Dante Alighieri: differenze tra le versioni

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Dante, per motivi ancora sconosciuti, si allontanò da Verona per approdare, nel 1318, a Ravenna, presso la corte di Guido Novello da Polenta. I critici hanno cercato di comprendere le cause dell'allontanamento di Dante dalla città scaligera, visti gli ottimi rapporti che intercorrevano tra Dante e Cangrande. Augusto Torre ipotizzò una missione politica a Ravenna, affidatagli dallo stesso suo protettore altri pongono le cause in una crisi momentanea tra Dante e Cangrande, oppure nell'attrattiva di far parte di una corte di letterati tra i quali il signore stesso (cioè Guido Novello), che si professava tale. Tuttavia, i rapporti con Verona non cessarono del tutto, come testimoniato dalla presenza di Dante nella città veneta il 20 gennaio 1320, per discutere la ''Quaestio de aqua et terra'', l'ultima sua opera latina.
Dante, per motivi ancora sconosciuti, si allontanò da Verona per approdare, nel 1318, a Ravenna, presso la corte di Guido Novello da Polenta. I critici hanno cercato di comprendere le cause dell'allontanamento di Dante dalla città scaligera, visti gli ottimi rapporti che intercorrevano tra Dante e Cangrande. Augusto Torre ipotizzò una missione politica a Ravenna, affidatagli dallo stesso suo protettore altri pongono le cause in una crisi momentanea tra Dante e Cangrande, oppure nell'attrattiva di far parte di una corte di letterati tra i quali il signore stesso (cioè Guido Novello), che si professava tale. Tuttavia, i rapporti con Verona non cessarono del tutto, come testimoniato dalla presenza di Dante nella città veneta il 20 gennaio 1320, per discutere la ''Quaestio de aqua et terra'', l'ultima sua opera latina.


