Giosuè Carducci: differenze tra le versioni

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===Grafia del nome===
===Grafia del nome===


Il nome è spesso riportato come ''Giosue'', senza accento, poiché secondo alcuni questa forma sarebbe stata preferita dal poeta<ref>Per esempio in {{DBI|giosue-carducci}}</ref>.
Il nome è spesso riportato come ''Giosue'', senza accento, poiché secondo alcuni questa forma sarebbe stata preferita dal poeta.


La diffusione di questa forma si può spiegare, secondo Giuseppe Fumagalli e Filippo Salveraglio,<ref>G. Fumagalli-F. Salveraglio, ''Albo carducciano'', Bologna, Zanichelli, 1909, p. 45</ref> con un errore nella trascrizione dell'atto di nascita nella biografia del poeta di Giuseppe Chiarini: ''Giosue, Alessandro, Giuseppe Carducci'' ecc.<ref>G. Chiarini, ''Memorie della vita di Giosue Carducci'', Firenze, Barbera, 1935, p. 434.</ref> Questi dice di aver riportato l'atto di nascita del Carducci già pubblicato da Giuseppe Picciola nelle note al suo ''Discorso: Giosue Carducci''<ref>Bologna, Zanichelli, 1901 (ivi, p. 434)</ref>, ma se si consulta l'atto di nascita riportato da Picciola si trova scritto: ''Giosuè, Alessandro, Giuseppe Carducci...''<ref>cfr. G. Picciola, ''Giosue Carducci'', discorso letto nella sala del Liceo Musicale di Bologna, il dì XIII di Maggio 1901, Bologna, Zanichelli, 1901, p. 49.</ref>
La diffusione di questa forma si può spiegare, secondo Giuseppe Fumagalli e Filippo Salveraglio,<ref>G. Fumagalli-F. Salveraglio, ''Albo carducciano'', Bologna, Zanichelli, 1909, p. 45</ref> con un errore nella trascrizione dell'atto di nascita nella biografia del poeta di Giuseppe Chiarini: ''Giosue, Alessandro, Giuseppe Carducci'' ecc.<ref>G. Chiarini, ''Memorie della vita di Giosue Carducci'', Firenze, Barbera, 1935, p. 434.</ref> Questi dice di aver riportato l'atto di nascita del Carducci già pubblicato da Giuseppe Picciola nelle note al suo ''Discorso: Giosue Carducci''<ref>Bologna, Zanichelli, 1901 (ivi, p. 434)</ref>, ma se si consulta l'atto di nascita riportato da Picciola si trova scritto: ''Giosuè, Alessandro, Giuseppe Carducci...''<ref>cfr. G. Picciola, ''Giosue Carducci'', discorso letto nella sala del Liceo Musicale di Bologna, il dì XIII di Maggio 1901, Bologna, Zanichelli, 1901, p. 49.</ref>
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Nel frattempo, nell'aprile 1851, la famiglia si trasferì a Celle sul Rigo sulle pendici del Monte Amiata, ma il giovane Carducci rimase a Firenze per continuare gli studi. Il maggior tempo libero gli permise di vedere più frequentemente Elvira Menicucci, e la simpatia che si era subito venuta a creare si alimentò, se è vero che il 6 settembre Carducci scriveva versi di questo stampo:
Nel frattempo, nell'aprile 1851, la famiglia si trasferì a Celle sul Rigo sulle pendici del Monte Amiata, ma il giovane Carducci rimase a Firenze per continuare gli studi. Il maggior tempo libero gli permise di vedere più frequentemente Elvira Menicucci, e la simpatia che si era subito venuta a creare si alimentò, se è vero che il 6 settembre Carducci scriveva versi di questo stampo:


Una breve digressione letteraria si rivela necessaria sin da ora, perché la produzione poetica fu precoce, e c'è chi, forse esagerando, vi ha visto presente ''in nuce'' il poeta maturo.<ref>G. Albini, A .Sorbelli (a cura di), ''Primizie e reliquie'', Bologna, Zanichelli, 1928</ref> Sono in ogni caso anni di intensa sperimentazione poetica, anni in cui Carducci cerca in tutti i modi di affrancarsi da un'impostazione romantica che l'educazione ricevuta e la corrente dominante avevano inevitabilmente imposto al ragazzo e ai componimenti della prima adolescenza. Tra il 1850 e il 1853 si fanno strada l'ode saffica (''Invocazione'' e ''A O. T. T.'') e alcaica (''A Giulio''), gli inni (''A Febo Apolline'', ''A Diana Trivia'') e i brani d'ispirazione oraziana. Nonostante ciò, il gusto [[Giovanni Prati|pratesco]] resiste ed è riscontrabile nei ''Lai d'un trovatore'' e nell<nowiki>'</nowiki>''Ultimo canto del poeta''.
Una breve digressione letteraria si rivela necessaria sin da ora, perché la produzione poetica fu precoce, e c'è chi, forse esagerando, vi ha visto presente ''in nuce'' il poeta maturo.<ref>G. Albini, A .Sorbelli (a cura di), ''Primizie e reliquie'', Bologna, Zanichelli, 1928</ref> Sono in ogni caso anni di intensa sperimentazione poetica, anni in cui Carducci cerca in tutti i modi di affrancarsi da un'impostazione romantica che l'educazione ricevuta e la corrente dominante avevano inevitabilmente imposto al ragazzo e ai componimenti della prima adolescenza. Tra il 1850 e il 1853 si fanno strada l'ode saffica (''Invocazione'' e ''A O. T. T.'') e alcaica (''A Giulio''), gli inni (''A Febo Apolline'', ''A Diana Trivia'') e i brani d'ispirazione oraziana. Nonostante ciò, il gusto pratesco resiste ed è riscontrabile nei ''Lai d'un trovatore'' e nell<nowiki>'</nowiki>''Ultimo canto del poeta''.
[[File:Celestino Zini.png|thumb|upright=1.4|Celestino Zini]]
[[File:Celestino Zini.png|thumb|upright=1.4|Celestino Zini]]
Oltre all'amore e alla contemplazione rugge nell'irruente spirito carducciano un patriottismo impregnato di motivi pariniani, foscoliani e leopardiani, in una convinta condanna della situazione politica attuale. Accanto al tema della morte, ''leitmotiv'' che sarà ricorrente nell'intera vicenda artistica del Nostro, vi è un senso autentico e profondo del religioso, un lancinante e post-manzoniano arrovellarsi attorno all'esistenza di Dio (nel sonetto ''Il dubbio'' per esempio), una spiritualità nobile che si tramuterà in anticlericalismo negli anni a venire, certamente per lo scontro con la mentalità bigotta con cui venne frequentemente in contatto.<ref>N. Busetto, ''Giosuè Carducci nel suo tempo e nell'età che fu sua'', Milano-Genova-Roma-Napoli, Società Anonima Editrice Dante Alighieri, 1935, pp.34-46</ref>
Oltre all'amore e alla contemplazione rugge nell'irruente spirito carducciano un patriottismo impregnato di motivi pariniani, foscoliani e leopardiani, in una convinta condanna della situazione politica attuale. Accanto al tema della morte, ''leitmotiv'' che sarà ricorrente nell'intera vicenda artistica del Nostro, vi è un senso autentico e profondo del religioso, un lancinante e post-manzoniano arrovellarsi attorno all'esistenza di Dio (nel sonetto ''Il dubbio'' per esempio), una spiritualità nobile che si tramuterà in anticlericalismo negli anni a venire, certamente per lo scontro con la mentalità bigotta con cui venne frequentemente in contatto.<ref>N. Busetto, ''Giosuè Carducci nel suo tempo e nell'età che fu sua'', Milano-Genova-Roma-Napoli, Società Anonima Editrice Dante Alighieri, 1935, pp.34-46</ref>
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Nel periodo universitario Carducci era solito recarsi nei giorni liberi a Firenze, per trascorrere del tempo in compagnia degli amici, tra cui spiccavano Giuseppe Torquato Gargani (1834-1862), Giuseppe Chiarini (1833-1908), Ottaviano Targioni Tozzetti (1833-1899), Enrico Nencioni (1837-1896) e altri. Assieme a Nencioni e Chiarini cominciò a stampare, a partire dal 1855, dei versi nell<nowiki>'</nowiki>''Almanacco delle dame'' edito dal cartolaio Chiari, e nel 1856 Giosuè fece uscire nell<nowiki>'</nowiki>''Appendice alle Letture di Famiglia'' (diretta e fondata ancora dal Thouar) una traduzione e un commento dei versi 43-71 della prima ''Georgica'' virgiliana e dell'''Epodo VII'' di Orazio.<ref>G.Chiarini, pp.57-61</ref>
Nel periodo universitario Carducci era solito recarsi nei giorni liberi a Firenze, per trascorrere del tempo in compagnia degli amici, tra cui spiccavano Giuseppe Torquato Gargani (1834-1862), Giuseppe Chiarini (1833-1908), Ottaviano Targioni Tozzetti (1833-1899), Enrico Nencioni (1837-1896) e altri. Assieme a Nencioni e Chiarini cominciò a stampare, a partire dal 1855, dei versi nell<nowiki>'</nowiki>''Almanacco delle dame'' edito dal cartolaio Chiari, e nel 1856 Giosuè fece uscire nell<nowiki>'</nowiki>''Appendice alle Letture di Famiglia'' (diretta e fondata ancora dal Thouar) una traduzione e un commento dei versi 43-71 della prima ''Georgica'' virgiliana e dell'''Epodo VII'' di Orazio.<ref>G.Chiarini, pp.57-61</ref>


Con gli amici fiorentini diede anche vita al gruppo antiromantico - e di strenua difesa del classicismo - degli ''Amici pedanti'', assieme ai quali attaccò la corrente "odiernissima" dominante in città, appoggiando il Gargani nella stesura della sua ''Diceria'' e curando una ''Giunta alla derrata'' in cui replicava alle sprezzanti critiche piovute addosso agli ''Amici'' dai periodici locali, primo fra tutti il fanfaniano settimanale ''Il Passatempo''.<ref>Per approfondire vedi la voce [[Giuseppe Torquato Gargani]]</ref>
Con gli amici fiorentini diede anche vita al gruppo antiromantico - e di strenua difesa del classicismo - degli ''Amici pedanti'', assieme ai quali attaccò la corrente "odiernissima" dominante in città, appoggiando il Gargani nella stesura della sua ''Diceria'' e curando una ''Giunta alla derrata'' in cui replicava alle sprezzanti critiche piovute addosso agli ''Amici'' dai periodici locali, primo fra tutti il fanfaniano settimanale ''Il Passatempo''.<ref>Per approfondire vedi la voce Giuseppe Torquato Gargani</ref>


===Il debutto nell'insegnamento e l'edizione delle ''Rime''===
===Il debutto nell'insegnamento e l'edizione delle ''Rime''===
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Nel 1865 pubblicò a Pistoia, in un piccolissimo numero di esemplari e fuori commercio, l<nowiki>'</nowiki>''Inno a Satana'', con lo pseudonimo di ''Enotrio Romano'', che dovette usare fino al 1877, accompagnandolo talvolta al nome vero. Tra il 1863 e il 1865 scrisse per la ''Rivista italiana'' che, fondata dal Mamiani, era passata sotto la direzione di Chiarini, e accolse scritti carducciani sulla lirica italiana dei secoli XIII e XIV.<ref>G.Chiarini, pp.158-161</ref> Imponente è il materiale raccolto in questi anni per opere di erudizione letteraria; meritano menzione il discorso sulle ''Rime'' di Dante e i tre raccolti con il titolo ''Della varia fortuna di Dante'' e pubblicati su ''Nuova Antologia'' tra il 1866 e il 1867.
Nel 1865 pubblicò a Pistoia, in un piccolissimo numero di esemplari e fuori commercio, l<nowiki>'</nowiki>''Inno a Satana'', con lo pseudonimo di ''Enotrio Romano'', che dovette usare fino al 1877, accompagnandolo talvolta al nome vero. Tra il 1863 e il 1865 scrisse per la ''Rivista italiana'' che, fondata dal Mamiani, era passata sotto la direzione di Chiarini, e accolse scritti carducciani sulla lirica italiana dei secoli XIII e XIV.<ref>G.Chiarini, pp.158-161</ref> Imponente è il materiale raccolto in questi anni per opere di erudizione letteraria; meritano menzione il discorso sulle ''Rime'' di Dante e i tre raccolti con il titolo ''Della varia fortuna di Dante'' e pubblicati su ''Nuova Antologia'' tra il 1866 e il 1867.


I primi dieci anni bolognesi furono arricchiti da illustri relazioni che riuscì a stabilire; le più significative furono quelle con Francesco Rocchi,<ref>Nato nel 1805 a Savignano di Romagna, studiò sotto la guida di [[Bartolomeo Borghesi]] e fu in intimità con [[Giulio Perticari]] e Vincenzo Monti. Insegnò all'Università di Bologna. Il giorno della morte, avvenuta il 23 maggio 1875, Carducci scrisse un breve testo in sua memoria. Ne viene ricordato il grande valore di studioso, tanto che, vi si legge, persino [[Theodor Mommsen]] talvolta chiese consigli all'erudito savignanese; «Francesco Rocchi», in ''Prose di Giosue Carducci'', cit., pp.769-771.</ref> insigne studioso di epigrafia, con Pietro Ellero, Enrico Panzacchi, Giuseppe Ceneri, Quirico Filopanti e Pietro Piazza.<ref>G.Chiarini, pp.178-180</ref>
I primi dieci anni bolognesi furono arricchiti da illustri relazioni che riuscì a stabilire; le più significative furono quelle con Francesco Rocchi,<ref>Nato nel 1805 a Savignano di Romagna, studiò sotto la guida di Bartolomeo Borghesi e fu in intimità con Giulio Perticari e Vincenzo Monti. Insegnò all'Università di Bologna. Il giorno della morte, avvenuta il 23 maggio 1875, Carducci scrisse un breve testo in sua memoria. Ne viene ricordato il grande valore di studioso, tanto che, vi si legge, persino Theodor Mommsen talvolta chiese consigli all'erudito savignanese; «Francesco Rocchi», in ''Prose di Giosue Carducci'', cit., pp.769-771.</ref> insigne studioso di epigrafia, con Pietro Ellero, Enrico Panzacchi, Giuseppe Ceneri, Quirico Filopanti e Pietro Piazza.<ref>G.Chiarini, pp.178-180</ref>


