via per comporre le divergenze in campo.


==Il pensiero==
<nowiki/>''<nowiki/><nowiki/><nowiki/>''<nowiki/><nowiki/>''<nowiki/>'''''<nowiki/>'''
[[File:DanteFresco.jpg|miniatura|Andrea del Castagno'', Dante Alighieri'', ne ''Ciclo degli uomini e donne illustri'', affresco, tra il 1448 e il 1451, Galleria degli Uffizi, Firenze|alt=]]


===Il ruolo del ''volgare'' e l'ottica "civile" della letteratura===
== '''Le opere''' ==
Il ruolo della lingua volgare, definita da Dante nel ''De Vulgari'' come ''Hec est nostra vera prima locutio''<ref>[https://la.wikisource.org/wiki/De_Vulgari_Eloquentia ''De Vulgari Eloquentia'' I, II 1]
</ref> («il nostro primo vero linguaggio», nella traduzione italiana), fu fondamentale per lo sviluppo del suo programma letterario. Con Dante, infatti, il volgare assunse lo stato di lingua colta e letteraria, grazie alla ferrea volontà, da parte del poeta fiorentino, di trovare un veicolo linguistico comune tra gli italiani, perlomeno tra i governanti. Egli, nei primi passi del ''De Vulgari'', esporrà chiaramente la sua predilezione per la lingua colloquiale e materna rispetto a quella latina, finta e artificiale.
 
Proposito della produzione letteraria volgare dantesca è infatti quella di essere fruibile da parte del pubblico dei lettori, cercando di abbattere il muro tra i ceti colti (abituati a interagire fra di loro in latino) e quelli più popolari, affinché anche questi ultimi potessero apprendere contenuti filosofici e morali fino ad allora relegati nell'ambiente accademico. Si ha quindi una visione della letteratura intesa come strumento al servizio della società, come verrà esposto programmaticamente nel ''Convivio.''
 
Alla scelta di Dante di utilizzare la lingua volgare per scrivere alcune delle sue opere possono avere influito notevolmente le opere di Andrea da Grosseto, letterato del Duecento che utilizzava la lingua volgare da lui parlata, il dialetto grossetano dell'epoca, per la traduzione di opere prosaiche in latino, come i trattati di Albertano da Brescia.
 
===La poetica===
====Il «plurilinguismo» dantesco====
Con questa felice espressione, il critico letterario Gianfranco Contini ha individuato la straordinaria versatilità di Dante, all'interno delle ''Rime'', nel saper usare più registri linguistici con disinvoltura e grazia armonica. Come già esposto prima, Dante manifesta un'aperta curiosità per la struttura "genetica" della lingua materna degli italiani, concentrandosi sulle espressioni dell'eloquio quotidiano, sui motti e battute più o meno raffinate. Questa tendenza a inquadrare la ricchezza testuale della lingua materna spinge il letterato fiorentino a realizzare un affresco variopinto finora mai creato nella lirica volgare italiana, come esposto lucidamente da Giulio Ferroni.
====Dalle rime «amorose» a quelle «petrose»====
Dopo la fine dell'esperienza amorosa, Dante si concentrò sempre più su una poesia caratterizzata dalla riflessione filosofico-politica, che assumerà tratti duri e sofferenti nelle rime della seconda metà degli anni novanta, chiamate anche rime «petrose», in quanto incentrate sulla figura di una certa «donna petra», completamente antitetica alle "''donne che avete intelletto d'Amore"''. Opere
 
'''''Il Fiore'' e ''Detto d'Amore'''''
 
Due opere poetiche in volgare di argomento, lessico e stile affini e collocate in un periodo cronologico che va dal 1283 al 1287, sono state attribuite con una certa sicurezza a Dante dalla critica novecentesca, soprattutto a partire dal lavoro del filologo dantesco Gianfranco Contini<ref name="Cont1970" />.
 
'''''Le Rime'''''
 
''Le Rime'' sono una raccolta messa insieme e ordinata da moderni editori, che riunisce il complesso della produzione lirica dantesca dalle prove giovanili a quelle dell'età matura (le prime sono datate intorno al 1284).
 