Gli ultimi tre anni di vita trascorsero relativamente tranquilli nella città romagnola, durante i quali Dante creò un [[Salotto letterario|cenacolo letterario]] frequentato dai figli Pietro e Jacopo<ref></ref> e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali [[Pieraccio Tedaldi]] e Giovanni Quirini<ref name="Pet198">{{Cita|Petrocchi|p. 198}}.</ref>. Per conto del signore di Ravenna svolse occasionali ambascerie politiche<ref>«... si può dedurre che il signore di Ravenna volle impegnarlo, e forse più volte, in ambascerie e relazioni cancelleresche, mai in un servizio continuo e ufficiale di segretario...» ({{Cita |Petrocchi|p. 198}}).</ref>, come quella che lo condusse a [[Repubblica di Venezia|Venezia]]. All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle [[Galea|galee]] ravennati<ref name="P221">{{Cita|Petrocchi|p. 221}}.</ref> e il [[Doge (Venezia)|doge]], infuriato, si alleò con [[Forlì]] per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al [[Consiglio dei Pregadi|Senato veneziano]]. Gli studiosi si sono domandati perché Guido Novello avesse pensato proprio all'ultracinquantenne poeta come suo rappresentante: alcuni ritengono che sia stato scelto Dante per quella missione in quanto amico degli [[Ordelaffi]], signori di Forlì, e quindi in grado di trovare più facilmente una via per comporre le divergenze in campo<ref>{{Cita|Dall'Onda|p. 158}}{{citazione|Tale fu la cagione dell'andata di Dante a Venezia che allora parve tanto più opportuna trattandosi di quistioni con gli Ordelaffi, giacché Dante era stato ''notario'' o segretario di Scarpetta Ordelaffi Signore di Forlì circa il 1307.}}
Gli ultimi tre anni di vita trascorsero relativamente tranquilli nella città romagnola, durante i quali Dante creò un cenacolo letterario frequentato dai figli Pietro e Jacopo<ref></ref> e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali Pieraccio Tedaldi e Giovanni Quirini<ref name="Pet198">{{Cita|Petrocchi|p. 198}}.</ref>. Per conto del signore di Ravenna svolse occasionali ambascerie politiche<ref>«... si può dedurre che il signore di Ravenna volle impegnarlo, e forse più volte, in ambascerie e relazioni cancelleresche, mai in un servizio continuo e ufficiale di segretario...» ({{Cita |Petrocchi|p. 198}}).</ref>, come quella che lo condusse a Venezia. All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle galee ravennati<ref name="P221">{{Cita|Petrocchi|p. 221}}.</ref> e il doge, infuriato, si alleò con Forlì per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al Senato veneziano. Gli studiosi si sono domandati perché Guido Novello avesse pensato proprio all'ultracinquantenne poeta come suo rappresentante: alcuni ritengono che sia stato scelto Dante per quella missione in quanto amico degli Ordelaffi, signori di Forlì, e quindi in grado di trovare più facilmente una via per comporre le divergenze in campo<ref>{{Cita|Dall'Onda|p. 158}}{{citazione|Tale fu la cagione dell'andata di Dante a Venezia che allora parve tanto più opportuna trattandosi di quistioni con gli Ordelaffi, giacché Dante era stato ''notario'' o segretario di Scarpetta Ordelaffi Signore di Forlì circa il 1307.}}
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===Il ruolo del ''volgare'' e l'ottica "civile" della letteratura===
===Il ruolo del ''volgare'' e l'ottica "civile" della letteratura===
Il ruolo della [[lingua volgare]], definita da Dante nel ''De Vulgari'' come ''Hec est nostra vera prima locutio''<ref>[https://la.wikisource.org/wiki/De_Vulgari_Eloquentia ''De Vulgari Eloquentia'' I, II 1]
Il ruolo della lingua volgare, definita da Dante nel ''De Vulgari'' come ''Hec est nostra vera prima locutio''<ref>[https://la.wikisource.org/wiki/De_Vulgari_Eloquentia ''De Vulgari Eloquentia'' I, II 1]
</ref> («il nostro primo vero linguaggio», nella traduzione italiana), fu fondamentale per lo sviluppo del suo programma letterario. Con Dante, infatti, il volgare assunse lo stato di lingua colta e letteraria, grazie alla ferrea volontà, da parte del poeta fiorentino, di trovare un veicolo linguistico comune tra gli italiani, perlomeno tra i governanti. Egli, nei primi passi del ''De Vulgari'', esporrà chiaramente la sua predilezione per la lingua colloquiale e materna rispetto a quella latina, finta e artificiale.
</ref> («il nostro primo vero linguaggio», nella traduzione italiana), fu fondamentale per lo sviluppo del suo programma letterario. Con Dante, infatti, il volgare assunse lo stato di lingua colta e letteraria, grazie alla ferrea volontà, da parte del poeta fiorentino, di trovare un veicolo linguistico comune tra gli italiani, perlomeno tra i governanti. Egli, nei primi passi del ''De Vulgari'', esporrà chiaramente la sua predilezione per la lingua colloquiale e materna rispetto a quella latina, finta e artificiale.


Proposito della produzione letteraria volgare dantesca è infatti quella di essere fruibile da parte del pubblico dei lettori, cercando di abbattere il muro tra i ceti colti (abituati a interagire fra di loro in [[Latino volgare|latino]]) e quelli più popolari, affinché anche questi ultimi potessero apprendere contenuti filosofici e morali fino ad allora relegati nell'[[Università|ambiente accademico]]. Si ha quindi una visione della letteratura intesa come strumento al servizio della società, come verrà esposto programmaticamente nel ''Convivio.''
Proposito della produzione letteraria volgare dantesca è infatti quella di essere fruibile da parte del pubblico dei lettori, cercando di abbattere il muro tra i ceti colti (abituati a interagire fra di loro in latino) e quelli più popolari, affinché anche questi ultimi potessero apprendere contenuti filosofici e morali fino ad allora relegati nell'ambiente accademico. Si ha quindi una visione della letteratura intesa come strumento al servizio della società, come verrà esposto programmaticamente nel ''Convivio.''


Alla scelta di Dante di utilizzare la lingua volgare per scrivere alcune delle sue opere possono avere influito notevolmente le opere di [[Andrea da Grosseto]], letterato del [[XIII secolo|Duecento]] che utilizzava la lingua volgare da lui parlata, il dialetto grossetano dell'epoca, per la traduzione di opere prosaiche in latino, come i trattati di [[Albertano da Brescia]]<ref>{{Cita|Selmi|p. 389}}.</ref>.
Alla scelta di Dante di utilizzare la lingua volgare per scrivere alcune delle sue opere possono avere influito notevolmente le opere di Andrea da Grosseto, letterato del Duecento che utilizzava la lingua volgare da lui parlata, il dialetto grossetano dell'epoca, per la traduzione di opere prosaiche in latino, come i trattati di Albertano da Brescia.