===La poesia laica===
===La poesia laica===
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Continuò poi con la composizione di giambi (''Idillio Maremmano'' il più celebre) ed epodi, sonetti (''Il bove'') e odi, unendovi la traduzione di composizioni di Platen, Goethe ed Heine mantenendone il metro originale. Questi e altri testi andarono a formare nel 1873 le ''Nuove poesie'', 44 componimenti editi dal Galeati di Imola, inglobanti anche le ''Primavere elleniche'' che l'anno prima il Barbera aveva licenziato in un volumetto.
Continuò poi con la composizione di giambi (''Idillio Maremmano'' il più celebre) ed epodi, sonetti (''Il bove'') e odi, unendovi la traduzione di composizioni di Platen, Goethe ed Heine mantenendone il metro originale. Questi e altri testi andarono a formare nel 1873 le ''Nuove poesie'', 44 componimenti editi dal Galeati di Imola, inglobanti anche le ''Primavere elleniche'' che l'anno prima il Barbera aveva licenziato in un volumetto.
[[File:Nicola Zanichelli.jpg|thumb|left|upright=0.7|Nicola Zanichelli]]
[[File:Nicola Zanichelli.jpg|thumb|left|upright=0.7|Nicola Zanichelli]]
Il libro non risparmiava critiche dirette a uomini politici, e suscitò forti reazioni. Bernardino Zendrini e Giuseppe Guerzoni scrissero su ''Nuova Antologia'' e sulla ''Gazzetta Ufficiale'' articoli contro le ''Nuove Poesie'', cui fece seguito la reazione carducciana sulle colonne de ''La voce del popolo'', comprendente sette capitoletti di ''Critica e arte'', saggio che entrerà a far parte dei ''Bozzetti critici'' e dei ''Discorsi letterari'' editi dal Vigo nel 1876. Nel complesso, però, l'Italia ne riconobbe il valore. Ancora maggiori furono i consensi provenienti dall'estero. L'editore della ''Revue des Deux Mondes'' e addirittura Ivan Sergeevič Turgenev ne chiesero una copia, ed entusiastiche approvazioni arrivarono dal mondo germanico.<ref>Sull'''Allgemeine Zeitung'' ne scrisse [[Karl Hillebrand]] il 1º novembre 1873, sui viennesi ''Abendpost'' e ''Neue Freie Presse'' Adolf Pichler e Karl von Thaler rispettivamente il 10 giugno 1874 e il 12 marzo 1875.</ref> La prima edizione fu subito esaurita e portò a esaurire anche quella delle ''Poesie'' edite da Barbera, il quale diede di queste ultime nuove edizioni nel 1874, 1878 e 1880, con la presenza nelle ultime due di una biografia del poeta scritta da Adolfo Borgognoni.<ref>G.Chiarini, p.188</ref>
Il libro non risparmiava critiche dirette a uomini politici, e suscitò forti reazioni. Bernardino Zendrini e Giuseppe Guerzoni scrissero su ''Nuova Antologia'' e sulla ''Gazzetta Ufficiale'' articoli contro le ''Nuove Poesie'', cui fece seguito la reazione carducciana sulle colonne de ''La voce del popolo'', comprendente sette capitoletti di ''Critica e arte'', saggio che entrerà a far parte dei ''Bozzetti critici'' e dei ''Discorsi letterari'' editi dal Vigo nel 1876. Nel complesso, però, l'Italia ne riconobbe il valore. Ancora maggiori furono i consensi provenienti dall'estero. L'editore della ''Revue des Deux Mondes'' e addirittura Ivan Sergeevič Turgenev ne chiesero una copia, ed entusiastiche approvazioni arrivarono dal mondo germanico.<ref>Sull'''Allgemeine Zeitung'' ne scrisse Karl Hillebrand il 1º novembre 1873, sui viennesi ''Abendpost'' e ''Neue Freie Presse'' Adolf Pichler e Karl von Thaler rispettivamente il 10 giugno 1874 e il 12 marzo 1875.</ref> La prima edizione fu subito esaurita e portò a esaurire anche quella delle ''Poesie'' edite da Barbera, il quale diede di queste ultime nuove edizioni nel 1874, 1878 e 1880, con la presenza nelle ultime due di una biografia del poeta scritta da Adolfo Borgognoni.<ref>G.Chiarini, p.188</ref>


In quegli anni non era possibile, per i letterati della città, non fare una tappa alla libreria Zanichelli. Il Carducci incominciò a frequentarla quotidianamente, nelle passeggiate che faceva prima di cena dopo un pomeriggio di studio o di lezioni universitarie. Nicola Zanichelli voleva avviare una casa editrice, e si fece promettere dal nuovo avventore uno studio sulle poesie latine dell'Ariosto, dato che, con un anno di ritardo, nel 1875 si sarebbe celebrato a Ferrara il quattrocentesimo anniversario della nascita del poeta reggiano. Iniziò così una collaborazione molto duratura. Nell'aprile 1875 Zanichelli pubblicò la seconda edizione delle ''Nuove Poesie'', e il mese successivo il promesso studio ariostesco.
In quegli anni non era possibile, per i letterati della città, non fare una tappa alla libreria Zanichelli. Il Carducci incominciò a frequentarla quotidianamente, nelle passeggiate che faceva prima di cena dopo un pomeriggio di studio o di lezioni universitarie. Nicola Zanichelli voleva avviare una casa editrice, e si fece promettere dal nuovo avventore uno studio sulle poesie latine dell'Ariosto, dato che, con un anno di ritardo, nel 1875 si sarebbe celebrato a Ferrara il quattrocentesimo anniversario della nascita del poeta reggiano. Iniziò così una collaborazione molto duratura. Nell'aprile 1875 Zanichelli pubblicò la seconda edizione delle ''Nuove Poesie'', e il mese successivo il promesso studio ariostesco.
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Lo scambio che più lo stimolava era però quello con Carolina, sempre più frenetico e sempre più esplicito, finché il 9 aprile 1872 la conobbe di persona a Bologna e il 5 maggio la rivide a Milano.<ref>M.Saponaro, pp.160-164</ref> Nello stesso anno Carducci si recò ancora a trovarla in ottobre e in dicembre e il rapporto sfocerà in una relazione amorosa. Le lettere rivelano un Carducci pienamente innamorato e dolce, alle prese con una esperienza affatto nuova che lo pone in pace col mondo, e la Piva corrispondeva con uguale sentimento. Nell'estate 1872 passarono indimenticabili giorni insieme; ai primi di luglio risalirono l'Adda presso Lodi con una barchetta mentre a Brescia Lina depose un fascio di fiori ai piedi della Vittoria alata.<ref>M.Saponaro, pp.176-178</ref> I due momenti ispirarono le ''Barbare'' ''Su l'Adda'' e ''Alla Vittoria''. A lei, «bello ed unico pensier d'estetica viva e reale»,<ref>Lettera a Carolina Cristofori Piva, 23 ottobre 1872, ora in M.Saccenti, cit., pp.724-726; i due amanti avevano stabilito di intrattenere una conversazione «fermo posta», in modo che i coniugi rispettivi non si accorgessero della relazione.</ref> materializzazione del proprio ideale classico di bellezza, continuava a scrivere e a dedicare versi, e dopo averla sempre chiamata Lina, passò in poesia a rivolgerlesi con un più oraziano Lidia.
Lo scambio che più lo stimolava era però quello con Carolina, sempre più frenetico e sempre più esplicito, finché il 9 aprile 1872 la conobbe di persona a Bologna e il 5 maggio la rivide a Milano.<ref>M.Saponaro, pp.160-164</ref> Nello stesso anno Carducci si recò ancora a trovarla in ottobre e in dicembre e il rapporto sfocerà in una relazione amorosa. Le lettere rivelano un Carducci pienamente innamorato e dolce, alle prese con una esperienza affatto nuova che lo pone in pace col mondo, e la Piva corrispondeva con uguale sentimento. Nell'estate 1872 passarono indimenticabili giorni insieme; ai primi di luglio risalirono l'Adda presso Lodi con una barchetta mentre a Brescia Lina depose un fascio di fiori ai piedi della Vittoria alata.<ref>M.Saponaro, pp.176-178</ref> I due momenti ispirarono le ''Barbare'' ''Su l'Adda'' e ''Alla Vittoria''. A lei, «bello ed unico pensier d'estetica viva e reale»,<ref>Lettera a Carolina Cristofori Piva, 23 ottobre 1872, ora in M.Saccenti, cit., pp.724-726; i due amanti avevano stabilito di intrattenere una conversazione «fermo posta», in modo che i coniugi rispettivi non si accorgessero della relazione.</ref> materializzazione del proprio ideale classico di bellezza, continuava a scrivere e a dedicare versi, e dopo averla sempre chiamata Lina, passò in poesia a rivolgerlesi con un più oraziano Lidia.


La relazione culminerà nel 1873 con la nascita di Gino Piva, ritenuto figlio legittimo del generale garibaldino Domenico Piva.<ref>La paternità di Carducci è stata dimostrata da [[Guido Davico Bonino]] nell'opera ''Il leone e la pantera. Lettere d'amore a Lidia (1872-1878)'', Roma, Salerno, 2010</ref> Carducci, tuttavia, nutriva una profonda gelosia per l'amico Panzacchi che era in confidenza con la Piva e che con lei (dopo che con la Torriani) aveva avuto dei trascorsi. Si arrivò addirittura al punto in cui Carducci ruppe con Panzacchi e gli rimandò indietro i suoi libri. Panzacchi, invece, non fece altrettanto, nutrendo una vera e propria venerazione per il ''vate'': con il tempo il dissidio si placò.<ref>C. Mariotti, ''Panzacchi e la buona melica'', in E. Panzacchi, ''Lyrica'', a cura di C. Mariotti, Roma, Salerno editrice, 2008, pp. XLIX-L</ref>
La relazione culminerà nel 1873 con la nascita di Gino Piva, ritenuto figlio legittimo del generale garibaldino Domenico Piva.<ref>La paternità di Carducci è stata dimostrata da Guido Davico Bonino nell'opera ''Il leone e la pantera. Lettere d'amore a Lidia (1872-1878)'', Roma, Salerno, 2010</ref> Carducci, tuttavia, nutriva una profonda gelosia per l'amico Panzacchi che era in confidenza con la Piva e che con lei (dopo che con la Torriani) aveva avuto dei trascorsi. Si arrivò addirittura al punto in cui Carducci ruppe con Panzacchi e gli rimandò indietro i suoi libri. Panzacchi, invece, non fece altrettanto, nutrendo una vera e propria venerazione per il ''vate'': con il tempo il dissidio si placò.<ref>C. Mariotti, ''Panzacchi e la buona melica'', in E. Panzacchi, ''Lyrica'', a cura di C. Mariotti, Roma, Salerno editrice, 2008, pp. XLIX-L</ref>


Più avanti Carducci ebbe un altro legame extraconiugale: conobbe nel 1890 la scrittrice Annie Vivanti e con lei instaurò una relazione sentimentale.<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2005/giugno/11/Annie_Orco_storie_amore_cinismo_co_9_050611033.shtml ''Annie e l'Orco: storie d'amore e cinismo''], Corriere.it, 2005</ref><ref>G.Cattaneo, [http://books.google.es/books?id=M9JLAAAAMAAJ ''Il gran lombardo''], 1991, p.40</ref>
Più avanti Carducci ebbe un altro legame extraconiugale: conobbe nel 1890 la scrittrice Annie Vivanti e con lei instaurò una relazione sentimentale.<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2005/giugno/11/Annie_Orco_storie_amore_cinismo_co_9_050611033.shtml ''Annie e l'Orco: storie d'amore e cinismo''], Corriere.it, 2005</ref><ref>G.Cattaneo, [http://books.google.es/books?id=M9JLAAAAMAAJ ''Il gran lombardo''], 1991, p.40</ref>
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Nella sessione elettorale del 19 novembre fu eletto deputato al Parlamento per il Collegio di Lugo di Romagna, su richiesta dei cittadini. Non essendo però stato sorteggiato tra coloro che dovevano andare a Montecitorio, fu un ruolo fondamentalmente onorifico che non gli tolse tempo da dedicare alle consuete occupazioni. Era, quello politico, un mondo ben lontano dalle idealità del Carducci, ma la sua adesione va letta nel senso di una spontanea e per certi versi ingenua volontà di dare il proprio contributo al miglioramento della società civile.<ref>G.Chiarini, pp.196-197</ref>
Nella sessione elettorale del 19 novembre fu eletto deputato al Parlamento per il Collegio di Lugo di Romagna, su richiesta dei cittadini. Non essendo però stato sorteggiato tra coloro che dovevano andare a Montecitorio, fu un ruolo fondamentalmente onorifico che non gli tolse tempo da dedicare alle consuete occupazioni. Era, quello politico, un mondo ben lontano dalle idealità del Carducci, ma la sua adesione va letta nel senso di una spontanea e per certi versi ingenua volontà di dare il proprio contributo al miglioramento della società civile.<ref>G.Chiarini, pp.196-197</ref>


Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in ''Rime Nuove'' (1861-1887) e in ''Odi barbare'' (1877-1889). Proseguì l'insegnamento universitario e alla sua scuola si formarono personalità come Giovanni Pascoli<ref>[http://www3.unibo.it/avl/storia/carducci.htm Università di Bologna] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080518135026/http://www2.unibo.it/avl/storia/carducci.htm |data=18 maggio 2008 }}</ref>, Severino Ferrari<ref>[http://www.casacarducci.it/comitatonazionale/profilo.htm Comitato Nazionale per il centenario della morte di Giusuè Carducci] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20101029155638/http://www.casacarducci.it/comitatonazionale/profilo.htm |data=29 ottobre 2010 }}</ref>, Giuseppe Albini, Vittorio Rugarli, Adolfo Albertazzi, Giovanni Zibordi, Niccolò Rodolico, Renato Serra, Ugo Brilli, Alfredo Panzini<ref>Vedi l'opera ''Carducci'' di Renato Serra e Alfredo Panzini</ref>, Manara Valgimigli, Luigi Federzoni, Guido Mazzoni, Gino Rocchi, Alfonso Bertoldi, Flaminio Pellegrini ed Emma Tettoni.
Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in ''Rime Nuove'' (1861-1887) e in ''Odi barbare'' (1877-1889). Proseguì l'insegnamento universitario e alla sua scuola si formarono personalità come Giovanni Pascoli<ref>[http://www3.unibo.it/avl/storia/carducci.htm Università di Bologna] </ref>, Severino Ferrari<ref>[http://www.casacarducci.it/comitatonazionale/profilo.htm Comitato Nazionale per il centenario della morte di Giusuè Carducci] </ref>, Giuseppe Albini, Vittorio Rugarli, Adolfo Albertazzi, Giovanni Zibordi, Niccolò Rodolico, Renato Serra, Ugo Brilli, Alfredo Panzini<ref>Vedi l'opera ''Carducci'' di Renato Serra e Alfredo Panzini</ref>, Manara Valgimigli, Luigi Federzoni, Guido Mazzoni, Gino Rocchi, Alfonso Bertoldi, Flaminio Pellegrini ed Emma Tettoni.


Nel 1873 pubblicò ''A proposito di alcuni giudizi su A. Manzoni'' e ''Del rinnovamento letterario d'Italia''. Nel 1874, fece pubblicare la prima edizione a stampa dell'opera di Leone Cobelli, storico del XV secolo, le "Cronache Forlivesi", di cui aveva curato l'edizione insieme ad Enrico Frati.
Nel 1873 pubblicò ''A proposito di alcuni giudizi su A. Manzoni'' e ''Del rinnovamento letterario d'Italia''. Nel 1874, fece pubblicare la prima edizione a stampa dell'opera di Leone Cobelli, storico del XV secolo, le "Cronache Forlivesi", di cui aveva curato l'edizione insieme ad Enrico Frati.
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Certo non bastarono i medici a far cambiar vita al Carducci: tornato a Bologna riprese la vita abituale. Alla fine dell'anno scolastico fu a Desenzano del Garda come commissario d'esami, e a metà luglio prese la via della Carnia. Il mese e mezzo passato a Piano d'Arta fu un vero toccasana. Immerso nella natura e lontano dallo stress cittadino, poté dedicarsi a letture di semplice diletto. La fantasia e l'ispirazione poetica ne ebbero uguale giovamento: scrisse in quei giorni due celebri poesie: ''In Carnia'' e ''Il comune rustico''. Memore inoltre del maggio maremmano, volle rivedere quelle terre anche in ottobre. Passò quindi, assieme a Giuseppe Chiarini e Leopoldo Barboni, altri piacevoli momenti.<ref>Sul soggiorno cfr.L.Barboni, ''Col Carducci a Segalari'', Livorno, Giusti, 1895</ref>
Certo non bastarono i medici a far cambiar vita al Carducci: tornato a Bologna riprese la vita abituale. Alla fine dell'anno scolastico fu a Desenzano del Garda come commissario d'esami, e a metà luglio prese la via della Carnia. Il mese e mezzo passato a Piano d'Arta fu un vero toccasana. Immerso nella natura e lontano dallo stress cittadino, poté dedicarsi a letture di semplice diletto. La fantasia e l'ispirazione poetica ne ebbero uguale giovamento: scrisse in quei giorni due celebri poesie: ''In Carnia'' e ''Il comune rustico''. Memore inoltre del maggio maremmano, volle rivedere quelle terre anche in ottobre. Passò quindi, assieme a Giuseppe Chiarini e Leopoldo Barboni, altri piacevoli momenti.<ref>Sul soggiorno cfr.L.Barboni, ''Col Carducci a Segalari'', Livorno, Giusti, 1895</ref>


L'anno seguente si spostò sulle Prealpi Venete. Nelle lettere inviate da Caprile manifestava tutta la propria meraviglia per la grandezza della natura, l'incanto di fronte a montagne belle come opere d'arte.<ref>Lettera a Giuseppe Chiarini del 21 agosto 1886</ref> Furono giorni di letture shakespeariane, cui si affiancò un nuovo momento creativo. Finì la celebre ''Davanti San Guido'' - rimasta interrotta sin dal [[1874]] - assieme ad altre poesie che entrarono poi a far parte delle ''Rime nuove''.
L'anno seguente si spostò sulle Prealpi Venete. Nelle lettere inviate da Caprile manifestava tutta la propria meraviglia per la grandezza della natura, l'incanto di fronte a montagne belle come opere d'arte.<ref>Lettera a Giuseppe Chiarini del 21 agosto 1886</ref> Furono giorni di letture shakespeariane, cui si affiancò un nuovo momento creativo. Finì la celebre ''Davanti San Guido'' - rimasta interrotta sin dal 1874 - assieme ad altre poesie che entrarono poi a far parte delle ''Rime nuove''.
[[File:Agostino Depretis.jpg|thumb|left|upright=0.7|Agostino Depretis]]
[[File:Agostino Depretis.jpg|thumb|left|upright=0.7|Agostino Depretis]]
Nella primavera del [[1886]], al Carducci fu nuovamente chiesto di concorrere per un seggio alla Camera dei deputati. Del tutto restio ad accettare, e lontano anni luce dal guazzabuglio della politica militante, si trovò tuttavia stavolta in una situazione diversa. Era la sua gente a chiederglielo, erano i maremmani. Vinsero la sua resistenza le parole contenute nella lettera che Agostino Bertani, suo grande amico, scrisse poco prima di morire, esortando la nazione a reagire di fronte a una classe dirigente corrotta e traditrice delle conquiste risorgimentali.
Nella primavera del 1886, al Carducci fu nuovamente chiesto di concorrere per un seggio alla Camera dei deputati. Del tutto restio ad accettare, e lontano anni luce dal guazzabuglio della politica militante, si trovò tuttavia stavolta in una situazione diversa. Era la sua gente a chiederglielo, erano i maremmani. Vinsero la sua resistenza le parole contenute nella lettera che Agostino Bertani, suo grande amico, scrisse poco prima di morire, esortando la nazione a reagire di fronte a una classe dirigente corrotta e traditrice delle conquiste risorgimentali.


