Ugo Foscolo: differenze tra le versioni

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Certamente la famiglia era tutt'altro che benestante: il padre era un modesto medico (peraltro portato alla prodigalità), mentre la madre, pur essendo vedova in prime nozze del nobiluomo Giovanni Aquila Serra, era figlia di un sarto zantioto. Trascorse l'infanzia in una casetta che sorgeva di fronte alla chiesa della Beata Vergine Odigitria (dal greco bizantino ''Οδηγήτρια'', "che conduce mostrando la via") e che andò distrutta a causa di un terremoto nel 1953.<ref>G. Bezzola, ''Notizie utili'', in U. Foscolo, ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'', Milano, BUR, 2006, p. 30.</ref>
Certamente la famiglia era tutt'altro che benestante: il padre era un modesto medico (peraltro portato alla prodigalità), mentre la madre, pur essendo vedova in prime nozze del nobiluomo Giovanni Aquila Serra, era figlia di un sarto zantioto. Trascorse l'infanzia in una casetta che sorgeva di fronte alla chiesa della Beata Vergine Odigitria (dal greco bizantino ''Οδηγήτρια'', "che conduce mostrando la via") e che andò distrutta a causa di un terremoto nel 1953.<ref>G. Bezzola, ''Notizie utili'', in U. Foscolo, ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'', Milano, BUR, 2006, p. 30.</ref>
Foscolo ricorderà sempre la città dove era nato e più volte canterà la sua isola natale. Egli scriveva il 29 settembre del 1808 al cugino<ref>[[Marcello Pagnini]], "Il sonetto [A Zacinto]. Saggio teorico e critico sulla polivalenza funzionale dell'opera poetica", in ''Strumenti critici'', 23 (1974), pp. 41-64.</ref> prussiano Jakob Salomon Bartholdy.
Foscolo ricorderà sempre la città dove era nato e più volte canterà la sua isola natale. Egli scriveva il 29 settembre del 1808 al cugino<ref>Marcello Pagnini, "Il sonetto [A Zacinto]. Saggio teorico e critico sulla polivalenza funzionale dell'opera poetica", in ''Strumenti critici'', 23 (1974), pp. 41-64.</ref> prussiano Jakob Salomon Bartholdy.


===Anni di formazione a Zante (1778-1792)===
===Anni di formazione a Zante (1778-1792)===
[[File:9220 - Venezia - Casa di Ugo Foscolo in Campo de le gatte - Foto Giovanni Dall'Orto, 30-Sept-2007.jpg|thumb|left|upright=0.8|La casa veneziana di Foscolo]]
[[File:9220 - Venezia - Casa di Ugo Foscolo in Campo de le gatte - Foto Giovanni Dall'Orto, 30-Sept-2007.jpg|thumb|left|upright=0.8|La casa veneziana di Foscolo]]
Trascorse parte della sua fanciullezza nella Dalmazia e nel 1785 si trasferì con la famiglia a Spalato, dove il padre esercitava la sua professione di medico con un salario modesto, e presso il Seminario arcivescovile di quella città compì come esterno i suoi primi studi, seguito da monsignor Francesco Gianuizzi fino a quando la morte improvvisa del padre, avvenuta il 13 ottobre 1788, lo costrinse a ritornare a Zante, dove continuò la scuola e apprese i primi elementi del greco antico  dimostrandosi però allievo ribelle alla disciplina e non troppo propenso allo studio.<ref>{{cita|Pecchio|p. 7-30}}.</ref>
Trascorse parte della sua fanciullezza nella Dalmazia e nel 1785 si trasferì con la famiglia a Spalato, dove il padre esercitava la sua professione di medico con un salario modesto, e presso il Seminario arcivescovile di quella città compì come esterno i suoi primi studi, seguito da monsignor Francesco Gianuizzi fino a quando la morte improvvisa del padre, avvenuta il 13 ottobre 1788, lo costrinse a ritornare a Zante, dove continuò la scuola e apprese i primi elementi del greco antico  dimostrandosi però allievo ribelle alla disciplina e non troppo propenso allo studio.  