===La poetica===
===La poetica===
====Il «plurilinguismo» dantesco====
====Il «plurilinguismo» dantesco====
Con questa felice espressione, il critico letterario [[Gianfranco Contini]] ha individuato la straordinaria versatilità di Dante, all'interno delle ''Rime'', nel saper usare più registri linguistici con disinvoltura e grazia armonica<ref>{{Cita|Contini 1992|posizione=Introduzione, p. XXVIII}}{{citazione|Dei più visibili e sommari attributi che pertengono a Dante, il primo è il plurilinguismo.}}
Con questa felice espressione, il critico letterario Gianfranco Contini ha individuato la straordinaria versatilità di Dante, all'interno delle ''Rime'', nel saper usare più registri linguistici con disinvoltura e grazia armonica. Come già esposto prima, Dante manifesta un'aperta curiosità per la struttura "genetica" della lingua materna degli italiani, concentrandosi sulle espressioni dell'eloquio quotidiano, sui motti e battute più o meno raffinate. Questa tendenza a inquadrare la ricchezza testuale della lingua materna spinge il letterato fiorentino a realizzare un affresco variopinto finora mai creato nella lirica volgare italiana, come esposto lucidamente da Giulio Ferroni.
</ref>. Come già esposto prima, Dante manifesta un'aperta curiosità per la struttura "genetica" della lingua materna degli italiani, concentrandosi sulle espressioni dell'eloquio quotidiano, sui motti e battute più o meno raffinate. Questa tendenza a inquadrare la ricchezza testuale della lingua materna spinge il letterato fiorentino a realizzare un affresco variopinto finora mai creato nella lirica volgare italiana, come esposto lucidamente da Giulio Ferroni.
====Dalle rime «amorose» a quelle «petrose»====
Dopo la fine dell'esperienza amorosa, Dante si concentrò sempre più su una poesia caratterizzata dalla riflessione filosofico-politica, che assumerà tratti duri e sofferenti nelle rime della seconda metà degli anni novanta, chiamate anche rime «petrose», in quanto incentrate sulla figura di una certa «donna petra», completamente antitetica alle "''donne che avete intelletto d'Amore"''. Opere
 
'''''Il Fiore'' e ''Detto d'Amore'''''


Due opere poetiche in volgare di argomento, lessico e stile affini e collocate in un periodo cronologico che va dal 1283 al 1287, sono state attribuite con una certa sicurezza a Dante dalla critica novecentesca, soprattutto a partire dal lavoro del filologo dantesco Gianfranco Contini<ref name="Cont1970" />.


====Dalle rime «amorose» a quelle «petrose»====
'''''Le Rime'''''
Dopo la fine dell'esperienza amorosa, Dante si concentrò sempre più su una poesia caratterizzata dalla riflessione filosofico-politica, che assumerà tratti duri e sofferenti nelle rime della seconda metà degli [[Anni 1290|anni novanta]], chiamate anche rime «petrose», in quanto incentrate sulla figura di una certa «donna petra», completamente antitetica alle "''donne che avete intelletto d'Amore"''<ref>{{Cita web|autore=Luca Ghirimoldi|url=http://www.oilproject.org/lezione/cos%C3%AC-nel-mio-parlar-voglio-esser-aspro-riassunto-figure-retoriche-3354.html|titolo=Dante, "Così nel mio parlar voglio esser aspro": analisi e commento|accesso=4 giugno 2015|editore=Oilproject}}</ref>. Infatti, come riportano Salvatore Guglielmino e Hermann Grosser, la poesia dantesca perse quella dolcezza e leggiadria propria della lirica della ''Vita nova'', per assumere connotati aspri e difficili: {{Citazione|... l'esperienza delle rime petrose, che si riallacciano all'esperienza del ''[[trobar clus]]'' [poetare difficile] di [[Arnaut Daniel]], costituisce un fondamentale esercizio di stile aspro (di contro a quello dolce dello stilnovismo).|{{cita|Guglielmino-Grosser|p. 151}}}}


==Opere==
''Le Rime'' sono una raccolta messa insieme e ordinata da moderni editori, che riunisce il complesso della produzione lirica dantesca dalle prove giovanili a quelle dell'età matura (le prime sono datate intorno al 1284).
===''Il Fiore'' e ''Detto d'Amore''===
Due opere poetiche in volgare di argomento, lessico e stile affini e collocate in un periodo cronologico che va dal [[1283]] al [[1287]], sono state attribuite con una certa sicurezza a Dante dalla critica novecentesca, soprattutto a partire dal lavoro del filologo dantesco [[Gianfranco Contini]]<ref name="Cont1970" />.


