Gabriele D'Annunzio

Soprannominato "il Vate", cioè "poeta sacro, profeta", cantore dell'Italia umbertina, o anche "l'Immaginifico", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana […]».[1][2] Come figura politica lasciò un segno nella sua epoca e ebbe un'influenza notevole sugli eventi che gli sarebbero succeduti; essendo stato mentore di Mussolini, ebbe un importante ruolo di precursore per il fascismo italiano, anche se non si iscrisse mai nel PNF.[3]

L'arte di D'Annunzio fu così determinante per la cultura di massa, che influenzò usi e costumi nell'Italia - e non solo - del suo tempo: un periodo che più tardi sarebbe stato definito appunto "dannunzianesimo".<ref>

Voci correlate

  1. AA.VV. 2005, p. 3.
  2. Tutt'oggi «accanto alle più neutre registrazioni delle sue gesta o alle più lusinghiere etichette della vulgata critica (massimo esponente del decadentismo italiano, straordinario sperimentatore di generi e forme, etc.) ben consolidate sono pure le formule denigratorie […] e assai diffuse le dicerie più incontrollabili, se non grottesche.» A proposito delle dicerie improbabili e grottesche, l'autore aggiunge in nota: «Si pensi alla leggenda, che continua ad essere diffusa soprattutto tra gli studenti delle scuole superiori, secondo la quale d'Annunzio si sarebbe fatto asportare una costola per poter praticare l'autofellatio» (Benzoni 2008, p. 258).
  3. (EN) Michael Arthur Ledeen, "Preface". D'Annunzio: the First Duce, New Jersey, Transaction Publishers, 2001, ISBN 978-0-7658-0742-7.