Il carattere passionale e avverso alle ingiustizie di Foscolo si ravvisava già in un episodio degli anni di Zante: la popolazione voleva un giorno dare l'assalto al ghetto ebraico della piccola città, ricercando negli ebrei un capro espiatorio, come spesso accadeva. Foscolo riuscì però ad impedire l'assalto: mentre le porte stavano per cedere, il giovanissimo Ugo balzò sul muro di cinta e gridò alla folla: "Vigliacchi, indietro, vigliacchi!". La folla ne rimase impressionata e si disperse, rinunciando al proposito.<ref>[http://www.morasha.it/ebrei_italia/ebrei_italia09.html Breve storia degli ebrei d'Italia]</ref>
Il carattere passionale e avverso alle ingiustizie di Foscolo si ravvisava già in un episodio degli anni di Zante: la popolazione voleva un giorno dare l'assalto al ghetto ebraico della piccola città, ricercando negli ebrei un capro espiatorio, come spesso accadeva. Foscolo riuscì però ad impedire l'assalto: mentre le porte stavano per cedere, il giovanissimo Ugo balzò sul muro di cinta e gridò alla folla: "Vigliacchi, indietro, vigliacchi!". La folla ne rimase impressionata e si disperse, rinunciando al proposito.<ref>[http://www.morasha.it/ebrei_italia/ebrei_italia09.html Breve storia degli ebrei d'Italia]</ref>


===Il trasferimento a Venezia (1789)===
===Il trasferimento a Venezia (1789)===
[[File:Bust of Ugo Foscolo. Panteon Veneto; Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.jpg|thumb|Busto di Ugo Foscolo, opera di Marco Pasato del 1861. Il busto fa parte del Panteon Veneto, conservato presso [[Palazzo Loredan (Campo Santo Stefano)|Palazzo Loredan]]]]
[[File:Bust of Ugo Foscolo. Panteon Veneto; Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.jpg|thumb|Busto di Ugo Foscolo, opera di Marco Pasato del 1861. Il busto fa parte del Panteon Veneto, conservato presso Palazzo Loredan]]
Nei primi mesi del 1789 la madre si trasferì a Venezia, mentre Ugo e Giovanni rimasero a Zante, Giovanni presso la nonna materna Rubina e Ugo presso una zia materna, mentre Costantino e Rubina soggiornarono assieme ad altre due zie paterne a Corfù. Nel 1792, accompagnato dal Provveditore dell'isola, Paolo Paruta, poté raggiungere la madre e i fratelli a Venezia e stabilirsi con loro nella piccola casa in Campo de le gate, nel sestiere Castello.  
Nei primi mesi del 1789 la madre si trasferì a Venezia, mentre Ugo e Giovanni rimasero a Zante, Giovanni presso la nonna materna Rubina e Ugo presso una zia materna, mentre Costantino e Rubina soggiornarono assieme ad altre due zie paterne a Corfù. Nel 1792, accompagnato dal Provveditore dell'isola, Paolo Paruta, poté raggiungere la madre e i fratelli a Venezia e stabilirsi con loro nella piccola casa in Campo de le gate, nel sestiere Castello.  


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Importanti furono anche i contatti con il gruppo degli amici bresciani, aperti alle influenze francesi e rivoluzionarie, e con Melchiorre Cesarotti, traduttore dei ''Canti di Ossian'', per il quale Foscolo cominciò a nutrire una notevole ammirazione, giungendo ad intessere rapporti con i letterati che vedevano in lui il loro modello e padre spirituale, e contattandolo personalmente con una missiva del 28 settembre 1795.<ref>Si può leggere in ''Epistolario'', cit., pp. 17-18; Cesarotti è definito nell'incipit «uomo di genio» e «Poeta della nazione».</ref> Il 30 ottobre del 1795 inviò per un parere al Cesarotti, docente presso lo Studio padovano, il manoscritto della tragedia ''Tieste,'' di carattere alfieriano e viva di fervori giacobini (rappresentata poi con un certo successo al Teatro Sant'Angelo di Venezia, il 4 gennaio 1797).
Importanti furono anche i contatti con il gruppo degli amici bresciani, aperti alle influenze francesi e rivoluzionarie, e con Melchiorre Cesarotti, traduttore dei ''Canti di Ossian'', per il quale Foscolo cominciò a nutrire una notevole ammirazione, giungendo ad intessere rapporti con i letterati che vedevano in lui il loro modello e padre spirituale, e contattandolo personalmente con una missiva del 28 settembre 1795.<ref>Si può leggere in ''Epistolario'', cit., pp. 17-18; Cesarotti è definito nell'incipit «uomo di genio» e «Poeta della nazione».</ref> Il 30 ottobre del 1795 inviò per un parere al Cesarotti, docente presso lo Studio padovano, il manoscritto della tragedia ''Tieste,'' di carattere alfieriano e viva di fervori giacobini (rappresentata poi con un certo successo al Teatro Sant'Angelo di Venezia, il 4 gennaio 1797).