«Obbedisco alla voce che mi viene d'oltre la tomba, obbedisco alla voce che mi suona di riva al mio mare. E obbedisco alla voce, che mi comanda dentro, del dovere», scrisse in modo chiaro e conciso nel maggio 1886.<ref>''il Resto del Carlino'', 9 maggio 1886</ref>
«Obbedisco alla voce che mi viene d'oltre la tomba, obbedisco alla voce che mi suona di riva al mio mare. E obbedisco alla voce, che mi comanda dentro, del dovere», scrisse in modo chiaro e conciso nel maggio 1886.<ref>''il Resto del Carlino'', 9 maggio 1886</ref>
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Michele Coppino, allora Ministro dell'Istruzione, pensò di porre rimedio al fallimento creando un ciclo di letture dantesche. Questa volta Carducci aderì al progetto, tenendo a Roma la prima lettura l'8 gennaio 1888 e, sporadicamente, qualche altra nei mesi successivi.
Michele Coppino, allora Ministro dell'Istruzione, pensò di porre rimedio al fallimento creando un ciclo di letture dantesche. Questa volta Carducci aderì al progetto, tenendo a Roma la prima lettura l'8 gennaio 1888 e, sporadicamente, qualche altra nei mesi successivi.


Il 21 gennaio 1888 fu insignito del 33º e ultimo grado del Rito scozzese antico e accettato.<ref>[[Giordano Gamberini]], ''Mille volti di massoni'', Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 159.</ref>
Il 21 gennaio 1888 fu insignito del 33º e ultimo grado del Rito scozzese antico e accettato.<ref>Giordano Gamberini, ''Mille volti di massoni'', Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 159.</ref>


Intanto, anche la secondogenita Laura era convolata a nozze: il 20 settembre 1887 aveva infatti sposato Giulio Gnaccarini, col quale dimorò poi sempre a Bologna.
Intanto, anche la secondogenita Laura era convolata a nozze: il 20 settembre 1887 aveva infatti sposato Giulio Gnaccarini, col quale dimorò poi sempre a Bologna.
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===Nuovi soggiorni alpini, celebrazioni e ''La chiesa di Polenta''===
===Nuovi soggiorni alpini, celebrazioni e ''La chiesa di Polenta''===
Proseguivano intanto le estati alpine; nel [[1891]] fu a [[Madesimo]], e si narra che mentre soggiornava, come farà le numerose volte in cui vi tornerà, all<nowiki>'</nowiki>''Albergo della Cascata'', gli fu riferito che sarebbe arrivata la regina [[Margherita di Savoia]] alla [[stazione di Chiavenna]]: il poeta si presentò accompagnato dalla [[banda musicale]] del paese. Attese invano: era uno scherzo orchestrato dai repubblicani chiavennesi a chi un tempo era stato repubblicano e ora era monarchico.<ref>Fra gli altri, l'aneddoto è ricordato da M. Spagnol-L. Zeppegno, ''Guida alla Lombardia misteriosa'', Sugar, 1968, p. 419.</ref> Il [[1892]] lo vide a [[Pieve di Cadore]], ad [[Auronzo di Cadore|Auronzo]] e a [[Misurina]], dove compose l'ode ''Cadore''. Ovunque andasse, il Carducci si dedicava allo studio della storia e della letteratura del luogo, e così fu anche durante questo soggiorno. Raccolse le ''Antiche laudi cadorine'' e le diede alle stampe quell'anno stesso, con una prefazione di suo pugno. L'anno seguente villeggiò nei dintorni di Bologna, a [[Castiglione dei Pepoli]], ma si recò ugualmente sulle Alpi per qualche giorno. Tornato nella città felsinea, si dedicò a due saggi sul teatro [[Torquato Tasso|tassesco]], uno avendo come soggetto il ''Re Torrismondo'' e l'altro l<nowiki>'</nowiki>''[[Aminta (Tasso)|Aminta]]''. Sempre nel [[1893]], cominciando ad accusare la stanchezza dopo tanti anni d'insegnamento, ottenne di essere affiancato dal discepolo e amico [[Severino Ferrari]].
Proseguivano intanto le estati alpine; nel 1891 fu a Madesimo, e si narra che mentre soggiornava, come farà le numerose volte in cui vi tornerà, all<nowiki>'</nowiki>''Albergo della Cascata'', gli fu riferito che sarebbe arrivata la regina Margherita di Savoia alla stazione di Chiavenna: il poeta si presentò accompagnato dalla banda musicale del paese. Attese invano: era uno scherzo orchestrato dai repubblicani chiavennesi a chi un tempo era stato repubblicano e ora era monarchico.<ref>Fra gli altri, l'aneddoto è ricordato da M. Spagnol-L. Zeppegno, ''Guida alla Lombardia misteriosa'', Sugar, 1968, p. 419.</ref> Il 1892 lo vide a Pieve di Cadore, ad Auronzo e a Misurina, dove compose l'ode ''Cadore''. Ovunque andasse, il Carducci si dedicava allo studio della storia e della letteratura del luogo, e così fu anche durante questo soggiorno. Raccolse le ''Antiche laudi cadorine'' e le diede alle stampe quell'anno stesso, con una prefazione di suo pugno. L'anno seguente villeggiò nei dintorni di Bologna, a Castiglione dei Pepoli, ma si recò ugualmente sulle Alpi per qualche giorno. Tornato nella città felsinea, si dedicò a due saggi sul teatro tassesco, uno avendo come soggetto il ''Re Torrismondo'' e l'altro l<nowiki>'</nowiki>''Aminta''. Sempre nel 1893, cominciando ad accusare la stanchezza dopo tanti anni d'insegnamento, ottenne di essere affiancato dal discepolo e amico Severino Ferrari.


Dal [[1894]] [[Madesimo]] assurse a rango di località di ristoro preferita, dal momento che fu scelta in cinque estati su sei, essendo il Carducci tornato a [[Courmayeur]] nel [[1895]].
Dal 1894 Madesimo assurse a rango di località di ristoro preferita, dal momento che fu scelta in cinque estati su sei, essendo il Carducci tornato a Courmayeur nel 1895.


La scena politica italiana non aveva cessato di vivere esperienze tumultuose. Alla caduta del [[Governo Giolitti I|governo Giolitti]] sembrava dovesse diventare Presidente del Consiglio l'onorevole [[Giuseppe Zanardelli]], ma [[Umberto I]] si oppose incaricando [[Francesco Crispi|Crispi]] di formare per la [[Governo Crispi III|terza volta]] il gabinetto. La stampa dell'epoca si scagliò senza pietà contro lo statista siciliano, indignando Giosuè che non perdeva occasione di dimostrargli il proprio sostegno, scrivendo anche un'ode per il matrimonio della figlia di Crispi, avvenuto il 10 gennaio 1895, attirando su di sé critiche e polemiche, cui non mancò di replicare nella ''Gazzetta dell'Emilia''.<ref>G.Chiarini, pp.316-321</ref>
La scena politica italiana non aveva cessato di vivere esperienze tumultuose. Alla caduta del governo Giolitti sembrava dovesse diventare Presidente del Consiglio l'onorevole Giuseppe Zanardelli, ma Umberto I si oppose incaricando Crispi di formare per la terza volta il gabinetto. La stampa dell'epoca si scagliò senza pietà contro lo statista siciliano, indignando Giosuè che non perdeva occasione di dimostrargli il proprio sostegno, scrivendo anche un'ode per il matrimonio della figlia di Crispi, avvenuto il 10 gennaio 1895, attirando su di sé critiche e polemiche, cui non mancò di replicare nella ''Gazzetta dell'Emilia''.<ref>G.Chiarini, pp.316-321</ref>


Da anni si pensava ad una grande festa per il professore, che, rinunciando nel [[1887]] alla cattedra dantesca capitolina, aveva dato ai bolognesi la dimostrazione d'affetto definitiva. Si era pensato al [[1890]], in cui cadeva il trentesimo anniversario dall'arrivo a Bologna, ma si decise di ritardare per fare le cose in grande. Alle due del pomeriggio, il 6 febbraio [[1896]], Carducci venne solennemente festeggiato nella sala maggiore dell'Archiginnasio, alla presenza di un pubblico molto numeroso, al cui interno c'erano naturalmente le personalità più significative della città. Parlarono in lode del Nostro il sindaco [[Alberto Dallolio]], il preside di Lettere Francesco Bertolini, [[Giovanni Battista Gandino]] - che insegnava letteratura latina - e il sindaco di [[Pietrasanta]], venuto a presentare l'omaggio dei borghigiani del luogo natìo.<ref>G.Chiarini, pp.322-325; dei discepoli più noti erano presenti Pascoli, Mazzoni, Ferrari, Casini.</ref>
Da anni si pensava ad una grande festa per il professore, che, rinunciando nel 1887 alla cattedra dantesca capitolina, aveva dato ai bolognesi la dimostrazione d'affetto definitiva. Si era pensato al 1890, in cui cadeva il trentesimo anniversario dall'arrivo a Bologna, ma si decise di ritardare per fare le cose in grande. Alle due del pomeriggio, il 6 febbraio 1896, Carducci venne solennemente festeggiato nella sala maggiore dell'Archiginnasio, alla presenza di un pubblico molto numeroso, al cui interno c'erano naturalmente le personalità più significative della città. Parlarono in lode del Nostro il sindaco Alberto Dallolio, il preside di Lettere Francesco Bertolini, Giovanni Battista Gandino - che insegnava letteratura latina - e il sindaco di Pietrasanta, venuto a presentare l'omaggio dei borghigiani del luogo natìo.<ref>G.Chiarini, pp.322-325; dei discepoli più noti erano presenti Pascoli, Mazzoni, Ferrari, Casini.</ref>


Qualche giorno prima, il 24 gennaio, gli studenti avevano offerto a Giosuè un albo in cui si erano premurati di raccogliere i nomi di tutti gli studenti che in trentacinque anni avevano beneficiato dell'insigne guida. Nelle parole carducciane di ringraziamento è ravvisabile il manifesto della sua concezione dell'insegnamento e dell'arte: {{citazione|Da me non troppe cose certo avrete imparato, ma io ho voluto ispirar me e innalzar voi sempre a questo concetto: di anteporre sempre nella vita, spogliando i vecchi abiti di una società guasta, l'essere al parere, il dovere al piacere; di mirare alto nell'arte, dico, anzi alla semplicità che all'artifizio, anzi alla grazia che alla maniera, anzi alla forza che alla pompa, anzi alla verità ed alla giustizia che alla gloria. Questo vi ho sempre ispirato e di questo non sento mancarmi la ferma coscienza.<ref>''Opere'', XII, pp.572 e ss.</ref>}}
Qualche giorno prima, il 24 gennaio, gli studenti avevano offerto a Giosuè un albo in cui si erano premurati di raccogliere i nomi di tutti gli studenti che in trentacinque anni avevano beneficiato dell'insigne guida.  


Due gravi lutti colpirono il professore negli anni appresso. Il 25 agosto [[1896]] si spense [[Enrico Nencioni]], della cui fraterna amicizia aveva goduto per quasi cinquant'anni, mentre due anni dopo morì improvvisamente il genero Carlo Bevilacqua, che lasciava così la Bice vedova con cinque figli. Carducci accorse nella [[Livorno|città labronica]] e portò figli e nipoti a Bologna, dove provvide alla loro sistemazione e a tutte le loro necessità.<ref>G.Chiarini, pp.325-332</ref>
Due gravi lutti colpirono il professore negli anni appresso. Il 25 agosto 1896 si spense Enrico Nencioni, della cui fraterna amicizia aveva goduto per quasi cinquant'anni, mentre due anni dopo morì improvvisamente il genero Carlo Bevilacqua, che lasciava così la Bice vedova con cinque figli. Carducci accorse nella città labronica e portò figli e nipoti a Bologna, dove provvide alla loro sistemazione e a tutte le loro necessità.<ref>G.Chiarini, pp.325-332</ref>


Il 5 giugno [[1897]] segna invece un evento positivo, foriero di conseguenze umane e letterarie. Accompagnato dall'amico e allievo sanscritista [[Vittorio Rugarli]], Carducci viene accolto con riguardo a ''[[Villa Sylvia]]'' (a [[Lizzano (Cesena)|Lizzano]]), proprietà dei conti Giuseppe e Silvia Pasolini Zanelli, con i quali il Nostro era legato da decennale amicizia. Aveva cominciato a frequentarli nell'inverno del [[1887]] quando, di passaggio in Romagna, fu invitato a cenare nella loro villa di [[Faenza]], alla presenza di Marina Baroni Semitecolo, madre di Silvia, intima di [[Aleardo Aleardi]] e vecchia conoscenza dello stesso Carducci.
Il 5 giugno 1897 segna invece un evento positivo, foriero di conseguenze umane e letterarie. Accompagnato dall'amico e allievo sanscritista Vittorio Rugarli, Carducci viene accolto con riguardo a ''Villa Sylvia'' (a Lizzano), proprietà dei conti Giuseppe e Silvia Pasolini Zanelli, con i quali il Nostro era legato da decennale amicizia. Aveva cominciato a frequentarli nell'inverno del 1887 quando, di passaggio in Romagna, fu invitato a cenare nella loro villa di Faenza, alla presenza di Marina Baroni Semitecolo, madre di Silvia, intima di Aleardo Aleardi e vecchia conoscenza dello stesso Carducci.