'''''Vita Nova'''''
 
La ''Vita Nova'' può essere considerata il "romanzo" autobiografico di Dante, in cui si celebra l'amore per Beatrice, presentata con tutte le caratteristiche proprie dello stilnovismo dantesco. Racconto della vita spirituale e della evoluzione poetica del Poeta, resa come ''exemplum'', la ''Vita nova'' è un prosimetro (brano caratterizzato dall'alternanza tra prosa e versi) e risulta strutturata in quarantadue (o trentuno)<ref>
===''Convivio''===
Il ''[[Convivio]]'' (scritta tra il [[1303]] e il [[1308]]) dal latino ''convivium'', ovvero "banchetto" (di sapienza), è la prima delle opere di Dante scritta subito dopo il forzato allontanamento di [[Firenze]] ed è il grande manifesto del fine "civile" che la letteratura deve avere nel consorzio umano. L'opera consiste in un commento a varie canzoni dottrinali poste all'''[[incipit]]'', una vera e propria [[enciclopedia]] dei saperi più importanti per coloro che vogliano dedicarsi all'attività pubblica e civile senza aver compiuto gli studi regolari. È pertanto scritta in volgare per essere appunto capita da chi non ha avuto la possibilità in precedenza di studiare il [[Lingua latina|latino]].
 
===''De vulgari eloquentia''===
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[[File:De vulgari eloquentia.tif|miniatura|Una copia del 1577 del ''De vulgari eloquentia''.]]
 
Contemporaneo al ''Convivio'', il ''De vulgari eloquentia'' è un [[Trattato (letteratura)|trattato]] in latino scritto da Dante tra il [[1303]] e il [[1304]]. Composto da un primo libro intero e da 14 capitoli del secondo libro, era inizialmente destinato a comprendere quattro libri. Pur affrontando il tema della lingua volgare, fu scritto in latino perché gli interlocutori a cui Dante si rivolse appartenevano all'élite culturale del tempo, che forte della tradizione della letteratura classica riteneva il latino senz'altro superiore a qualsiasi volgare, ma anche per conferire alla lingua volgare una maggior dignità: il latino era infatti usato soltanto per scrivere di [[legge]], [[religione]] e trattati internazionali, cioè argomenti della massima importanza. Dante si lanciò in un'appassionata difesa del volgare, dicendo che meritava di diventare una lingua illustre in grado di competere se non uguagliare la lingua di [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], sostenendo però che per diventare una lingua in grado di trattare argomenti importanti il volgare doveva essere:
 
*''illustre'' (in quanto luminoso e quindi capace di dare lustro a chi ne fa uso nello scritto);
*''cardinale'' (tale che intorno a esso ruotassero come una porta intorno al cardine, i volgari regionali);
*''aulico'' (reso nobile dal suo uso dotto, tale da esser parlato nella reggia);
*''curiale'' (come linguaggio delle corti italiane, e da essere adoperato negli atti politici di un sovrano).
 
Con tali termini intendeva l'assoluta dignità del volgare anche come lingua letteraria, non più come lingua esclusivamente popolare. Dopo avere ammesso la grande dignità del [[Scuola siciliana|siciliano illustre]], la prima lingua letteraria assunta a dignità nazionale, passa in rassegna tutti gli altri volgari italiani trovando nell'uno alcune, nell'altro altre delle qualità che sommate dovrebbero costituire la lingua italiana. Dante vede nell'italiano la ''[[Pantera profumata|panthera redolens]]'' dei bestiari medievali, animale che attrae la sua preda (qui lo scrittore) con il suo irresistibile profumo, che Dante sente in tutti i volgari regionali, e in particolare nel siciliano, senza però riuscire mai a vederla materializzarsi: manca in effetti ancora una lingua italiana utilizzabile in tutti i suoi registri, da tutti gli strati della popolazione della penisola italica. Per farla riapparire era dunque necessario attingere alle opere dei letterati italiani finora apparsi, cercando così di delineare un canone linguistico e letterario comune.
 
===''De Monarchia''===
L'opera venne composta in occasione della discesa in Italia dell'imperatore [[Enrico VII di Lussemburgo]] tra il 1310 e il 1313. Si compone di tre libri ed è la [[summa]] del pensiero politico dantesco.
 