Foscolo vide subito in [[Vittorio Alfieri]] un modello da seguire<ref>[http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c8.html Articolo sull'influenza di Alfieri su Foscolo]</ref>; egli trasse il suo stile giovanile proprio da lui, e lo decantò in molte opere<ref>Mario Pazzaglia, ''Antologia della letteratura italiana'', in cui, tra l'altro, il critico letterario definisce l'''Ortis'' "tragedia alfieriana in prosa".</ref><ref>[http://www.thefreelibrary.com/Il+mito+di+Giuseppe+Parini+nelle+Ultime+lettere+di+Jacopo+Ortis.-a0201210003 Il mito di Parini nelle ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'']</ref>. Foscolo inviò il testo del ''Tieste'', con la dedica<ref>«Al Tragico dell'Italia oso offrire la prima tragedia di un giovane nato in Grecia ed educato fra' Dalmati. Forse l'avrei presentata più degna d'Alfieri, se la rapacità de' tipografi non l'avesse carpita e stampata, aggiungendole a' propri difetti le negligenze della lor arte. Ad ogni modo accoglietela: voi avete de' diritti su tutti coloro che scrivono agl'Italiani, benché l'Italia "vecchia, oziosa e lenta" non può né vuol forse ascoltare. Né forse ve la offrirei, se non sperassi in me stesso di emendare il mio ardire con opere più sode, più ragionate, più alte; più, insomma, italiane. Addio.» (Ugo Foscolo, ''Epistolario'', I, pp. 42-3; 22 aprile 1797).</ref>, alla residenza fiorentina del poeta astigiano. Foscolo preferì non visitare personalmente l'Alfieri, rispettando la sua estrema riservatezza degli ultimi anni, a quanto afferma nell'epistolario e nell'''Ortis''<ref>"L'unico mortale ch'io desiderava conoscere era Vittorio Alfieri; ma odo dire ch'ei non accoglie persone nuove: ne io presumo di fargli rompere questo suo proponimento che deriva forse da' tempi, da' suoi studj, e più ancora dalle sue passioni e dall'esperienza del mondo. E fosse anche una debolezza, le debolezze di si fatti mortali vanno rispettate; e chi n'e senza, scagli la prima pietra".</ref>; pare però che quest'ultimo, anche se non rispose alla lettera del Foscolo, avesse elogiato con alcuni conoscenti lo stile della tragedia, prevedendo il grande avvenire letterario dell'allora giovane ufficiale napoleonico (nonostante l'iniziale disparità di vedute su Napoleone, anche Foscolo poi converrà con Alfieri in un giudizio negativo del generale francese, chiamandolo "tiranno"<ref>Ortis, Lettera del 17 marzo 1798, scritta in realtà nel 1816</ref>) e futuro primo vero poeta-vate dell'Italia risorgimentale. In particolare, avrebbe affermato che quel giovane l'avrebbe superato in quanto a gloria letteraria.<ref>{{cita|Pecchio|p. 32}}.</ref>
Foscolo vide subito in [[Vittorio Alfieri]] un modello da seguire<ref>[http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c8.html Articolo sull'influenza di Alfieri su Foscolo]</ref>; egli trasse il suo stile giovanile proprio da lui, e lo decantò in molte opere<ref>Mario Pazzaglia, ''Antologia della letteratura italiana'', in cui, tra l'altro, il critico letterario definisce l'''Ortis'' "tragedia alfieriana in prosa".</ref><ref>[http://www.thefreelibrary.com/Il+mito+di+Giuseppe+Parini+nelle+Ultime+lettere+di+Jacopo+Ortis.-a0201210003 Il mito di Parini nelle ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'']</ref>. Foscolo inviò il testo del ''Tieste'', con la dedica<ref>«Al Tragico dell'Italia oso offrire la prima tragedia di un giovane nato in Grecia ed educato fra' Dalmati. Forse l'avrei presentata più degna d'Alfieri, se la rapacità de' tipografi non l'avesse carpita e stampata, aggiungendole a' propri difetti le negligenze della lor arte. Ad ogni modo accoglietela: voi avete de' diritti su tutti coloro che scrivono agl'Italiani, benché l'Italia "vecchia, oziosa e lenta" non può né vuol forse ascoltare. Né forse ve la offrirei, se non sperassi in me stesso di emendare il mio ardire con opere più sode, più ragionate, più alte; più, insomma, italiane. Addio.» (Ugo Foscolo, ''Epistolario'', I, pp. 42-3; 22 aprile 1797).</ref>, alla residenza fiorentina del poeta astigiano. Foscolo preferì non visitare personalmente l'Alfieri, rispettando la sua estrema riservatezza degli ultimi anni, a quanto afferma nell'epistolario e nell'''Ortis''<ref>"L'unico mortale ch'io desiderava conoscere era Vittorio Alfieri; ma odo dire ch'ei non accoglie persone nuove: ne io presumo di fargli rompere questo suo proponimento che deriva forse da' tempi, da' suoi studj, e più ancora dalle sue passioni e dall'esperienza del mondo. E fosse anche una debolezza, le debolezze di si fatti mortali vanno rispettate; e chi n'e senza, scagli la prima pietra".</ref>; pare però che quest'ultimo, anche se non rispose alla lettera del Foscolo, avesse elogiato con alcuni conoscenti lo stile della tragedia, prevedendo il grande avvenire letterario dell'allora giovane ufficiale napoleonico (nonostante l'iniziale disparità di vedute su Napoleone, anche Foscolo poi converrà con Alfieri in un giudizio negativo del generale francese, chiamandolo "tiranno"<ref>Ortis, Lettera del 17 marzo 1798, scritta in realtà nel 1816</ref>) e futuro primo vero poeta-vate dell'Italia risorgimentale. In particolare, avrebbe affermato che quel giovane l'avrebbe superato in quanto a gloria letteraria.
