Luca Pizzolitto: differenze tra le versioni
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La lista sarebbe lunga davvero. A volte, di un poeta, mi resta un frase, e mi resta per degli anni, e allora anche se tutto il resto che ha scritto lo scordo, per me quel regalo è qualcosa di immenso. Comunque, per fare qualche nome, sono molto legato a Pusterla, Cappello, Candiani, Gualtieri, Bobin, Lepori. Ungaretti e Montale, un gradino sopra tutti gli altri. | La lista sarebbe lunga davvero. A volte, di un poeta, mi resta un frase, e mi resta per degli anni, e allora anche se tutto il resto che ha scritto lo scordo, per me quel regalo è qualcosa di immenso. Comunque, per fare qualche nome, sono molto legato a Pusterla, Cappello, Candiani, Gualtieri, Bobin, Lepori. Ungaretti e Montale, un gradino sopra tutti gli altri. | ||
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[[Categoria:Poeta Accreditato WikiPoesia]] |
Versione attuale delle 09:01, 4 dic 2019
Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale.
Da quasi vent'anni si interessa ed occupa di poesia.
Libri
- La terra dei cani -Editore Associazione Culturale Thauma - 2012
- Una disperata tenerezza - Editore Giuliano Ladolfi - 2014
- In disabitate lontananze - Editore Giuliano Ladolfi - 2015
- La nuda vita - Transeuropa Edizioni - 2016
- Il silenzio necessario - Transeuropa Edizioni - 2017
- Dove non sono mai stato - Campanotto Editore - 2018
- Il tempo fertile della solitudine - Campanotto Editore - 2018
Premi (elenco parziale)
- Premio Arezzo Poesia 2008
- Concorso Letterario Internazionale Città di Moncalieri
- Premio Letterario internazionale "Città di Latina", 2019
Intervista di WikiPoesia
A Cura di Maria Luisa Dezi (novembre 2019).
"Il tempo fertile della solitudine", la tua silloge poetica, ha appena vinto il primo premio nella sezione silloge poetica edita, alla 5^ Edizione del Premio Letterario internazionale "Città di Latina". Luca, è nella solitudine che nasce la tua poesia?
Si, assolutamente, nella solitudine, nel silenzio. Scrivo un po' ovunque, scrivere per me è un qualcosa di necessario, come mangiare, dormire, bere. Per questo, mi capita anche durante il caos della giornata, di appuntare una frase, mezzo verso che mi si fissa nella testa e non se ne va. Ma, in genere, è nei momenti di passaggio, nel tardo pomeriggio che si fa sera, o nella notte che si avvicina al mattino, il momento in cui mi dedico intensamente alla lettura ma, anche e soprattutto, alla scrittura.
Quando hai scoperto la poesia?
Il primo ricordo che ho della poesia è il finale di Soldati di Ungaretti, seconda o terza media. Si sta come/ d'autunno/ sugli alberi/ le foglie. Ancora adesso ricordo la sensazione di pienezza che mi hanno lasciato queste parole. E mi son detto, se con così poche parole uno sconosciuto è arrivato nei miei abissi e ci ha portato luce, io voglio fare questo, voglio scrivere, e scrivere poesia. Ero un ragazzino, agli esordi dell'adolescenza, ma mi sono divorato l'opera omnia di Ungaretti. E da lì non ho più smesso, direi, di aver a che fare con la poesia.
Che cosa ti ha dato la poesia?
La poesia mi ha salvato, letteralmente. Parafrasando Ungaretti, che dice la poesia sola può salvare l'uomo, beh, io penso di aver vissuto, sulla mia pelle, questa salvezza. È difficile da spiegare a parole, ma è stato così, per me, ne sono certo.
E' doloroso mettere a nudo la propria anima?
Molto, è una delle cose più complicate che ci siano. E infatti, difficilmente, riesco a leggere le mie poesie in pubblico. Spesso le affido ad altri. Un po' per una congenita ritrosia personale, un po' perché provo vergogna a restare solo con parole che esprimono la mia nudità davanti ad altre persone. Verrebbe da chiedersi e allora perché scrivi. Perché non posso farne a meno, in buona misura. E perché ciò che ho ricevuto gratuitamente dalle parole di altri mi piacerebbe, anche in una parte infinitesimale, gratuitamente restituirlo a chi legge la mia poesia.
"Dove non sono mai stato" , la tua raccolta di poesie,
il cui titolo, come precisi all'inizio, è una libera interpretazione dei versi di Giorgio Caproni «il mio viaggiare/ è stato tutto un restare/ qua, dove non fui mai». Quali corde del tuo cuore hanno toccato questi versi?
Hanno toccato una profondità simile a quella che le parole sopracitate di Ungaretti avevano toccato 25 anni prima. Trovo questi pochi versi di Caproni immensi: trovo mi rappresentino non dico al 100 per cento ma quasi. Trovo sintetizzino tanti dei nostro slanci, il nostro desiderio di infinito, di qualcosa di più grande, il nostro desiderio di fuggire senza poi mai farcela davvero. E allora restare, e restare nell'assenza di noi.
Vivi a Torino. Culturalmente parlando è una città molto viva, vero?
Si, lo è. Anche se, un po' per scelta un po' per la ritrosia di cui sopra, tendo a non frequentare i numerosi salotti letterari della mia città.
Quando ascolti musica, che cosa ascolti?
Molto i cantautori italiani, alternati a musica classica (principalmente pianoforte). Pochissima musica straniera: faccio fatica se non capisco le parole. E io l'inglese lo capisco pochissimo.
Invece i poeti che più ti hanno toccato?
La lista sarebbe lunga davvero. A volte, di un poeta, mi resta un frase, e mi resta per degli anni, e allora anche se tutto il resto che ha scritto lo scordo, per me quel regalo è qualcosa di immenso. Comunque, per fare qualche nome, sono molto legato a Pusterla, Cappello, Candiani, Gualtieri, Bobin, Lepori. Ungaretti e Montale, un gradino sopra tutti gli altri.