Nella primavera dello stesso 1887 Giosuè aveva visitato per la prima volta la [[Pieve di San Donato in Polenta]], a [[Bertinoro]], dove secondo la tradizione pregarono [[Dante Alighieri|Dante]] e [[Francesca da Polenta]], immortalata nel [[V canto dell'Inferno|quinto canto dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'']]. Nelle vicinanze sorgeva un cipresso secolare, legato dalla tradizione all'infelice moglie di Gianciotto Malatesta, che sarebbe nata a pochi metri di distanza.<ref>A.Messeri (a cura di), ''Da un carteggio inedito di Giosuè Carducci'', Bologna-Rocca san Casciano, Zanichelli-Cappelli, 1907, pp.37-42</ref> Accanto alla commozione ci fu per il poeta un motivo di grande dispiacere: la chiesa era in uno stato pietoso.
Nella primavera dello stesso 1887 Giosuè aveva visitato per la prima volta la Pieve di San Donato in Polenta, a Bertinoro, dove secondo la tradizione pregarono Dante e Francesca da Polenta, immortalata nel quinto canto dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno''. Nelle vicinanze sorgeva un cipresso secolare, legato dalla tradizione all'infelice moglie di Gianciotto Malatesta, che sarebbe nata a pochi metri di distanza.<ref>A.Messeri (a cura di), ''Da un carteggio inedito di Giosuè Carducci'', Bologna-Rocca san Casciano, Zanichelli-Cappelli, 1907, pp.37-42</ref> Accanto alla commozione ci fu per il poeta un motivo di grande dispiacere: la chiesa era in uno stato pietoso.
[[File:Facciata pieve San Donato polenta.JPG|thumb|left|upright=0.8|La facciata della chiesa oggi]]
[[File:Facciata pieve San Donato polenta.JPG|thumb|left|upright=0.8|La facciata della chiesa oggi]]
L'amicizia con i Pasolini divenne ancor più salda quando negli anni novanta vennero ad abitare a Bologna. Lo stato in cui si trovava la chiesa preoccupava sia Giosuè che i Pasolini, e fu così che, in collaborazione con l'arciprete della Pieve, cominciarono a battersi perché fossero iniziati i restauri. Il campanile cadeva a pezzi e tutta la struttura andava rinnovata. Infine, grazie agli sforzi del conte Giuseppe, deputato a [[Cesena]], e agli aiuti economici dei Pasolini e altre eminenti personalità, fu possibile procedere al restauro.<ref>A.Messeri, pp.26-34</ref>
L'amicizia con i Pasolini divenne ancor più salda quando negli anni novanta vennero ad abitare a Bologna. Lo stato in cui si trovava la chiesa preoccupava sia Giosuè che i Pasolini, e fu così che, in collaborazione con l'arciprete della Pieve, cominciarono a battersi perché fossero iniziati i restauri. Il campanile cadeva a pezzi e tutta la struttura andava rinnovata. Infine, grazie agli sforzi del conte Giuseppe, deputato a Cesena, e agli aiuti economici dei Pasolini e altre eminenti personalità, fu possibile procedere al restauro.<ref>A.Messeri, pp.26-34</ref>


Così, il giorno successivo all'arrivo a ''Villa Sylvia'', il 6 giugno 1897, il poeta venne accompagnato alla chiesa di Polenta. Carducci ebbe la gioia di vedere la chiesa parzialmente restaurata, e il mese successivo compose uno dei suoi testi più celebri, l'ode ''La chiesa di Polenta'', comparsa il 15 settembre nell<nowiki>'</nowiki>''Italia'' di Roma e stampata in opuscoletto da Zanichelli il 9 ottobre.<ref>A.Messeri, p.44</ref> L'eco suscitata dal componimento, in cui si chiedeva di portare i lavori a compimento, fu lo sprone decisivo per riparare anche il cadente campanile.
Così, il giorno successivo all'arrivo a ''Villa Sylvia'', il 6 giugno 1897, il poeta venne accompagnato alla chiesa di Polenta. Carducci ebbe la gioia di vedere la chiesa parzialmente restaurata, e il mese successivo compose uno dei suoi testi più celebri, l'ode ''La chiesa di Polenta'', comparsa il 15 settembre nell<nowiki>'</nowiki>''Italia'' di Roma e stampata in opuscoletto da Zanichelli il 9 ottobre.<ref>A.Messeri, p.44</ref> L'eco suscitata dal componimento, in cui si chiedeva di portare i lavori a compimento, fu lo sprone decisivo per riparare anche il cadente campanile.


Il 21 luglio [[1898]] un fulmine abbatteva il cipresso della tradizione, suscitando nei Pasolini e nel poeta l'immediato desiderio di piantarne uno nuovo. Così, il 26 ottobre Giosuè - accompagnato tra gli altri dal fratello Valfredo, che era divenuto direttore della Scuola Normale di [[Forlimpopoli]] - si recò sul colle di Conzano, dove fu piantato l'albero e costruita una piccola arca, all'interno della quale fu posta una pergamena a celebrazione dell'evento, recante in calce la frase latina «Quod bonum felix faustumque sit», scritta dal Carducci stesso, che si rallegrò inoltre di vedere la riparazione del campanile già avviata.
Il 21 luglio 1898 un fulmine abbatteva il cipresso della tradizione, suscitando nei Pasolini e nel poeta l'immediato desiderio di piantarne uno nuovo. Così, il 26 ottobre Giosuè - accompagnato tra gli altri dal fratello Valfredo, che era divenuto direttore della Scuola Normale di Forlimpopoli - si recò sul colle di Conzano, dove fu piantato l'albero e costruita una piccola arca, all'interno della quale fu posta una pergamena a celebrazione dell'evento, recante in calce la frase latina «Quod bonum felix faustumque sit», scritta dal Carducci stesso, che si rallegrò inoltre di vedere la riparazione del campanile già avviata.


Il medesimo giorno il sindaco Farini conferiva al cantore della chiesa polentana la cittadinanza bertinorese, omaggiandolo di un diploma la cui cornice era stata ricavata dal legno del cipresso abbattuto.<ref>A.Messeri, pp.46-50</ref>
Il medesimo giorno il sindaco Farini conferiva al cantore della chiesa polentana la cittadinanza bertinorese, omaggiandolo di un diploma la cui cornice era stata ricavata dal legno del cipresso abbattuto.<ref>A.Messeri, pp.46-50</ref>
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===Gli ultimi anni di vita===
===Gli ultimi anni di vita===


Come si è visto, non aveva quindi smesso di scrivere poesie. Nel [[1898]] riunì pertanto tutti i componimenti successivi alle ''Rime nuove'' e alle ''Terze Odi barbare'' in un volumetto elzeviriano: ''Rime e Ritmi''. È l'ultima raccolta, e comprende ''La chiesa di Polenta''. La stampa fu completata il 15 dicembre, ma il libro reca come data il [[1899]], anno in cui scelse nuovamente Madesimo per il ristoro estivo.
Come si è visto, non aveva quindi smesso di scrivere poesie. Nel 1898 riunì pertanto tutti i componimenti successivi alle ''Rime nuove'' e alle ''Terze Odi barbare'' in un volumetto elzeviriano: ''Rime e Ritmi''. È l'ultima raccolta, e comprende ''La chiesa di Polenta''. La stampa fu completata il 15 dicembre, ma il libro reca come data il 1899, anno in cui scelse nuovamente Madesimo per il ristoro estivo.


Uno scritto licenziato da [[Alfredo Panzini]] per la ''Rivista d'Italia'' del maggio [[1901]] ci racconta come Carducci passasse le giornate durante il soggiorno, dimostrando una volta di più come i costumi carducciani siano rimasti sempre immutati (Panzini aveva raggiunto il maestro nella località lombarda). Apprendiamo che Giosuè risiedeva, come negli anni innanzi, a ''Villa Adele'', e mangiava poi all<nowiki>'</nowiki>''Albergo della Cascata'', dove giungeva in ritardo rispetto agli altri commensali, in quanto costantemente impegnato nello studio. Pur avendo quasi raggiunto i 65 anni, Carducci lavorava ancora otto ore al giorno.<ref>A.Panzini, ''Rivista d'Italia'', maggio 1901</ref> Era stanco, ma anche stavolta riempì di oneri il periodo che si è soliti dedicare a rinfrancare la mente. Preparava una prefazione alla ristampa dei ''[[Rerum Italicarum Scriptores]]'' di [[Ludovico Antonio Muratori]]<ref>Lettera a Chiarini del 26 agosto 1899</ref> e uno studio su [[Alberto Mario]], che sarebbe dovuto comparire nella seconda edizione dei suoi ''Scritti'' (la prima era uscita già nel [[1884]]).
Uno scritto licenziato da Alfredo Panzini per la ''Rivista d'Italia'' del maggio 1901 ci racconta come Carducci passasse le giornate durante il soggiorno, dimostrando una volta di più come i costumi carducciani siano rimasti sempre immutati (Panzini aveva raggiunto il maestro nella località lombarda). Apprendiamo che Giosuè risiedeva, come negli anni innanzi, a ''Villa Adele'', e mangiava poi all<nowiki>'</nowiki>''Albergo della Cascata'', dove giungeva in ritardo rispetto agli altri commensali, in quanto costantemente impegnato nello studio. Pur avendo quasi raggiunto i 65 anni, Carducci lavorava ancora otto ore al giorno.<ref>A.Panzini, ''Rivista d'Italia'', maggio 1901</ref> Era stanco, ma anche stavolta riempì di oneri il periodo che si è soliti dedicare a rinfrancare la mente. Preparava una prefazione alla ristampa dei ''Rerum Italicarum Scriptores'' di Ludovico Antonio Muratori<ref>Lettera a Chiarini del 26 agosto 1899</ref> e uno studio su Alberto Mario, che sarebbe dovuto comparire nella seconda edizione dei suoi ''Scritti'' (la prima era uscita già nel 1884).


Tornato a casa, aveva praticamente portato a termine la prima fatica, ma col Mario non era riuscito ad andare avanti. La vedova [[Jessie White|Jessie]] chiese di poter pubblicare il volume con la sola parte proemiale già scritta e Carducci accettò. Il libro uscì nel 1901.
Tornato a casa, aveva praticamente portato a termine la prima fatica, ma col Mario non era riuscito ad andare avanti. La vedova Jessie chiese di poter pubblicare il volume con la sola parte proemiale già scritta e Carducci accettò. Il libro uscì nel 1901.


[[File:Carducci e Bonci a Villa Silvia (Cesena).jpg|thumb|left|Carducci assieme al tenore [[Alessandro Bonci|Bonci]] e la Contessa Silvia Baroni Semitecolo Pasolini a [[Villa Silvia]] in [[Cesena]]]]
[[File:Carducci e Bonci a Villa Silvia (Cesena).jpg|thumb|left|Carducci assieme al tenore Bonci e la Contessa Silvia Baroni Semitecolo Pasolini a Villa Silvia in Cesena]]
La mattina del 25 settembre [[1899]] fu colto da una nuova paralisi della mano destra; questa volta la portata dell'attacco fu maggiore e gli impedì un corretto uso delle articolazioni per alcuni mesi, tanto che, riuscendo a scrivere solo con grande fatica, dovette spesso ricorrere alla dettatura.<ref>Sospese le lezioni, con grande dispiacere, per alcune settimane, e prese un periodo di riposo, durante il quale si recava a Ozano a trovare Giovanni Battista Gandino e a Firenze dal dottor Luigi Billi.</ref>
La mattina del 25 settembre 1899 fu colto da una nuova paralisi della mano destra; questa volta la portata dell'attacco fu maggiore e gli impedì un corretto uso delle articolazioni per alcuni mesi, tanto che, riuscendo a scrivere solo con grande fatica, dovette spesso ricorrere alla dettatura.<ref>Sospese le lezioni, con grande dispiacere, per alcune settimane, e prese un periodo di riposo, durante il quale si recava a Ozano a trovare Giovanni Battista Gandino e a Firenze dal dottor Luigi Billi.</ref>


Ben più drammatica era la situazione dei Pasolini: dopo aver perso due figli, il 28 dicembre [[1898]] era morto anche Pierino, l'ultimo rimasto. Lo strazio fu in qualche modo alleviato dalle cure del poeta, che cominciò a recarsi a [[Lizzano (Cesena)|Lizzano]] con una certa frequenza. Invitato alla [[Villa Silvia|villa]], la raggiunse assieme alla moglie Elvira nel maggio [[1900]]. Quasi quotidianamente scendeva a [[Cesena]] per portare conforto agli sventurati genitori, che si erano stabilmente insediati nella loro villa di città, dato che dopo la morte di Pierino non avevano più osato recarsi a Lizzano. Il Carducci dette loro coraggio, e tutti insieme salirono a piangere nei luoghi dove avevano visto crescere l'amato figlio.<ref>A.Messeri, pp.54-55</ref>
Ben più drammatica era la situazione dei Pasolini: dopo aver perso due figli, il 28 dicembre 1898 era morto anche Pierino, l'ultimo rimasto. Lo strazio fu in qualche modo alleviato dalle cure del poeta, che cominciò a recarsi a Lizzano con una certa frequenza. Invitato alla villa, la raggiunse assieme alla moglie Elvira nel maggio 1900. Quasi quotidianamente scendeva a Cesena per portare conforto agli sventurati genitori, che si erano stabilmente insediati nella loro villa di città, dato che dopo la morte di Pierino non avevano più osato recarsi a Lizzano. Il Carducci dette loro coraggio, e tutti insieme salirono a piangere nei luoghi dove avevano visto crescere l'amato figlio.<ref>A.Messeri, pp.54-55</ref>


Carducci detterà inoltre le parole per l'erma funeraria fatta scolpire in memoria di Pierino nel cimitero di [[Faenza]] (settembre 1901). I Pasolini accoglieranno il poeta pressoché ogni anno nel suo ultimo scorcio di vita; il [[1902]] fu l'occasione per visitare [[Longiano]], il [[1903]] lo vide recarsi a Faenza e [[Modigliana]], nell'anno [[1904]] fu a [[Cervia]] e [[Rimini]], in quello successivo a [[Cesenatico]], Cervia, [[Montiano]] e Carpineta e nella primavera del [[1906]] vide per l'ultima volta [[Bertinoro]] e la pieve polentana.<ref>A.Messeri, pp.55-60</ref>
Carducci detterà inoltre le parole per l'erma funeraria fatta scolpire in memoria di Pierino nel cimitero di Faenza (settembre 1901). I Pasolini accoglieranno il poeta pressoché ogni anno nel suo ultimo scorcio di vita; il 1902 fu l'occasione per visitare Longiano, il 1903 lo vide recarsi a Faenza e Modigliana, nell'anno 1904 fu a Cervia e Rimini, in quello successivo a Cesenatico, Cervia, Montiano e Carpineta e nella primavera del 1906 vide per l'ultima volta Bertinoro e la pieve polentana.<ref>A.Messeri, pp.55-60</ref>


Due generazioni e due poetiche si trovarono a confronto l'11 aprile 1901; [[Gabriele D'Annunzio]] era giunto a Bologna per la rappresentazione della sua ''[[Francesca da Rimini (D'Annunzio)|Francesca da Rimini]]'', in programma al [[Teatro comunale (Bologna)|Comunale]]. Per l'occasione il pescarese e Carducci si incontrarono nella redazione de ''[[Il Resto del Carlino]]'' dove fu allestito un sontuoso banchetto e i due mangiarono insieme. La famosa scena fu immortalata da una caricatura del celebre pittore locale [[Nasica (Augusto Majani)|Nasica]] (pseudonimo di Augusto Majani), che era solito rappresentare nei propri bozzetti i momenti più significativi della vita cittadina.<ref>A.Testoni, ''Ottocento bolognese. Nuovi ricordi di Bologna che scompare'', Bologna, Licinio Cappelli, 1933, pp.37-39</ref>
Due generazioni e due poetiche si trovarono a confronto l'11 aprile 1901; Gabriele D'Annunzio era giunto a Bologna per la rappresentazione della sua ''Francesca da Rimini'', in programma al Comunale. Per l'occasione il pescarese e Carducci si incontrarono nella redazione de ''Il Resto del Carlino'' dove fu allestito un sontuoso banchetto e i due mangiarono insieme. La famosa scena fu immortalata da una caricatura del celebre pittore locale Nasica (pseudonimo di Augusto Majani), che era solito rappresentare nei propri bozzetti i momenti più significativi della vita cittadina.<ref>A.Testoni, ''Ottocento bolognese. Nuovi ricordi di Bologna che scompare'', Bologna, Licinio Cappelli, 1933, pp.37-39</ref>


Carducci aveva intanto mantenuto la propria fedeltà nei riguardi di casa Savoia, e il rapporto con la regina era sempre rimasto cordiale, al punto che [[Margherita di Savoia|Margherita]] acquistò nel [[1902]] la biblioteca privata dello scrittore, lasciandogliene tuttavia l'utilizzo.<ref>G.Basilone, p.12</ref>
Carducci aveva intanto mantenuto la propria fedeltà nei riguardi di casa Savoia, e il rapporto con la regina era sempre rimasto cordiale, al punto che Margherita acquistò nel 1902 la biblioteca privata dello scrittore, lasciandogliene tuttavia l'utilizzo.<ref>G.Basilone, p.12</ref>


Nel [[1904]] fu costretto a lasciare l'insegnamento per motivi di salute. L'impegno svolto gli valse la stessa pensione che fu data nel [[1859]] al [[Alessandro Manzoni|Manzoni]].<ref>G.Basilone, p.13</ref> Gli succedette [[Giovanni Pascoli]]. Nel [[1906]] l'[[Accademia Svedese]] gli conferì il [[Premio Nobel per la letteratura]], ma il poeta, già ammalato, non si recò a [[Stoccolma]], limitandosi a ricevere in casa propria l'ambasciatore di [[Svezia]] in Italia. La [[morte]] (per [[cirrosi epatica]]) lo colse nella sua abitazione di Bologna il 16 febbraio [[1907]].<ref>Nello stesso 1907 nacque a Roma un suo pronipote, chiamato anch'egli Giosuè Carducci in onore dell'illustre predecessore. Cfr.
Nel 1904 fu costretto a lasciare l'insegnamento per motivi di salute. L'impegno svolto gli valse la stessa pensione che fu data nel 1859 al Manzoni.<ref>G.Basilone, p.13</ref> Gli succedette Giovanni Pascoli. Nel 1906 l'Accademia Svedese gli conferì il [[Premio Nobel per la letteratura]], ma il poeta, già ammalato, non si recò a Stoccolma, limitandosi a ricevere in casa propria l'ambasciatore di Svezia in Italia. La morte (per cirrosi epatica) lo colse nella sua abitazione di Bologna il 16 febbraio 1907.<ref>Nello stesso 1907 nacque a Roma un suo pronipote, chiamato anch'egli Giosuè Carducci in onore dell'illustre predecessore. Cfr.
''Carducci. Albero Genealogico'', Roma, Ferraresi, 1989, p.22</ref> Fu tumulato con esequie solenni alla [[Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna|Certosa di Bologna]]<ref>[http://goirsaa.it/goirsaa_Giosu%E8%20CARDUCCI.htm Giosuè CARDUCCI - Grande Oriente d'Italia. In calce all'articolo è la foto che ritrae il poeta sul letto di morte con i paramenti del 33° del Rito Scozzese della Massoneria]</ref>.
''Carducci. Albero Genealogico'', Roma, Ferraresi, 1989, p.22</ref> Fu tumulato con esequie solenni alla Certosa di Bologna<ref>[http://goirsaa.it/goirsaa_Giosu%E8%20CARDUCCI.htm Giosuè CARDUCCI - Grande Oriente d'Italia. In calce all'articolo è la foto che ritrae il poeta sul letto di morte con i paramenti del 33° del Rito Scozzese della Massoneria]</ref>.