[[File:Ritratto di Alfieri François-Xavier Fabre.jpg|thumb|left|upright|Vittorio Alfieri]]
[[File:Ritratto di Alfieri François-Xavier Fabre.jpg|thumb|left|upright|Vittorio Alfieri]]
Al medesimo periodo compositivo del ''Tieste'' - se non anche a un'epoca precedente -, la critica riconduce ormai quasi all'unanimità la stesura di un'altra tragedia, ''Edippo'', rimasta sconosciuta per un secolo e mezzo dopo la morte di Foscolo, finché Mario Scotti ne ritrovò il manoscritto nel 1978, tra le "carte Pellico" presso l'archivio romano della ''Civiltà Cattolica''. L'attribuzione al giovane Foscolo, proposta da Scotti<ref>Si veda l'articolo di M. Scotti, ''L'«Edippo tragedia di Wigberto Rivalta» (Un inedito giovanile di Ugo Foscolo?)'', in ''Atti dei convegni foscoliani'', Roma 1988, vol. I, pp. 273-305.</ref>, è stata avallata da molti dei maggiori esegeti foscoliani; Scotti e gli altri studiosi hanno riconosciuto nella tragedia l'«Edipo, recitabile ma da non istamparsi», del sotto citato ''Piano di Studj'', escludendo potesse invece trattarsi del completamento dell<nowiki>'</nowiki>''Edipo'' abbozzato in prosa molti anni più tardi a Firenze.<ref>Come dimostra sinteticamente la ''Postilla'', in U. Foscolo, ''Edippo'' (a c. di M. Scotti), Milano, Rizzoli, 1983, pp. 185-195.</ref>
Al medesimo periodo compositivo del ''Tieste'' - se non anche a un'epoca precedente -, la critica riconduce ormai quasi all'unanimità la stesura di un'altra tragedia, ''Edippo'', rimasta sconosciuta per un secolo e mezzo dopo la morte di Foscolo, finché Mario Scotti ne ritrovò il manoscritto nel 1978, tra le "carte Pellico" presso l'archivio romano della ''Civiltà Cattolica''. L'attribuzione al giovane Foscolo, proposta da Scotti<ref>Si veda l'articolo di M. Scotti, ''L'«Edippo tragedia di Wigberto Rivalta» (Un inedito giovanile di Ugo Foscolo?)'', in ''Atti dei convegni foscoliani'', Roma 1988, vol. I, pp. 273-305.</ref>, è stata avallata da molti dei maggiori esegeti foscoliani; Scotti e gli altri studiosi hanno riconosciuto nella tragedia l'«Edipo, recitabile ma da non istamparsi», del sotto citato ''Piano di Studj'', escludendo potesse invece trattarsi del completamento dell<nowiki>'</nowiki>''Edipo'' abbozzato in prosa molti anni più tardi a Firenze.<ref>Come dimostra sinteticamente la ''Postilla'', in U. Foscolo, ''Edippo'' (a c. di M. Scotti), Milano, Rizzoli, 1983, pp. 185-195.</ref>
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Il testo ci è giunto completo in cinque atti; sebbene impostato sull'impianto narrativo dell<nowiki>'</nowiki>''Edipo a Colono'' sofocleo, si distanzia significativamente dal modello e presenta numerosi calchi dal ''Polinice'' e dall<nowiki>'</nowiki>''Antigone'' alfieriani, oltre che dalla ''Tebaide'' di Stazio tradotta da Cornelio Bentivoglio, ma dimostra al contempo nell'autore - celato dietro l'improbabile pseudonimo Wigberto Rivalta - una ''Weltanschauung'' e delle modalità espressive del tutto personali.<ref>M. Scotti, in ''Atti dei convegni foscoliani'', cit., vol. I.</ref>
Il testo ci è giunto completo in cinque atti; sebbene impostato sull'impianto narrativo dell<nowiki>'</nowiki>''Edipo a Colono'' sofocleo, si distanzia significativamente dal modello e presenta numerosi calchi dal ''Polinice'' e dall<nowiki>'</nowiki>''Antigone'' alfieriani, oltre che dalla ''Tebaide'' di Stazio tradotta da Cornelio Bentivoglio, ma dimostra al contempo nell'autore - celato dietro l'improbabile pseudonimo Wigberto Rivalta - una ''Weltanschauung'' e delle modalità espressive del tutto personali.<ref>M. Scotti, in ''Atti dei convegni foscoliani'', cit., vol. I.</ref>


Risale al 1796 un documento della prima formazione letteraria di Foscolo, un ambizioso ''Piano di Studj'' comprendente "Morale, Politica, Metafisica, Teologia, Storia, Poesia, Romanzi, Critica, Arti" dove il giovane registrava le letture, i primi scritti, gli abbozzi delle opere da scrivere.<ref>Il primo a fare parola del testo fu il biografo veneziano [[Luigi Carrer]], che ne riportò alcuni stralci; L. Carrer, ''Prose e poesie edite inedite di Ugo Foscolo'', Venezia 1852, pp. V e ss.; il ''Piano'' si può leggere in U. Foscolo, ''Scritti letterari letterari e politici dal 1796 al 1808'' (volume VI dell'Edizione Nazionale delle Opere, a cura di G. Gambarin), Firenze, Felice Le Monnier, 1972, pp. 1-10. La prima edizione del ''Piano'', oggi perduto, risale al 1881, pubblicato a cura di Leo Benvenuti in ''Un autografo di Ugo Foscolo (Piano di studi, Indice di alcune sue opere, Facsmimile)'', Bologna, 1881. Vincenzo Di Benedetto è tornato sulla versione riportata da Giovanni Gambarin, difettosa in vari punti, correggendone alcuni errori ortografici - a cominciare da quello del titolo, perché nell'autografo figura «Piano di Studj» - e di interpretazione; V. Di Benedetto, ''Appendice II. Note al «Piano di Studj»'', in U. Foscolo, ''Il Sesto tomo dell'Io'', Torino, Einaudi, 1991, pp. 253-255.</ref> Gli autori che vi compaiono sono, tra i tanti, [[Cicerone]], [[Montesquieu]], [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], [[John Locke|Locke]], [[Tucidide]], [[Senofonte]], [[Sallustio]] e i grandi storici romani. Completa il quadro il riferimento alle Sacre Scritture. Tra gli Epici figura [[Omero]], cui tengono dietro [[Virgilio]], [[Dante]], [[Torquato Tasso|Tasso]] e [[John Milton|Milton]]. Sono menzionati anche autori contemporanei del Foscolo, tra cui gli inglesi [[Thomas Gray|Gray]] e [[Edward Young|Young]], espressione di una poesia sepolcrale che influenzò sin dall'inizio il poeta, [[Shakespeare]], lo svizzero [[Salomon Gessner|Gessner]] e gli italiani Alfieri e [[Giuseppe Parini|Parini]].<ref>M. A. Terzoli, ''Foscolo'', Roma-Bari 2010, p. 5.</ref> Nel ''Piano di Studj'' si trova l'accenno ad un romanzo, ''Laura, lettere'', che la critica ha tradizionalmente riconosciuto come prima idea del romanzo epistolare, concretizzatasi col tempo nell<nowiki>'</nowiki>''Ortis''.