===''Le Rime''===
'''''Vita Nova'''''
''Le Rime'' sono una raccolta messa insieme e ordinata da moderni editori, che riunisce il complesso della produzione lirica dantesca dalle prove giovanili a quelle dell'età matura (le prime sono datate intorno al 1284)<ref name="Cita|Ferroni|p. 7">{{Cita|Ferroni|p. 7}}.</ref>


===''Vita Nova''===
La ''Vita Nova'' può essere considerata il "romanzo" autobiografico di Dante, in cui si celebra l'amore per Beatrice, presentata con tutte le caratteristiche proprie dello stilnovismo dantesco. Racconto della vita spirituale e della evoluzione poetica del Poeta, resa come ''exemplum'', la ''Vita nova'' è un prosimetro (brano caratterizzato dall'alternanza tra prosa e versi) e risulta strutturata in quarantadue (o trentuno)<ref>
La ''Vita Nova'' può essere considerata il "romanzo" autobiografico di Dante, in cui si celebra l'amore per [[Beatrice Portinari|Beatrice]], presentata con tutte le caratteristiche proprie dello stilnovismo dantesco. Racconto della vita spirituale e della evoluzione poetica del Poeta, resa come ''exemplum'', la ''Vita nova'' è un [[prosimetro]] (brano caratterizzato dall'alternanza tra [[prosa]] e versi) e risulta strutturata in quarantadue (o trentuno)<ref>
===''Convivio''===
===''Convivio''===
Il ''[[Convivio]]'' (scritta tra il [[1303]] e il [[1308]]) dal latino ''convivium'', ovvero "banchetto" (di sapienza), è la prima delle opere di Dante scritta subito dopo il forzato allontanamento di [[Firenze]] ed è il grande manifesto del fine "civile" che la letteratura deve avere nel consorzio umano. L'opera consiste in un commento a varie canzoni dottrinali poste all'''[[incipit]]'', una vera e propria [[enciclopedia]] dei saperi più importanti per coloro che vogliano dedicarsi all'attività pubblica e civile senza aver compiuto gli studi regolari. È pertanto scritta in volgare per essere appunto capita da chi non ha avuto la possibilità in precedenza di studiare il [[Lingua latina|latino]].  
Il ''[[Convivio]]'' (scritta tra il [[1303]] e il [[1308]]) dal latino ''convivium'', ovvero "banchetto" (di sapienza), è la prima delle opere di Dante scritta subito dopo il forzato allontanamento di [[Firenze]] ed è il grande manifesto del fine "civile" che la letteratura deve avere nel consorzio umano. L'opera consiste in un commento a varie canzoni dottrinali poste all'''[[incipit]]'', una vera e propria [[enciclopedia]] dei saperi più importanti per coloro che vogliano dedicarsi all'attività pubblica e civile senza aver compiuto gli studi regolari. È pertanto scritta in volgare per essere appunto capita da chi non ha avuto la possibilità in precedenza di studiare il [[Lingua latina|latino]].  
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===''Commedia''===
===''Commedia''===
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La ''Comedìa'' — titolo originale dell'opera: successivamente [[Giovanni Boccaccio]] attribuì l'aggettivo "Divina" al poema dantesco — è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale. Viene definita "comedia" in quanto scritta in stile "comico", ovvero non aulico. Un'altra interpretazione si fonda sul fatto che il poema inizia da situazioni piene di dolore e paura e finisce con la pace e la sublimità della visione di Dio. Dante iniziò a lavorare all'opera intorno al [[1300]] ([[Giubileo universale della Chiesa cattolica|anno giubilare]], tanto che egli data al 7 aprile di quell'anno il suo viaggio nella ''selva oscura'') e la continuò nel resto della vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava<nowiki><ref>Secondo una notizia tramandata dal Boccaccio, da Benvenuto e dall'anonimo fiorentino, i primi sette canti sarebbero stati composti a Firenze prima dell'esilio. Rimasti a Firenze e ritrovati da sua moglie, sarebbero stati consegnati al poeta durante il suo soggiorno in Lunigiana, dove avrebbe ripreso la composizione dell'opera. Sulla questione si veda: </nowiki>{{Cita|Ferretti 1935}} e {{cita|Ferretti 1950|pagine=3-25}}</ref>. Si