Tra gli onori e i monumenti che gli furono innalzati dopo la sua morte c'è l'[[edizione nazionale]] delle ''Opere'' in 30 volumi (Bologna, N. Zanichelli, 1935-40) e delle ''Lettere'' in 22 volumi (Bologna, N. Zanichelli, 1939-68).
Tra gli onori e i monumenti che gli furono innalzati dopo la sua morte c'è l'edizione nazionale delle ''Opere'' in 30 volumi (Bologna, N. Zanichelli, 1935-40) e delle ''Lettere'' in 22 volumi (Bologna, N. Zanichelli, 1939-68).


[[File:Carducci tomba.jpg|thumb|Tomba Carducci alla Certosa di Bologna]]
[[File:Carducci tomba.jpg|thumb|Tomba Carducci alla Certosa di Bologna]]


==Poetica e pensiero==
==Poetica e pensiero==
[[File:Francobollo Carducci 2007.jpg|thumb|left|Francobollo emesso per il centenario della morte]]
L'amore per la patria al di sopra di tutto: se si comprende a fondo questo motto la poetica carducciana risulta già spiegata nelle sue linee essenziali. Si aggiunga un innato amore per il bello, per la natura, un'incondizionata adesione alla vita nelle sue espressioni più genuine, e il quadro potrà dirsi completo. Le scelte di campo contingenti, i diversi schieramenti politici e ideologici cui dovette aderire nel tempo, sono solo una conseguenza del suo carattere schietto e impermeabile a ogni forma di doppiezza, e non contengono al loro interno alcuna contraddizione.<ref>B.Croce, pp.46-50</ref>
L'amore per la patria al di sopra di tutto: se si comprende a fondo questo motto la poetica carducciana risulta già spiegata nelle sue linee essenziali. Si aggiunga un innato amore per il bello, per la natura, un'incondizionata adesione alla vita nelle sue espressioni più genuine, e il quadro potrà dirsi completo. Le scelte di campo contingenti, i diversi schieramenti politici e ideologici cui dovette aderire nel tempo, sono solo una conseguenza del suo carattere schietto e impermeabile a ogni forma di doppiezza, e non contengono al loro interno alcuna contraddizione.<ref>B.Croce, pp.46-50</ref>


Per questo con Carducci si ebbe una reazione al tardo [[romanticismo]] ([[Giovanni Prati|Prati]], [[Aleardo Aleardi|Aleardi]], [[Francesco Dall'Ongaro|Dall'Ongaro]]), perché il raggiungimento dell'unità nazionale richiedeva forza e virilità, non l'abbandono a svenevoli malinconie. In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una [[Lingua (linguistica)|lingua]] che avesse dignità letteraria. La poetica romantica andava sempre più declinando verso una tenerezza piagnucolosa, verso il facile sentimentalismo e una sorta di languore del tutto contrari all'impetuoso temperamento carducciano, volto a ristabilire attraverso l'esempio antico un modello di società in cui regnino la giustizia e la libertà.<ref>F.Flamini, pp.16-17</ref>
Per questo con Carducci si ebbe una reazione al tardo romanticismo (Prati, Aleardi, Dall'Ongaro), perché il raggiungimento dell'unità nazionale richiedeva forza e virilità, non l'abbandono a svenevoli malinconie. In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una lingua che avesse dignità letteraria. La poetica romantica andava sempre più declinando verso una tenerezza piagnucolosa, verso il facile sentimentalismo e una sorta di languore del tutto contrari all'impetuoso temperamento carducciano, volto a ristabilire attraverso l'esempio antico un modello di società in cui regnino la giustizia e la libertà.<ref>F.Flamini, pp.16-17</ref>


La poetica del Carducci non fu mai antitetica rispetto a quella romantica. L'amore per la vita, per la natura, per il bello non hanno nulla di antiromantico. Le polemiche giovanili avevano un senso nell'ottica della temperie risorgimentale, che portava il Carducci a demonizzare tutto ciò che potesse frapporsi alla riconquista della libertà che fece grande Roma e degni di imperitura gloria i [[Comune medievale|Comuni italiani]] nel [[Medioevo]] (in questo senso va intesa l'idiosincrasia iniziale per le letterature straniere). Quando, a bocce ferme, si diede ad un'analisi puramente artistica della letteratura, imparò ad amare i grandi scrittori e pensatori francesi, i grandi poeti tedeschi, e rivalutò molti romantici, il Prati e il [[Alessandro Manzoni|Manzoni]] in primo luogo.
La poetica del Carducci non fu mai antitetica rispetto a quella romantica. L'amore per la vita, per la natura, per il bello non hanno nulla di antiromantico. Le polemiche giovanili avevano un senso nell'ottica della temperie risorgimentale, che portava il Carducci a demonizzare tutto ciò che potesse frapporsi alla riconquista della libertà che fece grande Roma e degni di imperitura gloria i Comuni italiani nel Medioevo (in questo senso va intesa l'idiosincrasia iniziale per le letterature straniere). Quando, a bocce ferme, si diede ad un'analisi puramente artistica della letteratura, imparò ad amare i grandi scrittori e pensatori francesi, i grandi poeti tedeschi, e rivalutò molti romantici, il Prati e il Manzoni in primo luogo.


Dei francesi trascurò quelli saliti alla ribalta negli anni della sua giovinezza; non si entusiasmò quindi per [[Hippolyte Taine|Taine]] o [[Gustave Flaubert|Flaubert]], tanto per estrapolare due nomi soltanto dalla nutrita schiera di pensatori [[Positivismo|positivisti]] o scrittori [[Naturalismo (letteratura)|naturalisti]] che avranno in [[Émile Zola|Zola]] l'esponente più maturo e culminante. Al contrario, gli ardori carducciani portavano il giovane ad infervorarsi per gli spiriti libertari e rivoluzionari di qualche anno prima; era in autori come [[Victor Hugo|Hugo]], [[Proudhon]], [[Jules Michelet|Michelet]], [[Louis Blanc|Blanc]], [[Augustin Thierry|Thierry]] o [[Heinrich Heine|Heine]] (che può considerarsi francese d'adozione) che Carducci vedeva riflesse le proprie aspirazioni e i propri sogni, le proprie speranze in una società dove l'uomo possa finalmente trovare libertà e dignità.<ref>A.Galletti, ''L'opera di Giosue Carducci. Il poeta, il critico, il maestro'', Bologna, Zanichelli, 1929, vol.I, p.151; per il rapporto di Carducci con la letteratura francese cfr.G.Maugain, ''Giosuè Carducci et la France'', Paris, Champion, 1914</ref>
Dei francesi trascurò quelli saliti alla ribalta negli anni della sua giovinezza; non si entusiasmò quindi per Taine o Flaubert, tanto per estrapolare due nomi soltanto dalla nutrita schiera di pensatori positivisti o scrittori naturalisti che avranno in Zola l'esponente più maturo e culminante. Al contrario, gli ardori carducciani portavano il giovane ad infervorarsi per gli spiriti libertari e rivoluzionari di qualche anno prima; era in autori come Hugo, Proudhon, Michelet, Blanc, Thierry o Heine (che può considerarsi francese d'adozione) che Carducci vedeva riflesse le proprie aspirazioni e i propri sogni, le proprie speranze in una società dove l'uomo possa finalmente trovare libertà e dignità.<ref>A.Galletti, ''L'opera di Giosue Carducci. Il poeta, il critico, il maestro'', Bologna, Zanichelli, 1929, vol.I, p.151; per il rapporto di Carducci con la letteratura francese cfr.G.Maugain, ''Giosuè Carducci et la France'', Paris, Champion, 1914</ref>


Attraverso queste letture poté in maniera del tutto naturale innamorarsi di coloro che, a loro volta, le avevano ispirate: gli [[Illuminismo|illuministi]] del [[XVIII secolo]], [[Voltaire]], [[Denis Diderot|Diderot]] e [[Jean Baptiste Le Rond d'Alembert|D'Alembert]].<ref>A.Galletti, p.152</ref>
Attraverso queste letture poté in maniera del tutto naturale innamorarsi di coloro che, a loro volta, le avevano ispirate: gli illuministi del XVIII secolo, Voltaire, Diderot e D'Alembert.<ref>A.Galletti, p.152</ref>


Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore, [[bellezza]] ed [[Eroe|eroismo]], è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del [[paesaggio]].
Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore, bellezza ed eroismo, è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del paesaggio.


Un altro grande tema dell'arte carducciana è quello della [[memoria (psicologia)|memoria]] che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non c'è più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa. La storia, però, governata da una legge imperscrutabile procede verso il meglio, ed è attraverso la lezione dei classici prima, dei Comuni medioevali e del [[Risorgimento]] poi, che il presente deve esprimere una società migliore.<ref>G.Bertoni, «La lingua poetica di Giosue Carducci», pp.98-100</ref>
Un altro grande tema dell'arte carducciana è quello della memoria che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non c'è più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa. La storia, però, governata da una legge imperscrutabile procede verso il meglio, ed è attraverso la lezione dei classici prima, dei Comuni medioevali e del Risorgimento poi, che il presente deve esprimere una società migliore.<ref>G.Bertoni, «La lingua poetica di Giosue Carducci», pp.98-100</ref>


La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata. Carducci sentì vivamente il clima di fermo impegno morale del Risorgimento e volle, in un momento di crisi di valori, far rinascere quella forza interiore che aveva animato le generazioni del primo Ottocento. La ricostruzione storica per i romantici era pretesto di esortazione all'azione, mentre per lui è solo ripensamento nostalgico di un tempo eroico che ormai non c'è più (per esempio esalta la civiltà romana in ''Dinanzi alle terme di Caracalla'' o gli ideali del libero Comune medievale ne ''Il comune rustico''. Nel componimento ''Nell'annuale della fondazione di Roma'' mostra il suo spirito retorico, come nel verso "cantici di gloria di gloria correran per l'infinito azzurro").
La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata. Carducci sentì vivamente il clima di fermo impegno morale del Risorgimento e volle, in un momento di crisi di valori, far rinascere quella forza interiore che aveva animato le generazioni del primo Ottocento. La ricostruzione storica per i romantici era pretesto di esortazione all'azione, mentre per lui è solo ripensamento nostalgico di un tempo eroico che ormai non c'è più (per esempio esalta la civiltà romana in ''Dinanzi alle terme di Caracalla'' o gli ideali del libero Comune medievale ne ''Il comune rustico''. Nel componimento ''Nell'annuale della fondazione di Roma'' mostra il suo spirito retorico, come nel verso "cantici di gloria di gloria correran per l'infinito azzurro").


Carducci manifesta anche la concezione della [[nemesi storica]], secondo cui le colpe dei tiranni sono scontate dai discendenti anche più lontani (''Per la morte di Napoleone Eugenio''; ''Miramar''). Nelle ''[[Rime nuove]]'' egli contempla la natura che gli appare ora irta e selvaggia (''Traversando la Maremma toscana''), ora dolcemente malinconica poiché è testimone di un tempo felice oramai trascorso (''Nostalgia''), ora luminosa e piena di forza e serenità (''Santa Maria degli Angeli'').
Carducci manifesta anche la concezione della nemesi storica, secondo cui le colpe dei tiranni sono scontate dai discendenti anche più lontani (''Per la morte di Napoleone Eugenio''; ''Miramar''). Nelle ''Rime nuove'' egli contempla la natura che gli appare ora irta e selvaggia (''Traversando la Maremma toscana''), ora dolcemente malinconica poiché è testimone di un tempo felice oramai trascorso (''Nostalgia''), ora luminosa e piena di forza e serenità (''Santa Maria degli Angeli'').


Il suo spirito fu veramente erede del primo [[Romanticismo]], da cui riprese l'amore della libertà, la fede pugnace negli ideali, l'esaltazione gloriosa della storia medievale, la contemplazione commossa e nostalgica della natura, il rimpianto dei sogni giovanili, la pensosa meditazione sul destino umano e sulla morte. Non manca però anche un evidente legame con la cultura del [[positivismo]]: fiducia nella ragione, nella scienza e nel progresso, negazione di ogni prospettiva [[metafisica]] ed [[escatologia|escatologica]].
Il suo spirito fu veramente erede del primo Romanticismo, da cui riprese l'amore della libertà, la fede pugnace negli ideali, l'esaltazione gloriosa della storia medievale, la contemplazione commossa e nostalgica della natura, il rimpianto dei sogni giovanili, la pensosa meditazione sul destino umano e sulla morte. Non manca però anche un evidente legame con la cultura del positivismo: fiducia nella ragione, nella scienza e nel progresso, negazione di ogni prospettiva metafisica ed escatologica.


Bisogna tuttavia prestare molta attenzione circa il rapporto tra Carducci e la religione. Parlare di un Carducci ateo o antireligioso sarebbe un grave errore. Dopo la formazione cattolica ricevuta in famiglia e presso gli [[Scolopi]], il poeta assunse un atteggiamento estremamente aggressivo nei confronti della Chiesa e dei preti, ma ciò fu dovuto ad altri motivi, e potrebbe essere paradossalmente addirittura assunto a prova della sua profonda religiosità e di una naturale affinità con l'insegnamento di [[Cristo]]: insegnamento che vedeva sbeffeggiato proprio da coloro che lo predicavano.
Bisogna tuttavia prestare molta attenzione circa il rapporto tra Carducci e la religione. Parlare di un Carducci ateo o antireligioso sarebbe un grave errore. Dopo la formazione cattolica ricevuta in famiglia e presso gli Scolopi, il poeta assunse un atteggiamento estremamente aggressivo nei confronti della Chiesa e dei preti, ma ciò fu dovuto ad altri motivi, e potrebbe essere paradossalmente addirittura assunto a prova della sua profonda religiosità e di una naturale affinità con l'insegnamento di Cristo: insegnamento che vedeva sbeffeggiato proprio da coloro che lo predicavano.