Risale al 1796 un documento della prima formazione letteraria di Foscolo, un ambizioso ''Piano di Studj'' comprendente "Morale, Politica, Metafisica, Teologia, Storia, Poesia, Romanzi, Critica, Arti" dove il giovane registrava le letture, i primi scritti, gli abbozzi delle opere da scrivere.<ref>Il primo a fare parola del testo fu il biografo veneziano Luigi Carrer, che ne riportò alcuni stralci; L. Carrer, ''Prose e poesie edite inedite di Ugo Foscolo'', Venezia 1852, pp. V e ss.; il ''Piano'' si può leggere in U. Foscolo, ''Scritti letterari letterari e politici dal 1796 al 1808'' (volume VI dell'Edizione Nazionale delle Opere, a cura di G. Gambarin), Firenze, Felice Le Monnier, 1972, pp. 1-10. La prima edizione del ''Piano'', oggi perduto, risale al 1881, pubblicato a cura di Leo Benvenuti in ''Un autografo di Ugo Foscolo (Piano di studi, Indice di alcune sue opere, Facsmimile)'', Bologna, 1881. Vincenzo Di Benedetto è tornato sulla versione riportata da Giovanni Gambarin, difettosa in vari punti, correggendone alcuni errori ortografici - a cominciare da quello del titolo, perché nell'autografo figura «Piano di Studj» - e di interpretazione; V. Di Benedetto, ''Appendice II. Note al «Piano di Studj»'', in U. Foscolo, ''Il Sesto tomo dell'Io'', Torino, Einaudi, 1991, pp. 253-255.</ref> Gli autori che vi compaiono sono, tra i tanti, [[Cicerone]], [[Montesquieu]], [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], [[John Locke|Locke]], [[Tucidide]], [[Senofonte]], [[Sallustio]] e i grandi storici romani. Completa il quadro il riferimento alle Sacre Scritture. Tra gli Epici figura [[Omero]], cui tengono dietro [[Virgilio]], [[Dante]], [[Torquato Tasso|Tasso]] e [[John Milton|Milton]]. Sono menzionati anche autori contemporanei del Foscolo, tra cui gli inglesi [[Thomas Gray|Gray]] e [[Edward Young|Young]], espressione di una poesia sepolcrale che influenzò sin dall'inizio il poeta, [[Shakespeare]], lo svizzero [[Salomon Gessner|Gessner]] e gli italiani Alfieri e [[Giuseppe Parini|Parini]].<ref>M. A. Terzoli, ''Foscolo'', Roma-Bari 2010, p. 5.</ref> Nel ''Piano di Studj'' si trova l'accenno ad un romanzo, ''Laura, lettere'', che la critica ha tradizionalmente riconosciuto come prima idea del romanzo epistolare, concretizzatasi col tempo nell<nowiki>'</nowiki>''Ortis''.