hanno notizie di copie manoscritte dell'[[Inferno (Divina Commedia)|''Inferno'']] intorno al [[1313]], mentre il [[Purgatorio (Divina Commedia)|''Purgatorio'']] fu pubblicato nei due anni successivi. Il [[Paradiso (Divina Commedia)|''Paradiso'']]''''', '''''iniziato forse nel [[1316]], fu pubblicato man mano che si completavano i canti negli ultimi anni di vita del poeta. Il poema è diviso in tre libri o [[Cantica|''cantiche'']], ciascuno formato da 33 [[canto (metrica)|canti]] (tranne l'Inferno che ne presenta 34, poiché il primo funge da [[proemio]] all'intero poema) e a cui corrispondono i tre stili della ''[[Rota Vergilii]]''<ref>Si guardi la sezione dedicata allo stile.</ref>; ogni canto si compone di terzine di endecasillabi (la [[terzina dantesca]]). [[File:Alighieri - Divina Commedia, Nel mille quatro cento septe et due nel quarto mese adi cinque et sei - 2384293 id00022000 Scan00006.jpg|miniatura|''Divina Commedia'', 1472.]]
La ''Comedìa'' — titolo originale dell'opera: successivamente [[Giovanni Boccaccio]] attribuì l'aggettivo "Divina" al poema dantesco — è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale. Viene definita "comedia" in quanto scritta in stile "comico", ovvero non aulico. Un'altra interpretazione si fonda sul fatto che il poema inizia da situazioni piene di dolore e paura e finisce con la pace e la sublimità della visione di Dio. Dante iniziò a lavorare all'opera intorno al [[1300]] ([[Giubileo universale della Chiesa cattolica|anno giubilare]], tanto che egli data al 7 aprile di quell'anno il suo viaggio nella ''selva oscura'') e la continuò nel resto della vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava<nowiki><ref>Secondo una notizia tramandata dal Boccaccio, da Benvenuto e dall'anonimo fiorentino, i primi sette canti sarebbero stati composti a Firenze prima dell'esilio. Rimasti a Firenze e ritrovati da sua moglie, sarebbero stati consegnati al poeta durante il suo soggiorno in Lunigiana, dove avrebbe ripreso la composizione dell'opera. Sulla questione si veda: </nowiki>{{Cita|Ferretti 1935}} e {{cita|Ferretti 1950|pagine=3-25}}</ref>. Si hanno notizie di copie manoscritte dell'<nowiki/>''Inferno'' intorno al 1313, mentre il ''Purgatorio'' fu pubblicato nei due anni successivi. Il ''Paradiso''', '''''iniziato forse nel 1316, fu pubblicato man mano che si completavano i canti negli ultimi anni di vita del poeta. Il poema è diviso in tre libri o ''cantiche'', ciascuno formato da 33 canti (tranne l'Inferno che ne presenta 34, poiché il primo funge da proemio all'intero poema) e a cui corrispondono i tre stili della ''Rota Vergilii''<ref>Si guardi la sezione dedicata allo stile.</ref>; ogni canto si compone di terzine di endecasillabi (la terzina dantesca). [[File:Alighieri - Divina Commedia, Nel mille quatro cento septe et due nel quarto mese adi cinque et sei - 2384293 id00022000 Scan00006.jpg|miniatura|''Divina Commedia'', 1472.]]
La ''Commedia'' tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, ben lontana dalla pedante [[Poesia didascalica|poesia didattica]] medievale, ma intrisa di una spiritualità cristiana nuova che si mescola alla passione politica e agli interessi letterari del poeta. Si narra di un [[viaggio immaginario]] nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno, compiuto dal poeta stesso, quale "simbolo" dell'umanità<ref name="Gu164" />, sotto la guida della [[ragione]] e della [[fede]]. Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il ''Paradiso'', rappresenta, sotto [[metafora]], anche il difficile processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti municipali per far assurgere il volgare fiorentino al di sopra delle altre varianti del volgare italiano, arricchiendolo nel contempo con il loro contatto''.'' Dante è accompagnato sia nell''<nowiki/>'Inferno'' che nel ''Purgatorio'' dal suo maestro Virgilio; in ''Paradiso'' da Beatrice e, infine, da [[Bernardo di Chiaravalle|san Bernardo]].
'''''La Commedia'''''
 