La Chiesa era contraria alle ideologie risorgimentali e alla [[Rivoluzione francese]], e in virtù dell'alleanza con gli austriaci predicava una morale della rinuncia che costituiva un chiaro ostacolo sulla via dell'unità nazionale. In quanto tale Carducci, naturalmente innamorato dell'energia vitale dell'uomo, oltre che della storia d'Italia, non poté che avversarla.<ref>G.Basilone, pp.20-24</ref> La missione morale e civile da lui affidata alla poesia, la necessità di conformare la propria vita a quanto predicato artisticamente e la profonda convinzione di un imperscrutabile motore della Storia (evidente più che mai nelle ''Odi barbare'') sono però in totale sintonia con lo spirito cristiano, oltre che con gli amatissimi modelli classici.<ref>A.Galletti, cit., vol.I, pp.85-97</ref>
La Chiesa era contraria alle ideologie risorgimentali e alla Rivoluzione francese, e in virtù dell'alleanza con gli austriaci predicava una morale della rinuncia che costituiva un chiaro ostacolo sulla via dell'unità nazionale. In quanto tale Carducci, naturalmente innamorato dell'energia vitale dell'uomo, oltre che della storia d'Italia, non poté che avversarla.<ref>G.Basilone, pp.20-24</ref> La missione morale e civile da lui affidata alla poesia, la necessità di conformare la propria vita a quanto predicato artisticamente e la profonda convinzione di un imperscrutabile motore della Storia (evidente più che mai nelle ''Odi barbare'') sono però in totale sintonia con lo spirito cristiano, oltre che con gli amatissimi modelli classici.<ref>A.Galletti, cit., vol.I, pp.85-97</ref>


I motivi per cui Manzoni ammirava [[Virgilio]] o [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] erano del tutto simili, e anche se sulla pagina scritta il giovane Giosuè si scagliò contro il romantico per antonomasia, i due professavano in realtà la stessa cosa.<ref>A.Galletti, vol.I, pp.85-86</ref> Uno la poneva sul piano cristiano-cattolico, l'altro su quello pagano, ma gli obiettivi che si prefiggevano e che davano all'arte erano affatto sovrapponibili. Passati i fermenti storici e quelli della gioventù, lo stesso Carducci poté riconoscerlo in ''A proposito di alcuni giudizi su A.Manzoni'' ([[1873]]).
I motivi per cui Manzoni ammirava Virgilio o Orazio erano del tutto simili, e anche se sulla pagina scritta il giovane Giosuè si scagliò contro il romantico per antonomasia, i due professavano in realtà la stessa cosa.<ref>A.Galletti, vol.I, pp.85-86</ref> Uno la poneva sul piano cristiano-cattolico, l'altro su quello pagano, ma gli obiettivi che si prefiggevano e che davano all'arte erano affatto sovrapponibili. Passati i fermenti storici e quelli della gioventù, lo stesso Carducci poté riconoscerlo in ''A proposito di alcuni giudizi su A.Manzoni'' (1873).


Si rese anche conto di come il furore giovanile l'avesse portato ad associare clericalismo e spiritualità, Chiesa e idea di Dio. Certo non si autodefinì mai credente nel senso tradizionale, ma ciò accadde perché gli ideali carducciani, in fondo, sono rimasti immutati durante tutta la sua esistenza, e in realtà non riuscì mai del tutto a distinguere la Chiesa dai suoi ministri. Carducci non fu mai contro il divino, contro Dio. Basti pensare alle composizioni giovanili, o, esempio ancor più lampante, alle parole rivolte nel [[1889]] agli studenti dell'[[università di Padova]]: «Il Dio dell'amore e del sacrificio, il Dio della vita e dell'avvenire, il Dio delle genti e dell'umanità è in noi, con noi e per noi».<ref>«Confessioni e battaglie», in ''Opere'', XIII, serie II, p.339</ref>
Si rese anche conto di come il furore giovanile l'avesse portato ad associare clericalismo e spiritualità, Chiesa e idea di Dio. Certo non si autodefinì mai credente nel senso tradizionale, ma ciò accadde perché gli ideali carducciani, in fondo, sono rimasti immutati durante tutta la sua esistenza, e in realtà non riuscì mai del tutto a distinguere la Chiesa dai suoi ministri. Carducci non fu mai contro il divino, contro Dio. Basti pensare alle composizioni giovanili, o, esempio ancor più lampante, alle parole rivolte nel 1889 agli studenti dell'università di Padova: «Il Dio dell'amore e del sacrificio, il Dio della vita e dell'avvenire, il Dio delle genti e dell'umanità è in noi, con noi e per noi».<ref>«Confessioni e battaglie», in ''Opere'', XIII, serie II, p.339</ref>


Molti critici cattolici non poterono mai accettare il pensiero dell'autore dell<nowiki>'</nowiki>''Inno a Satana'', ed è naturale che vi siano stati attriti. Non è più possibile tuttavia accettare, per le ragioni esposte sopra, commenti drastici come quello di [[Paolo Lingueglia]], secondo cui Carducci non ebbe mai il senso del religioso, e si accontentò di «una giustizia reboante e formale».<ref>P.Lingueglia, ''Il non valore dell'irreligiosità carducciana'', Faenza, Salesiana, 1925, p.47</ref>
Molti critici cattolici non poterono mai accettare il pensiero dell'autore dell<nowiki>'</nowiki>''Inno a Satana'', ed è naturale che vi siano stati attriti. Non è più possibile tuttavia accettare, per le ragioni esposte sopra, commenti drastici come quello di Paolo Lingueglia, secondo cui Carducci non ebbe mai il senso del religioso, e si accontentò di «una giustizia reboante e formale».<ref>P.Lingueglia, ''Il non valore dell'irreligiosità carducciana'', Faenza, Salesiana, 1925, p.47</ref>


==La critica contro corrente==
==La critica contro corrente==
[[File:Lettera aperta a B C.jpg|thumb|upright=0.7|Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915]]
Carducci fu oggetto anche di critiche molto aspre. Fra le molte, è da segnalare quella di Mario Rapisardi, repubblicano, che probabilmente non perdonò a Carducci il "tradimento" degli ideali giovanili con l'adesione alla monarchia (si veda ''Lettera aperta a Benedetto Croce'', ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915 della quale si può leggere un estratto [http://rapiasrdi.altervista.org/congiura_a_rapisardi.htm qui] Lettera aperta a Benedetto Croce).
Carducci fu oggetto anche di critiche molto aspre. Fra le molte, è da segnalare quella di [[Mario Rapisardi]], repubblicano, che probabilmente non perdonò a Carducci il "tradimento" degli ideali giovanili con l'adesione alla monarchia (si veda ''Lettera aperta a Benedetto Croce'', ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915 della quale si può leggere un estratto [http://rapiasrdi.altervista.org/congiura_a_rapisardi.htm qui] [[q:Lettera aperta a Benedetto Croce|Lettera aperta a Benedetto Croce]]).


Già durante la vita del Carducci ci furono dunque forti reazioni. Non fu molto tenero nel [[1892]] neanche [[Alfredo Oriani]]; il Nostro sarebbe stato professore più che poeta, avrebbe usato la testa più che il cuore, senza poter diventare il poeta del popolo, troppo distante da esso a causa di una preparazione troppo classica e aliena dalla comprensione della vita popolana reale.<ref>A.Oriani, ''La lotta politica in Italia'', Torino, Roux e Frassati, 1892, pp.828-831</ref> È ancora una polemica contenuta, pronunciata comunque da un amico che rientrerà nella nutrita schiera di coloro che, nel numero di Capodanno de ''[[il Resto del Carlino]]'' del [[1905]], riserveranno un pensiero affettuoso per il poeta.
Già durante la vita del Carducci ci furono dunque forti reazioni. Non fu molto tenero nel 1892 neanche Alfredo Oriani; il Nostro sarebbe stato professore più che poeta, avrebbe usato la testa più che il cuore, senza poter diventare il poeta del popolo, troppo distante da esso a causa di una preparazione troppo classica e aliena dalla comprensione della vita popolana reale.<ref>A.Oriani, ''La lotta politica in Italia'', Torino, Roux e Frassati, 1892, pp.828-831</ref> È ancora una polemica contenuta, pronunciata comunque da un amico che rientrerà nella nutrita schiera di coloro che, nel numero di Capodanno de ''il Resto del Carlino'' del 1905, riserveranno un pensiero affettuoso per il poeta.
[[File:Enrico Thovez.jpg|thumb|left|upright|Enrico Thovez]]
Più dura ma anche più soggettiva è la critica piovuta addosso a Carducci nel [[1896]], quando sulla ''Gazzetta letteraria'' meneghino-torinese comparvero alcuni testi a condanna di Giosuè, firmati con lo pseudonimo di Guido Fortebracci, l'ultimo dei quali avente per titolo ''La necessità di averlo abbattuto'' (di aver abbattuto cioè il Carducci). Quello che Oriani aveva lasciato intendere viene qui detto esplicitamente: ci troviamo di fronte a un professore, non a un poeta, un professore che ha scelto per di più il momento sbagliato per manifestare i propri ardori politici (per il Fortebracci essi avrebbero avuto più senso negli anni Ottanta, in mezzo ai tumulti post-unitari, quando invece la musa carducciana tacque), condannando i colpevoli (l'autore che si cela sotto il nome di Fortebracci era certamente un cattolico) più che esaltando gli eroi del Risorgimento.


L'impostazione soggettiva e spesso non organica di questi articoli fece sì che la loro risonanza fosse piuttosto contenuta. Maggior compattezza e acume critico dimostrò invece [[Enrico Thovez]] quando nel [[1910]] mandò fuori un libro in cui accusava Carducci di aver deviato dalla linea maestra che [[Giacomo Leopardi|Leopardi]] aveva tracciato per rinnovare la poesia italiana. Thovez non prova, leggendo le poesie del maremmano, alcuna emozione, trovandovi una [[Weltanschauung]] che fa parte ormai di altre epoche - mentre il recanatese era a tutti gli effetti poeta del proprio tempo -; inoltre, anche laddove si parla d'amore, «nemmeno il più acceso degli erotomani può credere che le Lidie, le Lalagi, le Dafni, le Line carducciane siano donne di carne e ossa».<ref>E.Thovez, ''Il poeta, il gregge e la zampogna'', Napoli, Ricciardi, 1910, p.71</ref> Manca insomma la passione, imprigionata all'interno di schemi metrici che ne impediscono una libera espressione.
Più dura ma anche più soggettiva è la critica piovuta addosso a Carducci nel 1896, quando sulla ''Gazzetta letteraria'' meneghino-torinese comparvero alcuni testi a condanna di Giosuè, firmati con lo pseudonimo di Guido Fortebracci, l'ultimo dei quali avente per titolo ''La necessità di averlo abbattuto'' (di aver abbattuto cioè il Carducci). Quello che Oriani aveva lasciato intendere viene qui detto esplicitamente: ci troviamo di fronte a un professore, non a un poeta, un professore che ha scelto per di più il momento sbagliato per manifestare i propri ardori politici (per il Fortebracci essi avrebbero avuto più senso negli anni Ottanta, in mezzo ai tumulti post-unitari, quando invece la musa carducciana tacque), condannando i colpevoli (l'autore che si cela sotto il nome di Fortebracci era certamente un cattolico) più che esaltando gli eroi del Risorgimento.


Anche qui, comunque, prevale l'impronta soggettiva, e [[Benedetto Croce]] mostrò come le affermazioni del Thovez, pur acute, movessero ancora da un'impostazione arbitraria e pretendessero di definire la poesia e la sua bellezza assecondando il proprio modo di sentire anziché fondarsi su considerazioni prettamente tecniche.<ref>B.Croce, cit., pp.14-37</ref>
L'impostazione soggettiva e spesso non organica di questi articoli fece sì che la loro risonanza fosse piuttosto contenuta. Maggior compattezza e acume critico dimostrò invece Enrico Thovez quando nel 1910 mandò fuori un libro in cui accusava Carducci di aver deviato dalla linea maestra che Leopardi aveva tracciato per rinnovare la poesia italiana. Thovez non prova, leggendo le poesie del maremmano, alcuna emozione, trovandovi una Weltanschauung che fa parte ormai di altre epoche - mentre il recanatese era a tutti gli effetti poeta del proprio tempo -; inoltre, anche laddove si parla d'amore, «nemmeno il più acceso degli erotomani può credere che le Lidie, le Lalagi, le Dafni, le Line carducciane siano donne di carne e ossa».<ref>E.Thovez, ''Il poeta, il gregge e la zampogna'', Napoli, Ricciardi, 1910, p.71</ref> Manca insomma la passione, imprigionata all'interno di schemi metrici che ne impediscono una libera espressione.


Più tardi [[Natalino Sapegno]] definì Carducci un ''poeta minore''.<ref>N.Sapegno, ''Storia di Carducci'', in Id., ''Ritratto del Manzoni e altri saggi'', Bari, 1962.</ref>
Anche qui, comunque, prevale l'impronta soggettiva, e Benedetto Croce mostrò come le affermazioni del Thovez, pur acute, movessero ancora da un'impostazione arbitraria e pretendessero di definire la poesia e la sua bellezza assecondando il proprio modo di sentire anziché fondarsi su considerazioni prettamente tecniche.<ref>B.Croce, cit., pp.14-37</ref>
 
Più tardi Natalino Sapegno definì Carducci un ''poeta minore''.<ref>N.Sapegno, ''Storia di Carducci'', in Id., ''Ritratto del Manzoni e altri saggi'', Bari, 1962.</ref>


==Onorificenze==
==Onorificenze==
[[File:Busto Carducci Verona.JPG|thumb|Carducci raffigurato in busto nella [[Biblioteca Civica di Verona]]]]
[[File:Busto Carducci Verona.JPG|thumb|Carducci raffigurato in busto nella Biblioteca Civica di Verona]]
===Onorificenze italiane===
===Onorificenze italiane===
{{Onorificenze
<br />
|immagine = Grande ufficiale SSML Regno BAR.svg
|nome_onorificenza = Grand'Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|collegamento_onorificenza = Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|motivazione =
|luogo =7 luglio 1902<ref>Nominato ufficiale 13 gennaio 1867, commendatore 9 febbraio 1896.</ref>
}}
{{Onorificenze
|immagine=Ordine Civile di Savoia BAR.svg
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoia
|collegamento_onorificenza=Ordine civile di Savoia
|motivazione=
|data=1º giugno 1905
}}
{{Onorificenze
|immagine=Cavaliere di Gran Croce OCI Kingdom BAR.svg
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia
|collegamento_onorificenza=Ordine della Corona d'Italia
|motivazione=
|luogo=1893<ref>Nominato commendatore nel 1876</ref>
}}
===Onorificenze straniere===
===Onorificenze straniere===
{{Premio|Nobel|letteratura|1906|x}}
{{citazione|''Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile e alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica''|Motivazione del Premio Nobel}}
{{Onorificenze
|immagine=Imperial Order of the Rose (Brazil) - ribbon bar.png
|nome_onorificenza=Commendatore dell'Ordine della Rosa (Brasile)
|collegamento_onorificenza=Ordine della Rosa
|motivazione=
|data=29 luglio 1889
}}
===Altri riferimenti===
===Altri riferimenti===


*Gli è stato dedicato il [[cacciatorpediniere]] [[Giosuè Carducci (cacciatorpediniere)|Giosuè Carducci]]
*Gli è stato dedicato il cacciatorpediniere Giosuè Carducci
*Gli è stato dedicato un [[Cratere meteoritico|cratere]] su [[Mercurio (astronomia)|Mercurio]].<ref>{{en}}[http://planetarynames.wr.usgs.gov/jsp/FeatureNameDetail.jsp?feature=61186 Mercury: Carducci]</ref>
*Gli è stato dedicato un cratere su Mercurio.<ref>[http://planetarynames.wr.usgs.gov/jsp/FeatureNameDetail.jsp?feature=61186 Mercury: Carducci]</ref>
*Nel 1907 il comune di Castagneto Marittimo, dove il poeta trascorse l'infanzia, modifica il suo nome in [[Castagneto Carducci]].
*Nel 1907 il comune di Castagneto Marittimo, dove il poeta trascorse l'infanzia, modifica il suo nome in Castagneto Carducci.


==Produzione poetica==
==Produzione poetica==
{{Approfondimento
Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le raccolte da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nell'edizione delle ''Opere'' pubblicate per Zanichelli fra il 1889 e il 1909. Qui di seguito si fornisce l'elenco delle opere poetiche pubblicate in volume, poi risistemate nei 20 volumi delle ''Opere''.
|allineamento = destra
|larghezza = 40%
|titolo = Cronologia di alcune poesie<ref>L'anno è quello di stampa.</ref>
|contenuto =<br />
* 1865 - ''Inno a Satana'', in opuscolo presso Società tipografica pistoiese.
* 1873 - ''Pianto antico'', in ''Nuove poesie''.
* 1873 - ''Idillio maremmano'', in «Monitore di Bologna», 12 settembre.
* 1876 - ''Alle fonti del Clitumno'', in «La Vedetta», 21 ottobre.
* 1877 -''Alla stazione in una mattina d'autunno'', in ''Odi barbare''.
* 1878 - ''Davanti a San Guido'', nella biografia del poeta stilata da [[Adolfo Borgognoni]], premessa alle ''Poesie''.
* 1878 - ''Alla Regina d'Italia'', in opuscolo presso Zanichelli.
* 1899 - ''Jaufré Raudel'', in ''Rime e ritmi''.
}}
 
Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le raccolte da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nell'edizione delle ''Opere'' pubblicate per [[Nicola Zanichelli Editore|Zanichelli]] fra il 1889 e il 1909. Qui di seguito si fornisce l'elenco delle opere poetiche pubblicate in volume, poi risistemate nei 20 volumi delle ''Opere''.