Il ''Piano'' indica inoltre l'intenzione di raccogliere «in un solo libretto col motto ''Vitam impenděre vero'' [...] dodici Odi del conio dell'autore».<ref>U. Foscolo, ''Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808'' (a c. di G. Gambarin, 1972), in ''Edizione Nazionale delle Opere'', Firenze, Le Monnier 1933-1994, vol. VI, p. 9.</ref> Il motto latino, da tradursi «sacrificare la vita per la verità», era un chiaro omaggio agli ideali rivoluzionari, dato che riprendeva le parole usate in esergo da [[Jean-Paul Marat|Marat]] nel celebre giornale ''L'ami du peuple''. L'ammissione del poeta, secondo cui i testi necessitavano ancora di un lungo ''labor limae''<ref>Come affermato nel medesimo passo del ''Piano'', nel sesto volume dell'''Edizione Nazionale delle Opere'', loc. cit.</ref>, e la severità della censura veneziana ne impedirono la pubblicazione, ma alcune odi ci sono state tramandate, rivelando il carattere di un'opera in cui si attinge largamente alle Sacre Scritture per comporre una denuncia etico-politica condizionata dagli eventi francesi e influenzata dal modello pariniano.<ref>G. Nicoletti, cit., p. 46; nel 1795 uscivano oltretutto a Milano le ''Odi'' di Parini.</ref>
Il ''Piano'' indica inoltre l'intenzione di raccogliere «in un solo libretto col motto ''Vitam impenděre vero'' [...] dodici Odi del conio dell'autore».<ref>U. Foscolo, ''Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808'' (a c. di G. Gambarin, 1972), in ''Edizione Nazionale delle Opere'', Firenze, Le Monnier 1933-1994, vol. VI, p. 9.</ref> Il motto latino, da tradursi «sacrificare la vita per la verità», era un chiaro omaggio agli ideali rivoluzionari, dato che riprendeva le parole usate in esergo da [[Jean-Paul Marat|Marat]] nel celebre giornale ''L'ami du peuple''. L'ammissione del poeta, secondo cui i testi necessitavano ancora di un lungo ''labor limae''<ref>Come affermato nel medesimo passo del ''Piano'', nel sesto volume dell'''Edizione Nazionale delle Opere'', loc. cit.</ref>, e la severità della censura veneziana ne impedirono la pubblicazione, ma alcune odi ci sono state tramandate, rivelando il carattere di un'opera in cui si attinge largamente alle Sacre Scritture per comporre una denuncia etico-politica condizionata dagli eventi francesi e influenzata dal modello pariniano.<ref>G. Nicoletti, cit., p. 46; nel 1795 uscivano oltretutto a Milano le ''Odi'' di Parini.</ref>
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===La delusione e la partenza per Milano (1797-1798)===
===La delusione e la partenza per Milano (1797-1798)===
Tuttavia, il 17 ottobre di quel 1797 così esaltante per i patrioti democratici, fu firmato il Trattato di Campoformio con il quale Bonaparte cedeva Venezia (fino a quel momento libera repubblica, anche se ormai controllata ''de facto'' dai francesi), all'Austria asburgica. Il giovane Ugo, pieno di sdegno, si dimise dagli incarichi pubblici e partì in volontario esilio recandosi prima a [[Firenze]], poi a [[Milano]].<ref>{{cita|Pecchio|p. 40}}.</ref> Lo sdegno per la ratifica del Trattato emerge da una testimonianza coeva del politico austriaco Carl von Humburg, il quale scrive che nel corso di una pubblica seduta veneziana (è quella dell'8 novembre alla Municipalità provvisoria, pochi giorni prima che il poeta lasciasse la città) Foscolo salì alla tribuna «per vomitare tutte le imprecazioni possibili contro il generale Bonaparte. Armato di un pugnale, facendo esclamazioni e contorsioni orribili, lo ha immerso con furore nel parapetto della tribuna, giurando di immergerlo allo stesso modo nel cuore del perfido Bonaparte».<ref>''Carteggio dell'incaricato austriaco Von Humburg'', in ''Verbali delle sedute della Municipalità provvisoria di Venezia, 1797'' (a c. di A. Alberti e R. Cessi), Bologna, Zanichelli, 1928, vol. III, p. 63; il testo originale è in francese.</ref>
Tuttavia, il 17 ottobre di quel 1797 così esaltante per i patrioti democratici, fu firmato il Trattato di Campoformio con il quale Bonaparte cedeva Venezia (fino a quel momento libera repubblica, anche se ormai controllata ''de facto'' dai francesi), all'Austria asburgica. Il giovane Ugo, pieno di sdegno, si dimise dagli incarichi pubblici e partì in volontario esilio recandosi prima a [[Firenze]], poi a [[Milano]]. Lo sdegno per la ratifica del Trattato emerge da una testimonianza coeva del politico austriaco Carl von Humburg, il quale scrive che nel corso di una pubblica seduta veneziana (è quella dell'8 novembre alla Municipalità provvisoria, pochi giorni prima che il poeta lasciasse la città) Foscolo salì alla tribuna «per vomitare tutte le imprecazioni possibili contro il generale Bonaparte. Armato di un pugnale, facendo esclamazioni e contorsioni orribili, lo ha immerso con furore nel parapetto della tribuna, giurando di immergerlo allo stesso modo nel cuore del perfido Bonaparte».<ref>''Carteggio dell'incaricato austriaco Von Humburg'', in ''Verbali delle sedute della Municipalità provvisoria di Venezia, 1797'' (a c. di A. Alberti e R. Cessi), Bologna, Zanichelli, 1928, vol. III, p. 63; il testo originale è in francese.</ref>


A Milano giunse a metà novembre, conobbe [[Giuseppe Parini|Parini]] e [[Vincenzo Monti|Monti]], che difese qualche mese più tardi dalle accuse che gli si rivolgevano per la sua attività di poeta alla corte romana, innamorandosi inoltre della moglie di lui, Teresa Pikler, salvo poi dire di lui "Questi è Monti poeta e cavaliero, gran traduttor dei traduttor d'Omero". Monti non da meno disse di Foscolo " Questi è il rosso di pel, Foscolo detto , falso sì falso che falsò se stesso quando in Ugo cangiò ser Nicoletto".
A Milano giunse a metà novembre, conobbe [[Giuseppe Parini|Parini]] e [[Vincenzo Monti|Monti]], che difese qualche mese più tardi dalle accuse che gli si rivolgevano per la sua attività di poeta alla corte romana, innamorandosi inoltre della moglie di lui, Teresa Pikler, salvo poi dire di lui "Questi è Monti poeta e cavaliero, gran traduttor dei traduttor d'Omero". Monti non da meno disse di Foscolo " Questi è il rosso di pel, Foscolo detto , falso sì falso che falsò se stesso quando in Ugo cangiò ser Nicoletto".