===''Commedia''===
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La ''Comedìa'' — titolo originale dell'opera: successivamente [[Giovanni Boccaccio]] attribuì l'aggettivo "Divina" al poema dantesco — è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale. Viene definita "comedia" in quanto scritta in stile "comico", ovvero non aulico. Un'altra interpretazione si fonda sul fatto che il poema inizia da situazioni piene di dolore e paura e finisce con la pace e la sublimità della visione di Dio. Dante iniziò a lavorare all'opera intorno al [[1300]] ([[Giubileo universale della Chiesa cattolica|anno giubilare]], tanto che egli data al 7 aprile di quell'anno il suo viaggio nella ''selva oscura'') e la continuò nel resto della vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava<nowiki><ref>Secondo una notizia tramandata dal Boccaccio, da Benvenuto e dall'anonimo fiorentino, i primi sette canti sarebbero stati composti a Firenze prima dell'esilio. Rimasti a Firenze e ritrovati da sua moglie, sarebbero stati consegnati al poeta durante il suo soggiorno in Lunigiana, dove avrebbe ripreso la composizione dell'opera. Sulla questione si veda: </nowiki>{{Cita|Ferretti 1935}} e {{cita|Ferretti 1950|pagine=3-25}}</ref>. Si hanno notizie di copie manoscritte dell'<nowiki/>''Inferno'' intorno al 1313, mentre il ''Purgatorio'' fu pubblicato nei due anni successivi. Il ''Paradiso''', '''''iniziato forse nel 1316, fu pubblicato man mano che si completavano i canti negli ultimi anni di vita del poeta. Il poema è diviso in tre libri o ''cantiche'', ciascuno formato da 33 canti (tranne l'Inferno che ne presenta 34, poiché il primo funge da proemio all'intero poema) e a cui corrispondono i tre stili della ''Rota Vergilii''<ref>Si guardi la sezione dedicata allo stile.</ref>; ogni canto si compone di terzine di endecasillabi (la terzina dantesca).[[File:Alighieri - Divina Commedia, Nel mille quatro cento septe et due nel quarto mese adi cinque et sei - 2384293 id00022000 Scan00006.jpg|miniatura|''Divina Commedia'', 1472.]]
'''''La Commedia'''''
La ''Commedia'' tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, ben lontana dalla pedante poesia didattica medievale, ma intrisa di una spiritualità cristiana nuova che si mescola alla passione politica e agli interessi letterari del poeta. Si narra di un viaggio immaginario nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno, compiuto dal poeta stesso, quale "simbolo" dell'umanità, sotto la guida della ragione e della fede. Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il ''Paradiso'', rappresenta, sotto metafora, anche il difficile processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti municipali per far assurgere il volgare fiorentino al di sopra delle altre varianti del volgare italiano, arricchiendolo nel contempo con il loro contatto''.'' Dante è accompagnato sia nell''<nowiki/>'Inferno'' che nel ''Purgatorio'' dal suo maestro Virgilio; in ''Paradiso'' da Beatrice e, infine, da san Bernardo.
''<nowiki/><nowiki/>''<nowiki/><nowiki/>''<nowiki/>''
'''Le Epistole e l'<nowiki/>''Epistola XIII a Cangrande della Scala'''''
Ruolo rilevante hanno le 13 ''Epistole'' scritte da Dante durante gli anni dell'esilio. Tra le principali epistole, incentrate principalmente su questioni politiche (relative alla discesa di Arrigo VII) e religiose (lettera indirizzata ai cardinali italiani riuniti, nel 1314, per eleggere il successore di Clemente V). L'''Epistola XIII a Cangrande della Scala'', risalente agli anni tra il 1316 e 1320, è l'ultima e la più rilevante delle epistole attualmente conservate (benché si dubiti in parte della sua autenticità). Essa contiene la dedica del ''Paradiso'' al signore di Verona, nonché importanti indicazioni per la lettura della ''Commedia'': il soggetto (la condizione delle anime dopo la morte), la pluralità dei sensi, il titolo (che deriva dal fatto che inizia in modo aspro e triste e si conclude con il lieto fine), la finalità dell'opera che non è solo speculativa, ma pratica poiché mira a rimuovere i viventi dallo stato di miseria per portarli alla felicità.
'''''Egloghe'''''
Le ''Egloghe'' sono due componimenti di carattere bucolico scritti in lingua latina tra il 1319 e il 1321 a Ravenna, facenti parte di una corrispondenza con Giovanni del Virgilio, intellettuale bolognese, i cui due componimenti finiscono sotto il titolo di ''Egloga I'' e ''Egloga III'', mentre quelli danteschi sono l'''Egloga II'' e ''Egloga IV''.
==Note==
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<references />
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[[Categoria:Poeta Accreditato Wikipedia]]
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