*''Rime'', San Miniato, Tip. Ristori, 1857.
*''Rime'', San Miniato, Tip. Ristori, 1857.
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*''Poesie'', Firenze, Barbera, 1871 (seconda edizione, ivi, 1875; terza edizione, ivi, 1878).
*''Poesie'', Firenze, Barbera, 1871 (seconda edizione, ivi, 1875; terza edizione, ivi, 1878).
*''Primavere elleniche'', Firenze, Barbera, 1872.
*''Primavere elleniche'', Firenze, Barbera, 1872.
*''Nuove poesie'', Imola, Galeati, 1873 (seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1875; terza edizione con prefazione di [[Enrico Panzacchi]], ivi, 1879).
*''Nuove poesie'', Imola, Galeati, 1873 (seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1875; terza edizione con prefazione di Enrico Panzacchi, ivi, 1879).
*''Odi barbare'', Bologna, Zanichelli, 1877 (seconda edizione con prefazione di [[Giuseppe Chiarini]], ivi, 1878; terza edizione, ivi, 1880; quarta edizione, ivi, 1883; quinta edizione, ivi, 1887).
*''Odi barbare'', Bologna, Zanichelli, 1877 (seconda edizione con prefazione di Giuseppe Chiarini, ivi, 1878; terza edizione, ivi, 1880; quarta edizione, ivi, 1883; quinta edizione, ivi, 1887).
*''Juvenilia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880.
*''Juvenilia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880.
*''Levia Gravia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1881.
*''Levia Gravia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1881.
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*''Poesie (MDCCCL-MCM)'', Bologna, Zanichelli, 1901 (seconda edizione, ivi, 1902).
*''Poesie (MDCCCL-MCM)'', Bologna, Zanichelli, 1901 (seconda edizione, ivi, 1902).


Di seguito i volumi poetici nelle ''Opere''. I volumi non corrispondono però all'ordine cronologico con il quale il poeta aveva pubblicato le prime raccolte, ma fanno riferimento più che altro a distinzioni di [[Genere letterario|generi]] e pertanto troviamo poesie di uno stesso periodo in raccolte diverse. Le raccolte seguono questo ordine:
Di seguito i volumi poetici nelle ''Opere''. I volumi non corrispondono però all'ordine cronologico con il quale il poeta aveva pubblicato le prime raccolte, ma fanno riferimento più che altro a distinzioni di generi e pertanto troviamo poesie di uno stesso periodo in raccolte diverse. Le raccolte seguono questo ordine:


*''Juvenilia'' in sei libri (1850-1860)
*''Juvenilia'' in sei libri (1850-1860)
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===''Juvenilia''===
===''Juvenilia''===
La prima raccolta di liriche, che lo stesso Carducci raccolse e divise, dal titolo significativo ''Juvenilia'' (1850-1860), composta da sei libri, ha indubbiamente il carattere di un recupero della tradizione classica proprio del gruppo degli ''[[Amici pedanti]]'' che si era costituito in quel periodo con il proposito di combattere i [[Romanticismo|romantici]] fiorentini. Nei versi della raccolta si coglie subito l'imitazione dei classici antichi, dello [[Dolce stil novo|stilnovo]], di [[Dante Alighieri|Dante]] e di [[Petrarca]] e, tra i moderni, soprattutto quella di [[Vittorio Alfieri|Alfieri]], [[Vincenzo Monti|Monti]], [[Ugo Foscolo|Foscolo]] e [[Giacomo Leopardi|Leopardi]].
La prima raccolta di liriche, che lo stesso Carducci raccolse e divise, dal titolo significativo ''Juvenilia'' (1850-1860), composta da sei libri, ha indubbiamente il carattere di un recupero della tradizione classica proprio del gruppo degli ''Amici pedanti'' che si era costituito in quel periodo con il proposito di combattere i romantici fiorentini. Nei versi della raccolta si coglie subito l'imitazione dei classici antichi, dello stilnovo, di Dante e di Petrarca e, tra i moderni, soprattutto quella di Alfieri, Monti, Foscolo e Leopardi.


Si intravede però già lo spirito carducciano, il suo amore per la bellezza dello stile, la purezza dei sentimenti e la dignità della patria, oltre che la capacità di apprezzare tutto ciò che è genuino, quindi anche la parlata popolare.<ref>G.Bertoni, «La lingua poetica di Giosue Carducci», in Regia Università di Bologna, cit., pp.91-95</ref>
Si intravede però già lo spirito carducciano, il suo amore per la bellezza dello stile, la purezza dei sentimenti e la dignità della patria, oltre che la capacità di apprezzare tutto ciò che è genuino, quindi anche la parlata popolare.<ref>G.Bertoni, «La lingua poetica di Giosue Carducci», in Regia Università di Bologna, cit., pp.91-95</ref>


In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di [[Victor Hugo|Hugo]], [[Auguste Barbier|Barbier]], [[Percy Bysshe Shelley|Shelley]], [[Heinrich Heine|Heine]] e [[August von Platen-Hallermünde|Von Platen]], assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla [[Rivoluzione francese]] diventando acceso repubblicano e [[Giuseppe Mazzini|mazziniano]]. Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico ''Giambi ed Epodi'' che seguono il noto ''Inno a Satana'' e si intrecciano con le poesie di ''Levia Gravia''.
In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di Hugo, Barbier, Shelley, Heine e Von Platen, assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla Rivoluzione francese diventando acceso repubblicano e mazziniano. Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico ''Giambi ed Epodi'' che seguono il noto ''Inno a Satana'' e si intrecciano con le poesie di ''Levia Gravia''.


===''Levia Gravia''===
===''Levia Gravia''===
Nella seconda raccolta, ''Levia Gravia'' (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nell'uso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo l'uso della retorica.<br />
Nella seconda raccolta, ''Levia Gravia'' (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nell'uso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo l'uso della retorica.<br />
In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dell'[[unità d'Italia]]. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è ''Congedo'', dove si vive lo stato d'animo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è ''Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce '' e politicamente significativo il canto ''Dopo Aspromonte'', dove viene celebrato un [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] ribelle e fiero.
In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dell'unità d'Italia. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è ''Congedo'', dove si vive lo stato d'animo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è ''Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce '' e politicamente significativo il canto ''Dopo Aspromonte'', dove viene celebrato un Garibaldi ribelle e fiero.


===''Giambi ed Epodi''===
===''Giambi ed Epodi''===
La raccolta intitolata ''[[Giambi ed Epodi]]'' (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre l'antica poesia [[Polemica|polemico]]-[[Satira|satirica]], come quella greca di [[Archiloco]] e quella latina di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] che nel suo ''Libro di [[Epodo|epodi]]'' si ispira al poeta-soldato.
La raccolta intitolata ''Giambi ed Epodi'' (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre l'antica poesia polemico-satirica, come quella greca di Archiloco e quella latina di Orazio che nel suo ''Libro di epodi'' si ispira al poeta-soldato.


In Giambi ed Epodi vi è l'esaltazione dei grandi ideali di [[libertà]] e [[giustizia]], il disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro il [[papa]]to e contro molti aspetti di costume della vita italiana.
In Giambi ed Epodi vi è l'esaltazione dei grandi ideali di libertà e giustizia, il disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro il papato e contro molti aspetti di costume della vita italiana.


===''Rime Nuove''===
===''Rime Nuove''===
Nella raccolta ''[[Rime nuove]] '' (1861-1887), che è preceduta da un ''Intermezzo'', si colgono gli echi e i motivi di Hugo, von Platen, [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]], [[Heinrich Heine|Heine]], [[Charles Baudelaire|Baudelaire]] e [[Edgar Allan Poe|Poe]]. In essa i contenuti e le forme derivano in gran parte dai precedenti scritti ma maggiormente approfonditi e maturi.
Nella raccolta ''Rime nuove '' (1861-1887), che è preceduta da un ''Intermezzo'', si colgono gli echi e i motivi di Hugo, von Platen, Goethe, Heine, Baudelaire e Poe. In essa i contenuti e le forme derivano in gran parte dai precedenti scritti ma maggiormente approfonditi e maturi.
Tra i temi che emergono nelle ''Rime nuove'' un posto rilevante è assunto dal culto del passato e delle memorie storiche dove il sogno della realizzazione di una [[società (sociologia)|società]] [[Egualitarismo|egualitaria]] e liberale si avverte soprattutto attraverso l'esaltazione dell'[[Comune medievale|età dei comuni]] che vengono presi come esempio di sanità morale e di vita civile.<br />
Tra i temi che emergono nelle ''Rime nuove'' un posto rilevante è assunto dal culto del passato e delle memorie storiche dove il sogno della realizzazione di una società egualitaria e liberale si avverte soprattutto attraverso l'esaltazione dell'età dei comuni che vengono presi come esempio di sanità morale e di vita civile.<br />
Un altro esempio preso dal Carducci di espansione democratica è la [[Rivoluzione francese]] che viene rievocata nei dodici [[Sonetto|sonetti]] del ''Ça ira''.
Un altro esempio preso dal Carducci di espansione democratica è la Rivoluzione francese che viene rievocata nei dodici sonetti del ''Ça ira''.


Accanto al sogno, sul piano storico, di un popolo libero e primitivo, corrisponde sul piano sentimentale quello di un'infanzia libera e ribelle che si riversa sul paesaggio maremmano, come nel caso del sonetto ''Traversando la Maremma toscana'', uno forse tra i più belli e noti del poeta. Anche ''[[Pianto antico]]'' è molto significativo.
Accanto al sogno, sul piano storico, di un popolo libero e primitivo, corrisponde sul piano sentimentale quello di un'infanzia libera e ribelle che si riversa sul paesaggio maremmano, come nel caso del sonetto ''Traversando la Maremma toscana'', uno forse tra i più belli e noti del poeta. Anche ''Pianto antico'' è molto significativo.


===''Odi barbare''===
===''Odi barbare''===
''[[Odi barbare]]'' è una raccolta di cinquanta liriche scritte tra il [[1873]] e il [[1889]]. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la [[Metrica classica|metrica quantitativa]] dei Greci e dei Latini con quella [[Metrica italiana|accentuativa]] italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal Quattrocento in poi, su tutti [[Leon Battista Alberti]], [[Gabriello Chiabrera]] e specialmente [[Giovanni Fantoni]]. Egli pertanto chiama le sue liriche ''barbare'' perché tali sarebbero sembrate non solo ad un greco o ad un latino, ma anche a molti italiani.
''Odi barbare'' è una raccolta di cinquanta liriche scritte tra il 1873 e il 1889. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la metrica quantitativa dei Greci e dei Latini con quella accentuativa italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal Quattrocento in poi, su tutti Leon Battista Alberti, Gabriello Chiabrera e specialmente Giovanni Fantoni. Egli pertanto chiama le sue liriche ''barbare'' perché tali sarebbero sembrate non solo ad un greco o ad un latino, ma anche a molti italiani.


Predomina nelle Odi barbare il tema [[Storia|storico]] e quello [[Paesaggio|paesaggistico]] con accenti più intimi, come nella poesia ''Alla stazione in una mattina d'autunno''. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, l'infanzia, la [[natura]], la storia, la [[morte]] accettata con virile tristezza come nella poesia ''Nevicata''.
Predomina nelle Odi barbare il tema storico e quello paesaggistico con accenti più intimi, come nella poesia ''Alla stazione in una mattina d'autunno''. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, l'infanzia, la natura, la storia, la morte accettata con virile tristezza come nella poesia ''Nevicata''.
[[File:Trento - Statue of Dante.JPG|thumb|''Rime e Ritmi'' contiene [[:s:Rime e ritmi/Per il monumento di Dante a Trento|una poesia]] dedicata al [[Monumento a Dante a Trento]].]]
[[File:Trento - Statue of Dante.JPG|thumb|''Rime e Ritmi'' contiene una poesia dedicata al Monumento a Dante a Trento.]]


===''Rime e Ritmi''===
===''Rime e Ritmi''===
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Se le odi storiche e celebrative, da ''Piemonte'' a ''Cadore'', un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dell'Ottocento.
Se le odi storiche e celebrative, da ''Piemonte'' a ''Cadore'', un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dell'Ottocento.


Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di ''Idillii alpini'', ossia ''L'ostessa di Gaby'', ''Esequie della guida E. R.'', ''In riva al Lys'', ''Sant'Abbondio'' e l'''Elegia del monte Spluga'', alle quali va aggiunto l'incantevole ''Mezzogiorno alpino''. ''Presso una Certosa'' è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi [[Elegia|elegie]] ''La moglie del gigante'' e ''Jaufré Rudel'' ([[Jaufré Rudel]]).
Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di ''Idillii alpini'', ossia ''L'ostessa di Gaby'', ''Esequie della guida E. R.'', ''In riva al Lys'', ''Sant'Abbondio'' e l'''Elegia del monte Spluga'', alle quali va aggiunto l'incantevole ''Mezzogiorno alpino''. ''Presso una Certosa'' è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi elegie ''La moglie del gigante'' e ''Jaufré Rudel'' (Jaufré Rudel).


===''Della canzone di Legnano'', parte I (''Il Parlamento'') (1879)===
===''Della canzone di Legnano'', parte I (''Il Parlamento'') (1879)===
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*''Poesie'', Firenze, Barbera, 1871 (seconda edizione, ivi, 1875; terza edizione, ivi, 1878).
*''Poesie'', Firenze, Barbera, 1871 (seconda edizione, ivi, 1875; terza edizione, ivi, 1878).
*''Primavere elleniche'', Firenze, Barbera, 1872.
*''Primavere elleniche'', Firenze, Barbera, 1872.
*''Nuove poesie'', Imola, Galeati, 1873 (seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1875; terza edizione con prefazione di [[Enrico Panzacchi]], ivi, 1879).
*''Nuove poesie'', Imola, Galeati, 1873 (seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1875; terza edizione con prefazione di Enrico Panzacchi, ivi, 1879).
*''Studi letterari'', Livorno, Vigo, 1874.
*''Studi letterari'', Livorno, Vigo, 1874.
*''Delle poesie latine edite e inedite di Ludovico Ariosto: studi e ricerche'', Bologna, Zanichelli, 1875 (poi con il titolo ''La gioventù di Ludovico Ariosto e le sue poesie latine'', ivi, 1881).
*''Delle poesie latine edite e inedite di Ludovico Ariosto: studi e ricerche'', Bologna, Zanichelli, 1875 (poi con il titolo ''La gioventù di Ludovico Ariosto e le sue poesie latine'', ivi, 1881).
*''Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV ritrovate nei Memoriali dell'Archivio notarile di Bologna'', Imola, Galeati, 1876.
*''Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV ritrovate nei Memoriali dell'Archivio notarile di Bologna'', Imola, Galeati, 1876.
*''Bozzetti critici e discorsi letterari'', Livorno, Vigo, 1876.
*''Bozzetti critici e discorsi letterari'', Livorno, Vigo, 1876.
*''Odi barbare'', Bologna, Zanichelli, 1877 (seconda edizione con prefazione di [[Giuseppe Chiarini]], ivi, 1878; terza edizione, ivi, 1880; quarta edizione, ivi, 1883; quinta edizione, ivi, 1887).
*''Odi barbare'', Bologna, Zanichelli, 1877 (seconda edizione con prefazione di Giuseppe Chiarini, ivi, 1878; terza edizione, ivi, 1880; quarta edizione, ivi, 1883; quinta edizione, ivi, 1887).
*''Juvenilia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880.
*''Juvenilia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880.
*''Levia Gravia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1881.
*''Levia Gravia'' edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1881.
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*''Poesie di Lorenzo de' Medici'', Firenze, Barbèra, 1859.
*''Poesie di Lorenzo de' Medici'', Firenze, Barbèra, 1859.
*''Le Stanze, l'Orfeo e le Rime di messer Angelo Ambrogini Poliziano, rivedute su i codici e su le antiche stampe e illustrate con annotazioni di varii'', Firenze, Barbèra, 1863.
*''Le Stanze, l'Orfeo e le Rime di messer Angelo Ambrogini Poliziano, rivedute su i codici e su le antiche stampe e illustrate con annotazioni di varii'', Firenze, Barbèra, 1863.
*''Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole del Ginnasio inferiore'', Bologna, Zanichelli, 1883 (assieme a [[Ugo Brilli]]; seconda edizione: ivi, 1885).
*''Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole del Ginnasio inferiore'', Bologna, Zanichelli, 1883 (assieme a Ugo Brilli; seconda edizione: ivi, 1885).
*''Le Rime di Francesco Petrarca di su gli originali'', Firenze, Sansoni, 1899 (assieme a [[Severino Ferrari]]).
*''Le Rime di Francesco Petrarca di su gli originali'', Firenze, Sansoni, 1899 (assieme a Severino Ferrari).
*''Antica lirica italiana (canzonette, canzoni, sonetti dei secoli XIII-XV)'', Firenze, Sansoni, 1907 (uscito postumo per le cure di [[Guido Mazzoni]]).
*''Antica lirica italiana (canzonette, canzoni, sonetti dei secoli XIII-XV)'', Firenze, Sansoni, 1907 (uscito postumo per le cure di Guido Mazzoni).