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Ferma restando la grandezza del poeta, secondo la studiosa irlandese Lucy Riall<ref name="riall">Lucy Riall, ''Garibaldi: invention of a hero'', Yale University Press, 2007, p.4</ref> la grande glorificazione di Foscolo a opera del nuovo governo italiano era parte della creazione di un ''pantheon'' di eroi laici (a cui poi seguiranno le celebrazioni di figure come quella di [[Garibaldi]]) come auspicato dal poeta stesso nei ''Sepolcri'', per la religione civile della nuova Italia in contrasto con la Chiesa per la questione romana.<ref name="riall" />
Ferma restando la grandezza del poeta, secondo la studiosa irlandese Lucy Riall<ref name="riall">Lucy Riall, ''Garibaldi: invention of a hero'', Yale University Press, 2007, p.4</ref> la grande glorificazione di Foscolo a opera del nuovo governo italiano era parte della creazione di un ''pantheon'' di eroi laici (a cui poi seguiranno le celebrazioni di figure come quella di [[Garibaldi]]) come auspicato dal poeta stesso nei ''Sepolcri'', per la religione civile della nuova Italia in contrasto con la Chiesa per la questione romana.<ref name="riall" />


Del Foscolo ci resta anche un ricchissimo ''Epistolario'', documento molto importante della sua vita tumultuosa, anticipatrice (come quella di altri contemporanei) della figura dell'''eroe romantico'' alla Byron e alla Shelley (morti comunque prima di lui, nonostante appartenessero alla generazione successiva); la figura di Foscolo fu spesso identificata con quella del suo personaggio, Jacopo Ortis, dai tratti certo autobiografici nel carattere.<ref>Introduzione a Ugo Foscolo, ''Le grandi opere'', a cura di Giuseppe Leonelli, Newton Compton, 2013, [https://books.google.it/books?id=yVkiAgAAQBAJ&pg=PT15&dq=foscolo+e+ortis+alter+ego&hl=it&sa=X&ved=0CCUQ6AEwAWoVChMIlPSC_snExwIVAS4UCh0ZCw2M#v=onepage&q=foscolo%20e%20ortis%20alter%20ego&f=false estratto]</ref> Anche per questo, come già l'[[Vittorio Alfieri|Alfieri]] e [[Dante]], Foscolo venne nel Risorgimento considerato come una sorta di "vate" della Patria italiana e della sua libertà, specialmente grazie all'ammirazione per le sue idee politiche nutrita da Giuseppe Mazzini.<ref>Mario Pazzaglia, ''Antologia della letteratura italiana'', Ugo Foscolo</ref><ref>''L'uomo nuovo'' in: [[Indro Montanelli]], ''L'Italia giacobina e carbonara'', Rizzoli, Milano 1972</ref> Il Foscolo letterato ispirerà invece molti scrittori e poeti, come [[Giacomo Leopardi]], [[Alessandro Manzoni]], [[Mario Rapisardi]] e [[Giosuè Carducci]].
Del Foscolo ci resta anche un ricchissimo ''Epistolario'', documento molto importante della sua vita tumultuosa, anticipatrice (come quella di altri contemporanei) della figura dell'''eroe romantico'' alla Byron e alla Shelley (morti comunque prima di lui, nonostante appartenessero alla generazione successiva); la figura di Foscolo fu spesso identificata con quella del suo personaggio, Jacopo Ortis, dai tratti certo autobiografici nel carattere.<ref>Introduzione a Ugo Foscolo, ''Le grandi opere'', a cura di Giuseppe Leonelli, Newton Compton, 2013, [https://books.google.it/books?id=yVkiAgAAQBAJ&pg=PT15&dq=foscolo+e+ortis+alter+ego&hl=it&sa=X&ved=0CCUQ6AEwAWoVChMIlPSC_snExwIVAS4UCh0ZCw2M#v=onepage&q=foscolo%20e%20ortis%20alter%20ego&f=false estratto]</ref> Anche per questo, come già l'[[Vittorio Alfieri|Alfieri]] e [[Dante]], Foscolo venne nel Risorgimento considerato come una sorta di "vate" della Patria italiana e della sua libertà, specialmente grazie all'ammirazione per le sue idee politiche nutrita da Giuseppe Mazzini.<ref>Mario Pazzaglia, ''Antologia della letteratura italiana'', Ugo Foscolo</ref> Il Foscolo letterato ispirerà invece molti scrittori e poeti, come [[Giacomo Leopardi]], [[Alessandro Manzoni]], [[Mario Rapisardi]] e [[Giosuè Carducci]].


