Padre Padrone

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di Tina Squaddara

Padre Padrone

Ho provato, ho tentato, ho sperato nel tuo amore,

ho desiderato tanto che aprissi un po’ il tuo cuore

ma ogni volta che cercavo nel tuo sguardo approvazione,

eri sempre arrabbiato e mettevi soggezione.

Mi sforzavo di piacerti, per avere un po’ d’amore

ma non ero mai abbastanza, mi sembravi senza cuore!

Eri lì, sempre a sgridarmi, molto attento a punirmi:

mi sentivo brutta dentro, un errore, un pentimento!!

Ero solo una bambina che desiderava affetto

ma se un padre non sa amare, hai ben poco da sperare!

Cresci fino ad esser donna, introversa ed insicura,

cerchi un uomo che ti ami, che ti apprezzi, che ti cura.

Ho sperato, ho cercato, di trovare chi mi amasse

ma trattandosi di uomini, c’era solo chi mi usasse!

Malmenata da bambina, violentata appena donna,

cerchi di farla finita, ti vergogni di una gonna!

Mi sentivo sempre in colpa, tanto brutta e inadeguata

ma per quanto mi sforzassi, ero io quella sbagliata!

Del profumo della vita non sentivo più l’essenza,

libri e scuola eran tutto, non potevo starne senza!

Tra le pagine, le righe, mi perdevo con la mente,

mi sentivo più leggera e restavo spesso assente.

La mia stanza, quelle mura, eran come clausura,

ma stringevo forte i pugni per racchiuder la paura.

Il soffitto poi spariva e sognavo di andar via,

tra le lacrime e i pianti combattevo coi giganti,

imparavo ad essere forte, sconfiggendo anche la morte! Diventando moglie e mamma, mi sentivo un po’ guarita

ma il giudizio di mio padre mi seguiva anche in salita!

Anche qui andavo male, scarsa moglie e scarsa prole,

non seguivo quel marito, con cui ero già in attrito.

Più ribelle e impertinente, ubbidivo poco e niente!

Tra litigio e convinzione, ero sempre in punizione!

Rifiutata, ignorata, poco “femmina maritata”,

per mio padre ero un lutto e colpevole di tutto!

Poi, per quanto mi sforzassi di spiegare, di parlare,

ero sempre la ribelle da evitare e mai ascoltare!

Superati adesso gli “anta”, niente più ormai spaventa,

le paure son sparite, son guarite le ferite.

A pensarlo ormai acciaccato, sempre cupo e imbronciato,

ti rafforzi cuore e mente, non t’importa più di niente.

Ormai solo e indifeso, dalla vita sembra offeso,

a guardarlo fa tristezza, provi tanta tenerezza.

Ripensando alla sua vita, a un’infanzia un po’ sfiorita, povertà d’insegnamenti, con dei genitori assenti,

vedi il padre dittatore che non l’ha saputo amare,

un bambino impaurito che lottando si è indurito...

Vedi un cuore frantumato di chi è stato poco amato,

perché chi vuol dare amore, su di sé deve iniziare!


Premi

  • 2020 Premio Internazionale di Letteratura "Antonio De Francesco" - Vita Via Est

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