==Note==
==Note==
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*Antonio Messeri (a cura di), ''Da un carteggio inedito di Giosue Carducci'', Rocca san Casciano, Zanichelli-Cappelli, 1907
*Antonio Messeri (a cura di), ''Da un carteggio inedito di Giosue Carducci'', Rocca san Casciano, Zanichelli-Cappelli, 1907
*[[Enrico Thovez]], ''Il pastore, il gregge e la zampogna. Dall'Inno a Satana alla Laus Vitae'', Napoli, Ricciardi, 1910
*Enrico Thovez, ''Il pastore, il gregge e la zampogna. Dall'Inno a Satana alla Laus Vitae'', Napoli, Ricciardi, 1910
*Ettore Romagnoli, ''Polemica carducciana'', Firenze, Quattrini, 1911
*Ettore Romagnoli, ''Polemica carducciana'', Firenze, Quattrini, 1911
*Giuseppe Fatini, ''La prima giovinezza di Giosuè Carducci'', Città di Castello, Lapi, 1914
*Giuseppe Fatini, ''La prima giovinezza di Giosuè Carducci'', Città di Castello, Lapi, 1914
*{{fr}} Gabriel Maugain, ''Giosuè Carducci et la France'', Paris, Champion, 1914
*Gabriel Maugain, ''Giosuè Carducci et la France'', Paris, Champion, 1914
*Andrea Franzoni, ''Le grandi odi storiche di Giosue Carducci'', Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1918
*Andrea Franzoni, ''Le grandi odi storiche di Giosue Carducci'', Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1918
*Luigi Mario Capelli, ''Dizionarietto carducciano'', Livorno, Raffaello Giusti, 1919
*Luigi Mario Capelli, ''Dizionarietto carducciano'', Livorno, Raffaello Giusti, 1919
*{{fr}} Alfred Jeanrois, ''Giosuè Carducci. L'homme et le poète'', Paris, Champion, 1919
*Alfred Jeanrois, ''Giosuè Carducci. L'homme et le poète'', Paris, Champion, 1919
*Giuseppe Chiarini, ''Memorie della vita di Giosue Carducci (1835-1907) raccolte da un amico'', Firenze, Barbera, 1920
*Giuseppe Chiarini, ''Memorie della vita di Giosue Carducci (1835-1907) raccolte da un amico'', Firenze, Barbera, 1920
*[[Francesco Flamini]], ''L'anima e l'arte di Giosue Carducci'', Livorno, Giusti, 1921
*Francesco Flamini, ''L'anima e l'arte di Giosue Carducci'', Livorno, Giusti, 1921
*Demetrio Ferrari, ''Commento delle Odi Barbare di Giosue Carducci'', Bologna, Zanichelli, 1923, 2 voll.
*Demetrio Ferrari, ''Commento delle Odi Barbare di Giosue Carducci'', Bologna, Zanichelli, 1923, 2 voll.
*Paolo Lingueglia, ''Il nonvalore dell'irreligiosità carducciana'', Faenza, Salesiana, 1925
*Paolo Lingueglia, ''Il nonvalore dell'irreligiosità carducciana'', Faenza, Salesiana, 1925
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*Alfredo Galletti, ''L'opera di Giosue Carducci'', Bologna, Zanichelli, 1929, 2 voll.
*Alfredo Galletti, ''L'opera di Giosue Carducci'', Bologna, Zanichelli, 1929, 2 voll.
*Giuseppe Petronio, ''Giosuè Carducci. L'uomo ed il poeta'', Messina, D'Anna, 1930
*Giuseppe Petronio, ''Giosuè Carducci. L'uomo ed il poeta'', Messina, D'Anna, 1930
*[[Piero Bargellini]], ''Giosuè Carducci'', Brescia, Morcelliana, 1934
*Piero Bargellini, ''Giosuè Carducci'', Brescia, Morcelliana, 1934
*Natale Busetto, ''Giosuè Carducci nel suo tempo e nella sua poesia'', Milano-Genova-Roma-Napoli, Società Anonima Editrice Dante Alighieri, 1935
*Natale Busetto, ''Giosuè Carducci nel suo tempo e nella sua poesia'', Milano-Genova-Roma-Napoli, Società Anonima Editrice Dante Alighieri, 1935
*[[Arturo Marpicati]], ''Passione politica in Giosuè Carducci'', Bologna, Zanichelli, 1935
*Arturo Marpicati, ''Passione politica in Giosuè Carducci'', Bologna, Zanichelli, 1935
*Regia Università di Bologna (AA.VV.), ''Carducci. Discorsi nel centenario della sua nascita'', Bologna, Zanichelli, 1935
*Regia Università di Bologna (AA.VV.), ''Carducci. Discorsi nel centenario della sua nascita'', Bologna, Zanichelli, 1935
*Gaetano Sborselli, ''Il sentimento storico nella poesia del Carducci'', Portici, Bellavista, 1935
*Gaetano Sborselli, ''Il sentimento storico nella poesia del Carducci'', Portici, Bellavista, 1935
*Giuseppe Angelo Peritore, ''La poesia del Carducci'', Modena, Società Tipografica Modenese, 1937
*Giuseppe Angelo Peritore, ''La poesia del Carducci'', Modena, Società Tipografica Modenese, 1937
*Daniele Mattalia, ''Carducci'', Torino, Paravia, 1938
*Daniele Mattalia, ''Carducci'', Torino, Paravia, 1938
*[[Michele Saponaro]], ''Carducci'', Milano, Arnoldo Mondadori, 1940
*Michele Saponaro, ''Carducci'', Milano, Arnoldo Mondadori, 1940
*[[Benedetto Croce]], ''Giosue Carducci'', Bari, Laterza, 1946
*Benedetto Croce, ''Giosue Carducci'', Bari, Laterza, 1946
*[[Giuseppe Toffanin]], ''Carducci, poeta dell'Ottocento'', Napoli, Libreria scientifica editrice, 1950
*Giuseppe Toffanin, ''Carducci, poeta dell'Ottocento'', Napoli, Libreria scientifica editrice, 1950
*Ferruccio Bernini, Lorenzo Bianchi, ''Carducci, Pascoli e D'Annunzio'', Bologna, Zanichelli, 1951
*Ferruccio Bernini, Lorenzo Bianchi, ''Carducci, Pascoli e D'Annunzio'', Bologna, Zanichelli, 1951
*Giuseppe Basilone, ''Guida allo studio dell'opera letteraria di Giosue Carducci'', Napoli, Federico & Ardia, 1953
*Giuseppe Basilone, ''Guida allo studio dell'opera letteraria di Giosue Carducci'', Napoli, Federico & Ardia, 1953
*[[Manara Valgimigli]], ''Carducci allegro'', Rocca san Casciano, Cappelli, 1955
*Manara Valgimigli, ''Carducci allegro'', Rocca san Casciano, Cappelli, 1955
*Giuseppe Citanna, ''Giosuè Carducci'', in ''Letteratura italiana - I Maggiori'', volume secondo, Milano, Marzorati, 1956
*Giuseppe Citanna, ''Giosuè Carducci'', in ''Letteratura italiana - I Maggiori'', volume secondo, Milano, Marzorati, 1956
*[[Walter Binni]], ''Carducci e altri saggi'', Torino, Einaudi, 1960
*Walter Binni, ''Carducci e altri saggi'', Torino, Einaudi, 1960
*Giuseppe Sozzi, ''Vita e poesia giovanile di Giosuè Carducci'', Firenze-Messina, G. D'Anna, 1961
*Giuseppe Sozzi, ''Vita e poesia giovanile di Giosuè Carducci'', Firenze-Messina, G. D'Anna, 1961
*Ferdinando Giannessi (a cura di), ''Carducci'', Milano, Nuova Accademia, 1963
*Ferdinando Giannessi (a cura di), ''Carducci'', Milano, Nuova Accademia, 1963
*[[Giuseppe Iadanza]], ''Carducci tra prosa e poesia'', in «Nostro tempo», XIV, 4-5, 1965
*Giuseppe Iadanza, ''Carducci tra prosa e poesia'', in «Nostro tempo», XIV, 4-5, 1965
*Giambattista Salinari, «»Giosuè Carducci«» in [[Emilio Cecchi]] e [[Natalino Sapegno]], ''Storia della Letteratura Italiana. Volume VIII: dall'Ottocento al Novecento'', Milano, Garzanti 1969, pagg.625-729
*Giambattista Salinari, «»Giosuè Carducci«» in Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, ''Storia della Letteratura Italiana. Volume VIII: dall'Ottocento al Novecento'', Milano, Garzanti 1969, pagg.625-729
*[[Luigi Russo]], ''Carducci senza retorica'', Roma-Bari, Laterza, 1970
*Luigi Russo, ''Carducci senza retorica'', Roma-Bari, Laterza, 1970
*Mario Biagini, ''Giosue Carducci. Biografia critica'', Milano, Mursia, 1976
*Mario Biagini, ''Giosue Carducci. Biografia critica'', Milano, Mursia, 1976
*Renato della Torre, ''Invito alla lettura di Carducci'', Milano, Mursia, 1985
*Renato della Torre, ''Invito alla lettura di Carducci'', Milano, Mursia, 1985
*[[Giuseppe Petronio]], ''L'attività letteraria in Italia: storia della letteratura italiana'', Palermo, [[Palumbo Editore]], 1994, pp. 728-736
*Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia: storia della letteratura italiana'', Palermo, Palumbo Editore, 1994, pp. 728-736
*[[Renato Serra]], [[Alfredo Panzini]], ''Carducci'', Rimini, Fara Editore, 1994.
*Renato Serra, Alfredo Panzini, ''Carducci'', Rimini, Fara Editore, 1994.
*{{cita web|http://www.antoniopiromalli.it/Schede/Carducci.htm|Antonio Piromalli, ''Introduzione a Carducci'', Roma-Bari, Laterza, 1988}}
*Antonio Carrannante, ''Giosuè Carducci nella storia della scuola italiana'', in ''Cultura e scuola'', n. 132, ottobre-dicembre 1994, pp. 197-217
*Antonio Carrannante, ''Giosuè Carducci nella storia della scuola italiana'', in ''Cultura e scuola'', n. 132, ottobre-dicembre 1994, pp. 197-217
*Vincenzo De Caprio e Stefano Giovanardi, ''I testi della letteratura italiana: l'Ottocento'', Einaudi, 1998, pp. 1023-1086
*Vincenzo De Caprio e Stefano Giovanardi, ''I testi della letteratura italiana: l'Ottocento'', Einaudi, 1998, pp. 1023-1086
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*Stefania Martini, ''Dante e la Commedia nell'opera di Carducci giovane'', 1846-1865, Collana di studi e ricerche Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Genova, Pantograf, 1999
*Stefania Martini, ''Dante e la Commedia nell'opera di Carducci giovane'', 1846-1865, Collana di studi e ricerche Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Genova, Pantograf, 1999
*Francesco Giuliani, ''Il rondò, le torri e la Certosa. Letture dall'ultimo Carducci'', San Severo , Felice Miranda Editore, 2001.
*Francesco Giuliani, ''Il rondò, le torri e la Certosa. Letture dall'ultimo Carducci'', San Severo , Felice Miranda Editore, 2001.
*{{cita libro|autore=Marcello Fruttini|titolo=Carducci in Umbria. Gli amori e i luoghi che lo ispirarono|editore=Edizioni Era Nuova|città=Perugia|anno=2006|ISBN=978-88-89233-53-5}}
*Aldo Alessandro Mola, ''Giosue Carducci scrittore, politico, massone'', Milano, Bompiani, 2006.
*[[Aldo Alessandro Mola]], ''Giosue Carducci scrittore, politico, massone'', Milano, Bompiani, 2006.
*Lorenzo Tomasin, ''Classica e odierna. Studi sulla lingua di Carducci'', Firenze, Olschki, 2007.
*Lorenzo Tomasin, ''Classica e odierna. Studi sulla lingua di Carducci'', Firenze, Olschki, 2007.
*Alberto Brambilla-Antonello Nave, ''[[Rovigo]] carducciana. Legami e corrispondenze tra Giosue Carducci, Lina Cristofori Piva, Clarice Dalla Bona Roncali, Emma Tettoni ed amici rodigini'', Rovigo, Minelliana, 2008.
*Alberto Brambilla-Antonello Nave, ''Rovigo carducciana. Legami e corrispondenze tra Giosue Carducci, Lina Cristofori Piva, Clarice Dalla Bona Roncali, Emma Tettoni ed amici rodigini'', Rovigo, Minelliana, 2008.
*''Carducci e gli Aleramici di Monferrato'', a cura di Roberto Maestri, Genova, Sangiorgio Editrice, 2009.
*''Carducci e gli Aleramici di Monferrato'', a cura di Roberto Maestri, Genova, Sangiorgio Editrice, 2009.
*[[Amedeo Benedetti]], ''Gli studi del Carducci su Giovanni Fantoni (in Arcadia Labindo)'', in "Critica Letteraria", a. XL (2012), n. 155, pp.&nbsp;371–387.
*Amedeo Benedetti, ''Gli studi del Carducci su Giovanni Fantoni (in Arcadia Labindo)'', in "Critica Letteraria", a. XL (2012), n. 155, pp.&nbsp;371–387.
*''Carducci contemporaneo'', a cura di Giuseppe Manitta (con scritti di Giorgio Barberi Squarotti, Carmine Chiodo, Emerico Giachery, Angelo Manitta, Alessandro Merci, Giacomo Nerozzi, Pantaleo Palmieri, Elena Rampazzo), Castiglione di Sicilia, Il Convivio, 2013.
*''Carducci contemporaneo'', a cura di Giuseppe Manitta (con scritti di Giorgio Barberi Squarotti, Carmine Chiodo, Emerico Giachery, Angelo Manitta, Alessandro Merci, Giacomo Nerozzi, Pantaleo Palmieri, Elena Rampazzo), Castiglione di Sicilia, Il Convivio, 2013.
*[[Amedeo Benedetti]], ''Il sodalizio tra Guido Mazzoni e Giosuè Carducci'', in “Antologia Vieusseux”, a. XX (2014), n. 60, pp.&nbsp;21–40.
*Amedeo Benedetti, ''Il sodalizio tra Guido Mazzoni e Giosuè Carducci'', in “Antologia Vieusseux”, a. XX (2014), n. 60, pp.&nbsp;21–40.
*[[Amedeo Benedetti]], ''Il carteggio inedito tra Giosuè Carducci ed Achille Neri'', in “Lettere Italiane”, a. 66 (2014), n. 4, pp.&nbsp;596–608.
*Amedeo Benedetti, ''Il carteggio inedito tra Giosuè Carducci ed Achille Neri'', in “Lettere Italiane”, a. 66 (2014), n. 4, pp.&nbsp;596–608.
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*[http://badigit.comune.bologna.it/books/carducci/ Le facce di un mito. Iconografia carducciana], su Archiweb
*[http://badigit.comune.bologna.it/books/carducci/ Le facce di un mito. Iconografia carducciana], su Archiweb
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