La ''Commedia'' tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, ben lontana dalla pedante poesia didattica medievale, ma intrisa di una spiritualità cristiana nuova che si mescola alla passione politica e agli interessi letterari del poeta. Si narra di un viaggio immaginario nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno, compiuto dal poeta stesso, quale "simbolo" dell'umanità, sotto la guida della ragione e della fede. Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il ''Paradiso'', rappresenta, sotto metafora, anche il difficile processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti municipali per far assurgere il volgare fiorentino al di sopra delle altre varianti del volgare italiano, arricchiendolo nel contempo con il loro contatto''.'' Dante è accompagnato sia nell''<nowiki/>'Inferno'' che nel ''Purgatorio'' dal suo maestro Virgilio; in ''Paradiso'' da Beatrice e, infine, da san Bernardo.


''<nowiki/>''
''<nowiki/><nowiki/>''<nowiki/><nowiki/>''<nowiki/>''


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'''Le Epistole e l'<nowiki/>''Epistola XIII a Cangrande della Scala'''''
===Le Epistole e l'''Epistola XIII a Cangrande della Scala''===
Ruolo rilevante hanno le 13 ''Epistole'' scritte da Dante durante gli anni dell'esilio. Tra le principali epistole, incentrate principalmente su questioni politiche (relative alla discesa di Arrigo VII) e religiose (lettera indirizzata ai cardinali italiani riuniti, nel [[1314]], per eleggere il successore di [[Papa Clemente V|Clemente V]]). L'''[[Epistola XIII a Cangrande della Scala]]'', risalente agli anni tra il [[1316]] e [[1320]], è l'ultima e la più rilevante delle epistole attualmente conservate (benché si dubiti in parte della sua autenticità). Essa contiene la dedica del ''Paradiso'' al signore di Verona, nonché importanti indicazioni per la lettura della ''Commedia'': il soggetto (la condizione delle anime dopo la morte), la pluralità dei sensi, il titolo (che deriva dal fatto che inizia in modo aspro e triste e si conclude con il lieto fine), la finalità dell'opera che non è solo speculativa, ma pratica poiché mira a rimuovere i viventi dallo stato di miseria per portarli alla felicità.


===''Egloghe''===
Ruolo rilevante hanno le 13 ''Epistole'' scritte da Dante durante gli anni dell'esilio. Tra le principali epistole, incentrate principalmente su questioni politiche (relative alla discesa di Arrigo VII) e religiose (lettera indirizzata ai cardinali italiani riuniti, nel 1314, per eleggere il successore di Clemente V). L'''Epistola XIII a Cangrande della Scala'', risalente agli anni tra il 1316 e 1320, è l'ultima e la più rilevante delle epistole attualmente conservate (benché si dubiti in parte della sua autenticità). Essa contiene la dedica del ''Paradiso'' al signore di Verona, nonché importanti indicazioni per la lettura della ''Commedia'': il soggetto (la condizione delle anime dopo la morte), la pluralità dei sensi, il titolo (che deriva dal fatto che inizia in modo aspro e triste e si conclude con il lieto fine), la finalità dell'opera che non è solo speculativa, ma pratica poiché mira a rimuovere i viventi dallo stato di miseria per portarli alla felicità.
Le ''Egloghe'' sono due componimenti di carattere [[Poesia bucolica|bucolico]] scritti in lingua latina tra il [[1319]] e il [[1321]] a Ravenna, facenti parte di una corrispondenza con [[Giovanni del Virgilio]], intellettuale bolognese, i cui due componimenti finiscono sotto il titolo di ''Egloga I'' e ''Egloga III'', mentre quelli danteschi sono l'''Egloga II'' e ''Egloga IV''.  


'''''Egloghe'''''


Le ''Egloghe'' sono due componimenti di carattere bucolico scritti in lingua latina tra il 1319 e il 1321 a Ravenna, facenti parte di una corrispondenza con Giovanni del Virgilio, intellettuale bolognese, i cui due componimenti finiscono sotto il titolo di ''Egloga I'' e ''Egloga III'', mentre quelli danteschi sono l'''Egloga II'' e ''Egloga IV''.
==Note==
==Note==
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[[Categoria:Poeta Accreditato Wikipedia]]
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