==Pensiero e poetica==
==Pensiero e poetica==
Foscolo aderì con convinzione alle teorie illuministiche di stampo materialistico e meccanicistico (in particolare il materialismo di Thomas Hobbes, Paul Henri Thiry d'Holbach, Diderot ed Helvétius, e il sensismo di Condillac). Tali teorie, da una parte, contenevano elementi rasserenanti in quanto allontanavano le superstizioni, ma dall'altra determinarono in lui l'angoscia davanti al "nulla eterno"<ref>"Vagar mi fai co' miei pensieri su l'orme che vanno al nulla eterno" (''Alla sera'', v.8-9)</ref>, all'oblio che avvolge l'uomo dopo la morte.<ref>''Dei sepolcri'', v. 18</ref> Foscolo, infatti, si può definire ateo e razionalista, ma non areligioso. In lui il pessimismo e l'ansia di eternità si agitano dando un tono drammatico a poesia e a prosa.<ref>Sambugar, Salà, Letteratura modulare vol.1, Ritratto d'autore: Ugo Foscolo</ref> Altre grandi ispirazioni, modelli di vita e di letteratura, furono per lui [[Giuseppe Parini]] e [[Vittorio Alfieri]].<ref>[http://auguleo.altervista.org/pagine/FOSCOLO.pdf Foscolo] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140201194530/http://auguleo.altervista.org/pagine/FOSCOLO.pdf |data=1º febbraio 2014 }}</ref>
Foscolo aderì con convinzione alle teorie illuministiche di stampo materialistico e meccanicistico (in particolare il materialismo di Thomas Hobbes, Paul Henri Thiry d'Holbach, Diderot ed Helvétius, e il sensismo di Condillac). Tali teorie, da una parte, contenevano elementi rasserenanti in quanto allontanavano le superstizioni, ma dall'altra determinarono in lui l'angoscia davanti al "nulla eterno"<ref>"Vagar mi fai co' miei pensieri su l'orme che vanno al nulla eterno" (''Alla sera'', v.8-9)</ref>, all'oblio che avvolge l'uomo dopo la morte.<ref>''Dei sepolcri'', v. 18</ref> Foscolo, infatti, si può definire ateo e razionalista, ma non areligioso. In lui il pessimismo e l'ansia di eternità si agitano dando un tono drammatico a poesia e a prosa.<ref>Sambugar, Salà, Letteratura modulare vol.1, Ritratto d'autore: Ugo Foscolo</ref> Altre grandi ispirazioni, modelli di vita e di letteratura, furono per lui [[Giuseppe Parini]] e [[Vittorio Alfieri]].


Volendo recuperare alcuni valori spirituali in non completo disaccordo con la ragione, egli preferì alla fede una propria, personale, "religione delle illusioni", a differenza ad esempio del [[Alessandro Manzoni|Manzoni.]] Foscolo celebrò cioè quei valori insopprimibili nell'uomo che erano secondo lui la [[patria]] (l'[[Italia]], ma anche [[Zante]]) - grande famiglia che garantisce "certezza d'are, di campi, di sepoltura"<ref>Foscolo, ''Orazione inaugurale'', come riportato da M. Pazzaglia, Letteratura italiana</ref> - l'amore, la poesia, la libertà, la bellezza, l'arte, il piacere della vita e soprattutto le nobili imprese, che rendono degni di essere ricordati. È assunto a simbolo di questa filosofia il sepolcro che, da legame di affetto, simbolo di civiltà ed esempio per i compatrioti (concetti caro agli uomini del Risorgimento<ref>come Giuseppe Mazzini, il quale vestì di nero in segno di lutto per l'oppressione, dopo aver letto l'Ortis</ref>), diventa suscitatore di poesia eternatrice, monumento dunque inutile ai morti ma efficace strumento per i vivi, specialmente nel caso di sepolcri o memoriali di uomini illustri.<ref>Foscolo, ''Lettera a M. Guillon sulla sua incompetenza a giudicare i poeti italiani''</ref> La morte non è meno vuota - e doloroso il pensiero dell'addio alla vita - se essa trascorrerà eternamente ''"all'ombra de' cipressi e dentro l'urne / Confortate di pianto"''<ref>''Sepolcri'', vv. 1-2</ref>, ma le illusioni addolciranno il tutto:
Volendo recuperare alcuni valori spirituali in non completo disaccordo con la ragione, egli preferì alla fede una propria, personale, "religione delle illusioni", a differenza ad esempio del [[Alessandro Manzoni|Manzoni.]] Foscolo celebrò cioè quei valori insopprimibili nell'uomo che erano secondo lui la [[patria]] (l'[[Italia]], ma anche [[Zante]]) - grande famiglia che garantisce "certezza d'are, di campi, di sepoltura"<ref>Foscolo, ''Orazione inaugurale'', come riportato da M. Pazzaglia, Letteratura italiana</ref> - l'amore, la poesia, la libertà, la bellezza, l'arte, il piacere della vita e soprattutto le nobili imprese, che rendono degni di essere ricordati. È assunto a simbolo di questa filosofia il sepolcro che, da legame di affetto, simbolo di civiltà ed esempio per i compatrioti (concetti caro agli uomini del Risorgimento<ref>come Giuseppe Mazzini, il quale vestì di nero in segno di lutto per l'oppressione, dopo aver letto l'Ortis</ref>), diventa suscitatore di poesia eternatrice, monumento dunque inutile ai morti ma efficace strumento per i vivi, specialmente nel caso di sepolcri o memoriali di uomini illustri.<ref>Foscolo, ''Lettera a M. Guillon sulla sua incompetenza a giudicare i poeti italiani''</ref> La morte non è meno vuota - e doloroso il pensiero dell'addio alla vita - se essa trascorrerà eternamente ''"all'ombra de' cipressi e dentro l'urne / Confortate di pianto"''<ref>''Sepolcri'', vv. 1-2</ref>, ma le illusioni addolciranno il tutto: